Violenza domestica

Da Tematiche di genere.
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Col permesso degli autori riportiamo un articolo molto interessante con alcune modifiche e integrazioni. L'intento è di intervenire a spiegare perché è dannoso parlare di violenza sulle donne e non di violenza intrarelazionale in generale.

Analisi parziale, soluzione parziale

In Italia i dati sulla violenza domestica contro gli uomini non vengono neanche raccolti. Idem per la violenza domestica nelle relazioni LGBT+. Se poi consideriamo che ArciLesbica &company si oppongono anche all'inclusione delle donne trans[1], possiamo concludere che i dati italiani sulla violenza domestica parlano solo ed esclusivamente di donne cis vittime di uomini all'interno di relazioni etero.

E già qui non ci siamo: l'attivismo e le istituzioni non possono basare campagne di sensibilizzazione e politiche pubbliche su fenomeni indagati a metà o, meglio, per un quarto. Per risolvere un problema, bisogna prima analizzarlo, e un'analisi parziale porta a una soluzione parziale se non controproducente.

I dati smentiscono il paradigma di genere nella violenza

Fortunatamente, all'estero non è così. Diverse ricerche straniere mettono pesantemente in discussione il paradigma dell'asimmetria di genere nella violenza intrarelazionale.

Un esempio tra tanti (altre fonti nei nei paragrafo "vedi anche"):

“La violenza domestica, come ogni violenza, è un problema umano. Non è meramente una questione di genere. Classificare la violenza coniugale e sul partner come un problema delle donne, piuttosto che come un problema umano, è erroneo. Nelle relazioni domestiche, le donne sono inclini quanto gli uomini a essere coinvolte in atti fisicamente abusivi.

“Questi risultati sono stati, e sono, sorprendenti per gli osservatori casuali del fenomeno della violenza domestica. Questo perché le persone hanno difficoltà con il concetto di donne che infliggono ferite agli uomini perché gli uomini, in media, sono più grandi, più forti e più abili a combattere.

Ma la dimensione e la forza dell’uomo medio vengono neutralizzate da pistole e coltelli, acqua bollente, attizzatoi per il camino, mattoni, e mazze da baseball. Molti non riescono a rendersi conto che le aggressioni domestiche non comportano correttezza pugilistica, o a considerare che gli attacchi si possono verificare quando i maschi sono addormentati, o incapacitati dall’alcol, dall’età o dalle infermità (McNeely & Mann, 1990)[2].

Forse ancora più sorprendente è che i giovani mariti non sono risparmiati dalla vittimizzazione. I militari nel loro combattimento per primi sono non di rado accoltellati o sparati in episodi non provocati di violenza (Ansberry, 1988).”[3]

La soluzione è l'educazione affettiva

Se i dati internazionali ci dicono che la violenza tra partner è trasversale al genere e all'orientamento sessuale, è scorretto pensare che il problema sia la misoginia e/o una socializzazione che insegnerebbe agli uomini a imporre la propria volontà sulle donne tramite la violenza.

Questa narrazione non è solo infondata, ma controproducente, perché ci impedisce di dare una soluzione adeguata. Avremmo infatti bisogno di un'educazione all'affettività, all'intelligenza emotiva e al riconoscimento di comportamenti abusivi, indipendentemente dal genere e dall'orientamento sessuale, che ci aiuti a evitare dinamiche tossiche all'interno delle relazioni intime.

Se urli "L'uomo violento non è malato, è figlio sano del patriarcato"[4], con l'implicazione che bisogna insegnare agli uomini a rispettare le donne, non stai risolvendo il problema, perché non stai insegnando a comunicare e a risolvere i conflitti in modo sano all'interno di una relazione.

E non lo stai insegnando né agli uomini che hanno una relazione con una donna né alle donne che hanno una relazione con chicchessia né agli uomini che hanno una relazione con un uomo. Stai quindi privando tanti potenziali carnefici e tante potenziali vittime di una guida efficace per riconoscere ed evitare l'abuso in ogni sua forma.

Molte vittime rimangono prive di tutela

L'under-reporting della violenza domestica subita dagli uomini è ancora più forte del corrispettivo femminile: solo il 15% delle violenze domestiche contro gli uomini viene riportato alla polizia, e la metà di queste non le riporta l’aggredito, ma terzi[5]. Una sensibilizzazione rivolta a TUTTE le vittime di violenza domestica da parte di CHIUNQUE potrebbe contribuire significativamente a ridurre questo problema.

Dopodiché, gli uomini che anche decidono di denunciare e/o di usufruire dei servizi preposti, si scontrano con i pregiudizi del personale e con l'ostilità delle istituzioni.

Sebbene il 43,7% delle vittime maschili si rivolga a centri antiviolenza e il 23,4% a linee antiviolenza, un paper[6] mostra che

  • il 78,3% dei centri antiviolenza, il 63,9% delle linee antiviolenza e il 42,9% delle risorse online rispondono loro di aiutare solo donne
  • il 63,9% dei centri antiviolenza, il 32,2% delle linee antiviolenza e il 18,9% delle risorse online li accusano di essere in realtà dei maltrattanti
  • il 25,4% delle linee antiviolenza e il 27,1% delle risorse online danno loro numeri che si rivelano essere per programmi di aiuto ai maltrattanti.
A chi si rivolgono le vittime maschili di violenza?
Istituzione %
a centri antiviolenza 43,7%
a linee antiviolenza 23,4%
Con quale risultato?
Risposta % di centri antiviolenza % di linee antiviolenza % delle risorse online
Rispondono di aiutare solo donne 78,3% 63,9% 42,9%
Li accusano di essere in realtà dei maltrattanti 63,9% 32,2% 18,9%
Gli danno numeri che si rivelano essere per programmi di aiuto ai maltrattanti 25,4% 27,1%

A questo si aggiunge il bias giudiziario a danno degli uomini, a causa del quale gli uomini vittime non solo hanno molta più difficoltà a essere creduti, ma vengono spesso arrestati e condannati al posto della loro carnefice. Per questi motivi, il dato sulle denunce e sulle condanne non è affidabile per ricostruire il fenomeno della violenza domestica.

Infine, in Italia la stragrande maggioranza dei servizi telefonici e degli sportelli per le vittime di violenza domestica è espressamente rivolta alle donne, cosa che ovviamente allontana gli uomini. L'intesa tra il Governo e le Regioni sui requisiti minimi dei centri antiviolenza e delle case rifugio è formulata in modo tale da suggerire l'esclusione delle vittime maschili ed lgbt+ dalle strutture che possono ricevere fondi pubblici. Infatti la prassi, la legislazione di molti enti locali e i regolamenti delle strutture funzionano proprio così e ci sono pochissimi centri antiviolenza che accolgono anche vittime maschili, come Ankyra e Perseo a Milano, i quali possono essere finanziati solo da privati.

L'ideologia diventa più importante delle vittime

Per difendere questa narrazione e questa impostazione istituzionale, Casa Internazionale delle Donne, appoggiata da Non Una Di Meno e da molte altre associazioni femministe, hanno protestato contro l'iniziativa della Commissione per le Pari Opportunità presso il Comune di Roma di affrontare il tema della violenza sugli uomini, sostenendo che non esistano dati a supporto della sistematicità del fenomeno. Questo in un Paese in cui questi dati neanche li raccogliamo.

Riassumendo

Gli uomini vittime di donne e di uomini e le donne vittime di donne non hanno gli strumenti né per riconoscersi come vittime né per uscire dalle situazioni di abuso. Le donne abusanti e gli uomini violenti contro gli uomini non sono mai stati sensibilizzati contro il dolore che infliggono e, molto spesso, non subiscono il giusto trattamento in primis giudiziario e poi terapeutico. Non vogliamo sminuire la violenza sulle donne, vogliamo solo dare una risposta efficace al problema della violenza domestica e fornire un aiuto concreto a tutte le vittime.

Vedi anche

Critiche e Revisioni di Modelli Teorici e Ricerche sulla Violenza Domestica

Gli studi recenti suggeriscono che la violenza nelle relazioni intime non sia un fenomeno prevalentemente maschile, contrariamente all'idea popolare che la violenza domestica derivi dal desiderio patriarcale di dominio (modello Duluth). Questo modello, che vede l'uomo come soggetto forte e dominante e la donna come vittima debole e controllata, è stato messo in discussione da ricerche che mostrano come la violenza domestica non sia più prevalente nelle relazioni uomo-donna rispetto a quelle omosessuali o lesbiche.

  • Antisessismo - Violenza domestica verso gli uomini (e le donne) - L'articolo presenta numerosi studi scientifici, pubblicati su riviste peer-reviewed, che dimostrano come la violenza domestica non sia un fenomeno unidirezionale, ma che colpisca in modo significativo anche gli uomini. Molti di questi studi evidenziano che la violenza nelle relazioni è spesso reciproca e che le donne commettono violenza fisica e psicologica contro i propri partner in percentuali simili o addirittura superiori agli uomini. Alcuni dati rilevanti:
    • Studi degli anni '80 e '90 mostrano che uomini e donne riportano tassi simili di violenza subita e perpetrata nelle relazioni.
    • Uno studio del 2005 ha trovato che tra gli studenti universitari, il 15,11% delle donne usava violenza grave contro i partner, rispetto al 7,41% degli uomini.
    • Uno studio del 2007 rivela che nelle relazioni violente, il 70,7% delle volte la violenza unidirezionale è perpetrata da donne.
    • Una review del 2012 di 111 studi ha calcolato che il 28,3% delle donne e il 21,6% degli uomini avevano commesso atti di violenza sul partner. L'articolo sottolinea anche che gli uomini tendono a denunciare meno la violenza subita e che spesso non trovano adeguato supporto nei centri antiviolenza, che tendono a focalizzarsi solo sulle vittime femminili. In conclusione, l'articolo mira a sfatare il mito che la violenza domestica sia un problema unidirezionale di uomini che abusano delle donne, evidenziando come la realtà sia molto più complessa e come anche gli uomini siano vittime significative di questo fenomeno.
  • La violenza domestica non è legata al genere (vari studi lo dimostrano) tra i quali anche il progetto PASK e quelli di Erin Pizzey
    • L'articolo critica la focalizzazione esclusiva sulla violenza contro le donne cis in relazioni etero, ignorando la violenza contro uomini e nelle relazioni LGBT+. Studi internazionali mostrano che la violenza domestica è un problema umano, non di genere. Propone l'educazione affettiva come soluzione, sostenendo che la narrazione attuale è controproducente e lascia molte vittime senza tutela. Denuncia inoltre i pregiudizi e la mancanza di supporto per le vittime maschili e LGBT+, evidenziando l'importanza di un approccio inclusivo per tutte le vittime.
    • Il progetto PASK (Partner Abuse State of Knowledge) è il più grande database di ricerca sulla violenza domestica al mondo. Ha riassunto 1.700 studi, rivelando che il 23% delle donne e il 19% degli uomini sono stati aggrediti da un partner. La violenza bidirezionale è prevalente (57,9%), con minime differenze di genere nei moventi di potere/controllo. Gelosia e tradimento sono motivi comuni per entrambi i sessi. PASK offre un'analisi rigorosa e accessibile della violenza domestica.
    • Secondo gli studi di Erin Pizzey, la violenza domestica non è un fenomeno unidirezionale in cui le donne sono sempre vittime innocenti e gli uomini i soli colpevoli. Attraverso i colloqui con le donne ospitate nel suo rifugio, Pizzey si convinse che nella maggior parte dei casi la violenza fosse reciproca, con entrambi i partner responsabili di abusi in misura simile. Nel suo "Studio comparativo delle donne picchiate e donne inclini alla violenza", Pizzey distingue tra:
      1. Le "vere donne picchiate", vittime innocenti della violenza del partner
      2. Le "donne inclini alla violenza", involontarie vittime della loro stessa violenza Secondo lo studio, il 62% delle donne analizzate rientrava nella seconda categoria. Nel libro "Prone to violence", Pizzey ipotizza che molte delle donne nel suo rifugio avessero una personalità che le portava a cercare relazioni violente. Traumi infantili e squilibri ormonali e neurochimici le spingerebbero, da adulte, a ripetere dinamiche abusanti nonostante le gravi conseguenze, nel tentativo di rivivere l'impatto emotivo delle esperienze precoci.
    • Gli ideatori del modello Duluth ammettono di aver sbagliato - Il Duluth Model, era un approccio alla violenza domestica molto noto, sviluppato negli anni '80, si basava sull'idea che tale violenza derivasse dal patriarcato e dal desiderio maschile di esercitare potere e controllo sulle donne. Tuttavia, la stessa ideatrice, Ellen Pence, ha riconosciuto che il Duluth Model era viziato da bias di conferma e non rifletteva le reali esperienze delle persone coinvolte. Inoltre, ricerche suggeriscono che la violenza domestica non sia più frequente nelle coppie eterosessuali rispetto a quelle omosessuali o lesbiche, mettendo in dubbio l'assunto di base del modello. L'articolo sottolinea come le motivazioni dietro la violenza domestica siano in realtà molto più complesse, includendo molteplici fattori individuali, relazionali, culturali, sociali ed economici. Ridurre tutto al patriarcato appare una semplificazione eccessiva e fuorviante. In conclusione, il Duluth Model si rivela viziato da bias e assunti non corrispondenti alla realtà. La sua visione riduttiva non trova riscontro nella complessità delle dinamiche in gioco. Emerge quindi la necessità di un approccio più articolato per comprendere e affrontare efficacemente la violenza domestica. Una visione più olistica dovrebbe considerare una varietà di fattori, tra cui dinamiche di coppia, background educativo, fattori culturali, situazione economica, stabilità emotiva, problemi relazionali e ruoli di genere.
  • La fondatrice di uno dei primi centri antiviolenza per donne denuncia le (pesanti) strumentalizzazioni di alcune femministe - La fondatrice di uno dei primi centri antiviolenza per donne, Erin Pizzey, ha denunciato le strumentalizzazioni operate da alcune femministe riguardo al tema della violenza domestica. Inizialmente elogiata per il suo lavoro pionieristico nel sostegno alle donne vittime di abusi, Pizzey ha successivamente adottato posizioni antifemministe, sostenendo che il movimento femminista sfruttasse la questione per demonizzare gli uomini e a fini di lucro. Basandosi sulle proprie esperienze personali e sui colloqui con le donne ospitate nel rifugio da lei fondato, Pizzey è giunta alla conclusione che la maggior parte delle violenze domestiche abbia carattere di reciprocità, con abusi da parte di entrambi i partner. Pizzey afferma di essere stata oggetto di minacce e boicottaggi da parte di militanti femministe a causa delle sue posizioni, che l'avrebbero costretta a lasciare l'Inghilterra per gli Stati Uniti.
  • Inoltre ci sono state pesanti critiche ai metodi con cui l'ISTAT rileva la violenza sulle donne, riassunte anche nel libro di Davide Stasi (Violenza sulle donne: Le anti-statistiche)
    • L'analisi critica dell'indagine ISTAT sulla violenza di genere ha rilevato alcune carenze metodologiche, come la mancanza di un gruppo di controllo o di una popolazione generale di riferimento, l'esclusione delle coppie non eterosessuali e la limitazione dell'indagine sulla violenza psicologica ed economica al solo partner e non al contesto familiare. Inoltre, le domande del questionario potrebbero portare a una sovrastima degli episodi di violenza.
    • Il libro esamina criticamente le dinamiche di genere e l'uso delle statistiche sulla violenza contro le donne. L'autore, pur definendosi antifemminista, prende le distanze dalla misoginia e mira a promuovere relazioni autentiche tra i sessi. Viene contestato l'uso improprio di statistiche per sostenere una narrativa che dipinge le donne come eterne vittime della violenza maschile. In particolare, si critica l'indagine ISTAT del 2014 per la sua metodologia e i risultati distorti, confrontandola con l'indagine FRA che dà un quadro più equilibrato. I dati reali su denunce (circa 35.000 l'anno) e condanne (circa 5.000) contraddicono le stime allarmistiche delle indagini. Si ipotizza che molte denunce derivino da separazioni conflittuali e siano strumentali. Si critica anche la mancanza di dati sulla violenza in coppie omosessuali. L'indagine ISTAT del 2019 sugli stereotipi di genere è accusata di avere un pregiudizio nel considerare solo la violenza maschile. Emergono opinioni condivise da uomini e donne su vari temi. Si contesta l'uso del termine "femminicidio" per la mancanza di una definizione univoca e l'inclusione di casi eterogenei nelle statistiche. Si critica la formula "un femminicidio ogni tre giorni" come ingannevole. Sul divario salariale di genere, si sostiene che rifletta spesso scelte individuali e l'impatto della maternità, più che discriminazioni. Una maggiore condivisione delle responsabilità familiari potrebbe ridurlo. Si mette in dubbio l'affidabilità di certi dati, come i "200 papà separati suicidi" o le cifre dei centri antiviolenza, invocando fonti verificabili. Si sollevano perplessità sulla credibilità di statistiche diffuse da ONU, OCSE e altre organizzazioni, accusate di riciclare dati obsoleti. In conclusione, si denuncia l'influenza di un "femminismo contemporaneo" che manipola i dati per imporre una narrativa vittimista. Si auspica un dibattito basato su dati accurati per costruire relazioni di comprensione reciproca.
  • 5 milioni di uomini all'anno sono vittime di donne - Secondo l'articolo, uno studio condotto dall'Università di Siena nel 2012, utilizzando la stessa metodologia degli studi Istat sulla violenza contro le donne, ha rilevato che nel 2011 più di 5 milioni di uomini in Italia sarebbero stati vittime di violenze da parte di donne. Le forme più comuni di violenza includono minacce (63,1%), graffi e morsi (60,5%), pugni e calci (58,1%). Nell'8,4% dei casi la violenza è stata così grave da mettere a rischio la vita delle vittime. Lo studio ha anche evidenziato forme di violenza psicologica ed economica, come minacce di portare via la casa e i beni (68,4%), ostacolare i rapporti con i figli (58,2%), critiche per difetti fisici (29,3%), insulti e denigrazioni (75%). Un'altra ricerca del 2015, parte del progetto europeo Daphne III, ha esaminato le violenze nelle coppie di giovani tra i 14 e i 17 anni in 5 paesi europei. Ha rilevato che il 9% dei ragazzi ha subito gravi violenze sessuali e il 25% qualsiasi forma di violenza sessuale, contro rispettivamente il 17% e il 41% delle ragazze. L'articolo conclude che, sebbene la violenza femminile sia di entità inferiore a quella maschile, è comunque una realtà significativa e richiede di ripensare il problema della violenza di genere da una nuova prospettiva.
  • Violenza fisica sugli uomini - I mass media non danno risalto agli episodi di violenza fisica a danno degli uomini così diverse associazioni hanno iniziato a creare i propri elenchi.
  • Figlicidi e neonaticidi (altre forme di violenza di cui non si parla)

Analisi Sociale e Mediatica della Violenza di Genere

Approfondimenti sulla rappresentazione mediatica della violenza di genere e sulle sue implicazioni sociali. Questi articoli esaminano come i media influenzano la percezione della violenza, discutendo la necessità di un dialogo più inclusivo e meno stereotipato.

  • Violenza sulle donne, il problema è come se ne parla - L'articolo riassume le posizioni presenti nei vari articoli trattati in precedenza, come la non stretta correlazione tra violenza domestica e genere, l'importanza di non trascurare la violenza femminile contro gli uomini, la necessità di interrogarsi sulle metodologie e interpretazioni dei dati sulla violenza di genere, e l'esigenza di combattere stereotipi e pregiudizi che vedono sempre uomini e donne in ruoli fissi di aggressori e vittime. In più, l'articolo riporta anche: 1. Critiche ai media per esagerare la portata della violenza sulle donne e ignorare i casi di false denunce, creando divisioni tra i sessi. 2. La prospettiva di una sociologa che evidenzia l'aumento della consapevolezza maschile sulle questioni di genere, ma anche un senso di ingiustizia, proponendo una visione più sfumata. 3. Denunce di disparità mediatica nella rappresentazione della violenza di genere, con donne sempre vittime e uomini sempre colpevoli. 4. Critiche alla percezione distorta del potere nelle relazioni, con l'idea che l'uomo debba sempre migliorarsi mentre la donna si sopravvaluta. 5. Evidenze di ingiustizia e disparità di trattamento mediatico e legale nei casi di violenza contro gli uomini. 6. Critiche al fenomeno delle false accuse di stupro e al femminismo moderno che non riconosce i disagi maschili. 7. Discussione sulla violenza femminile, spesso diversa da quella maschile, attraverso esperienze personali. 8. Accuse ai media di distorcere la realtà sulla legge russa riguardante la violenza domestica e di non riconoscere le false accuse delle donne in Russia.

Aspetti Legalmente e Socialmente Controversi

Questa sezione si concentra su questioni legali e sociali controverse legate alla violenza di genere, come le false accuse e la rappresentazione dei femminicidi, offrendo una prospettiva critica sulle narrazioni dominanti.

Note

  1. https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/06/04/dire-che-sesso-e-identita-di-genere-sono-due-cose-diverse-non-vuol-dire-essere-transfobiche/5823272/
  2. McNeely, R. L., & Mann, C. R. (1990). Domestic violence is a human issue. Journal of Interpersonal Violence, 5(1), 129–132. https://doi.org/10.1177/088626090005001012
  3. [McNeely RL, Cook PW, Torres JB. Is domestic violence a gender issue, or a human issue? Journal of Human Behavior in the Social Environment. 2001;4:227–251.]
  4. Slogan di Non una di meno
  5. [Family Violence in Canada: A Statistical Profile (2000). Canadian Centre for Justice Statistics. – Statistics Canada, General Social Survey 1999.]
  6. [Douglas, E. M., Hines, D. A. The Helpseeking Experiences of Men Who Sustain Intimate Partner Violence: An Overlooked Population and Implications for Practice. Journal of Family Violence. Aug 2011; 26(6): 473–485.]