Davide Stasi Violenza sulle donne: Le anti-statistiche

Da Tematiche di genere.
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Analisi Critica sulle Dinamiche di Genere e la Manipolazione delle Statistiche[modifica | modifica sorgente]

Introduzione Il libro esamina un periodo triennale di attività sul sito "Stalker sarai tu", dove l'autore ha prodotto oltre mille articoli sulle dinamiche relazionali tra uomini e donne nelle società occidentali. Pur assumendo una posizione antifemminista, l'autore si distanzia dalla misoginia e punta a promuovere interazioni autentiche tra i sessi.

Disamina delle Indagini sulla Violenza di Genere[modifica | modifica sorgente]

Critica alle Metodologie di Indagine L'autore critica l'uso improprio di statistiche per sostenere un'ideologia che ritrae le donne come vittime perpetue e gli uomini come oppressivi. L'analisi si concentra sull'indagine ISTAT del 2014 e sui suoi risultati, ritenuti distorti.

Indagine ISTAT 2014 vs Indagine FRA 2014

  • ISTAT 2014: Basata su interviste telefoniche a 25.000 donne, ha rilevato 4 milioni di casi di violenza.
  • FRA 2014: Ha intervistato 1.500 donne italiane di persona, con una metodologia ritenuta più oggettiva, indicando una minor prevalenza di violenza.

Confronto con i Dati Reali

  • Denunce: Circa 35.000 l'anno.
  • Condanne: Circa 5.000 l'anno.
  • Discrepanza: Incidenza dell'85% di denunce che non portano a condanne.

Inquadramento Culturale e Sociale delle Questioni di Genere[modifica | modifica sorgente]

Violazione delle Dinamiche Relazionali L'autore esplora come il sistema legale possa incentivare accuse false o strumentali in contesti di separazione, specialmente riguardo l'affidamento dei figli.

Visione Critica del Femminismo Contemporaneo Si evidenzia l'influenza dell'ideologia femminista sulla percezione pubblica e mediatica degli uomini, con l'obiettivo di promuovere un'analisi equilibrata basata su dati concreti.

Discussione sull'Indagine ISTAT 2019 e Altri Studi[modifica | modifica sorgente]

Indagine ISTAT 2019 sui Stereotipi di Genere L'indagine del 2019, condotta su 15.000 famiglie, viene criticata per la sua focalizzazione unilaterale sulla violenza maschile e per domande ritenute faziose.

Sollevamenti sul Termine "Femminicidio"[modifica | modifica sorgente]

Ambiguità e Conteggio dei Casi L'autore solleva dubbi sulla definizione di "femminicidio" e sulla vastità del conteggio dei casi, notando l'assenza di una definizione univoca.

Divario Salariale di Genere[modifica | modifica sorgente]

Analisi del Divario L'opera affronta il divario salariale di genere, attribuendo le differenze a variabili come scelte individuali e impatto della maternità.

Credibilità ed Etica Statistica[modifica | modifica sorgente]

Interrogativi su Enti e Organizzazioni L'autore mette in dubbio la credibilità di enti come l'ONU, l'OCSE, il Censis e ONG, criticando l'uso di dati obsoleti e manipolati per sostenere certe narrazioni.

Conclusioni[modifica | modifica sorgente]

Invito al Pensiero Critico Il libro conclude con un invito a un'analisi critica delle questioni di genere, evidenziando i rischi di una realtà semplificata e distorta dall'ideologia del femminismo contemporaneo.

Contesto più Ampio e Prospettive Future[modifica | modifica sorgente]

Dibattito in Corso Emergono questioni non risolte sulle dinamiche di genere, con la necessità di ulteriori ricerche e trasparenza nei dati per un dialogo pubblico più maturo e equilibrato.

Vecchia versione[modifica | modifica sorgente]

L'autore del libro racconta la sua esperienza triennale come amministratore e blogger del sito "Stalker sarai tu", attraverso il quale ha analizzato e scritto oltre mille articoli riguardanti le relazioni tra uomini e donne nelle società occidentali. Sottolinea l'esistenza di un blocco ideologico dominante che rappresenta le donne come vittime storiche e continue della violenza maschile e gli uomini come essenzialmente malvagi. L'autore critica quest'ideologia per la sua semplificazione e per i suoi pericolosi effetti sulle relazioni tra i sessi. Mentre si autodefinisce antifemminista, è chiaro nel suo intento di non essere misogino e di voler sottolineare l'importanza delle autentiche relazioni tra uomini e donne.

L'autore contesta l'uso e la manipolazione di statistiche per rafforzare una narrativa ideologica, con particolare riferimento all'indagine ISTAT del 2014 sulla violenza contro le donne in Italia. Critica l'uso di questi dati per diffondere l'idea che milioni di donne in Italia siano vittime di violenza, sottolineando che tali affermazioni sono mistificazioni della realtà. Nel suo libro, cerca di fornire una lettura alternativa e verificabile della realtà, pur mantenendo un tono pacato e razionale.

In sintesi, il libro affronta le dinamiche delle relazioni tra uomini e donne, la manipolazione ideologica delle statistiche sulla violenza di genere e la necessità di un'analisi più onesta e approfondita della realtà delle relazioni di genere nelle società contemporanee.


Ecco un riassunto del contenuto dell'indagine campionaria ISTAT del 2014 e del confronto con l'indagine della European Fundamental Rights Agency (FRA):

- L'indagine ISTAT del 2014, basata su interviste telefoniche a 25.000 donne, conclude che in Italia ci sono 4 milioni di donne vittime di violenza fisica, sessuale, psicologica ed economica.

- L'indagine viene criticata per:

1) Campione eccessivamente ampio rispetto agli standard europei

2) Quesiti formulati in modo da stimolare risposte positive e soggettive

3) Mancanza di certezza sull'identità degli intervistati tramite telefono

4) Sbilanciamento di domande sulla violenza psicologica, più soggettiva

5) Riferimento all'intero arco di vita delle intervistate

- La FRA (Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali) nel 2014 fa un'analoga indagine interpellando 1.500 donne italiane con metodo più rigoroso: interviste di persona, quesiti più oggettivi, riferimento solo agli ultimi 15 anni.

- I risultati dell'indagine FRA sono più "contenuti": l'Italia si colloca a metà classifica europea per violenza fisica/sessuale e stalking; è ultima per molestie sessuali.

- Si evidenziano discrepanze tra le due indagini: quella ISTAT dà un quadro allarmante della violenza sulle donne in Italia, quella FRA una situazione più equilibrata.

- Entrambe presentano limiti legati all'affidamento a percezioni soggettive e alla non piena corrispondenza con dati di cronaca.

In sintesi, il confronto tra le due indagini mostra approcci e risultati molto diversi sulla violenza di genere in Italia, mettendo in luce i limiti di questo tipo di rilevazioni campionarie.

Ecco un riassunto dei contenuti principali delle pagine allegati:

- Le pagine analizzano i dati sulle denunce e condanne per reati di violenza contro le donne in Italia, mettendoli a confronto con i risultati di indagini campionarie dell'ISTAT e della FRA.

- Viene evidenziato come le indagini campionarie ISTAT e FRA, pur con metodologie diverse, ipotizzino numeri molto elevati di donne vittime di violenza (fino a 4 milioni per ISTAT).

- I dati reali sulle denunce (circa 35.000 l'anno) e soprattutto sulle condanne (circa 5.000 l'anno) mostrano invece numeri di gran lunga inferiori.

- Si sottolinea come la stragrande maggioranza delle denunce (fino all'85%) non si traduca poi in condanne. Le possibili cause sono: archiviazioni, assoluzioni, denunce strumentali e false accuse.

- Si ipotizza che la maggior parte delle denunce contro uomini derivi da separazioni conflittuali e sia finalizzata ad ottenere affidamento di figli e casa.

- I dati reali sembrano smentire l'esistenza di una vera "emergenza" di violenza contro le donne in Italia. Il fenomeno appare circoscritto e fisiologico.

- Si critica la scarsa attenzione verso la violenza nelle relazioni omosessuali e il differente tasso di criminalità tra italiani e stranieri.

- In sintesi, i dati reali contraddicono le ampie stime delle indagini campionarie, mostrando una situazione meno allarmante e più complessa. Servirebbe un'analisi più approfondita delle cause.

Ecco un riassunto dei contenuti principali delle pagine allegate:

- Le pagine analizzano i dati sulle denunce e condanne per reati contro le donne in Italia.

- La media annua delle denunce per reati come stalking, maltrattamenti ecc. è di circa 35.000, che potrebbe arrivare a 50.000 considerando altri reati.

- Le denunce però non indicano persone colpevoli, in quanto una persona può essere denunciata per più reati.

- Le condanne invece si attestano su una media di circa 5.000 l'anno, quindi molto inferiori alle denunce.

- La maggior parte delle denunce (fino all'85%) non si traduce in condanne ma viene archiviata o porta ad assoluzioni.

- Si ipotizza che molte denunce contro uomini derivino da separazioni conflictuali e siano strumentali o false.

- I dati reali contraddicono l'esistenza di una vera "emergenza" di violenza sulle donne in Italia.

- Si critica l'ideologia del "credete alle donne" e la pressione dei centri antiviolenza su forze dell'ordine e magistratura.

- Il fenomeno appare circoscritto e fisiologico, non allarmante come descritto dalle indagini statistiche.

- Servirebbe un'analisi approfondita delle cause dell'elevato numero di archiviazioni e assoluzioni.

In sintesi, i dati reali sulle condanne sembrano smentire l'esistenza di una situazione così drammatica come descritta dalle indagini statistiche. Il quadro appare più complesso e controverso.

Ecco un riassunto dei contenuti principali delle pagine allegati:

- Le pagine analizzano i dati sulle denunce e condanne per reati di violenza contro le donne in Italia, mettendoli a confronto con i risultati di indagini campionarie dell'ISTAT e della FRA.

- Viene evidenziato come le indagini campionarie ISTAT e FRA, pur con metodologie diverse, ipotizzino numeri molto elevati di donne vittime di violenza (fino a 4 milioni per ISTAT).

- I dati reali sulle denunce (circa 35.000 l'anno) e soprattutto sulle condanne (circa 5.000 l'anno) mostrano invece numeri di gran lunga inferiori.

- Si sottolinea come la stragrande maggioranza delle denunce (fino all'85%) non si traduca poi in condanne. Le possibili cause sono: archiviazioni, assoluzioni, denunce strumentali e false accuse.

- Si ipotizza che la maggior parte delle denunce contro uomini derivi da separazioni conflittuali e sia finalizzata ad ottenere affidamento di figli e casa.

- I dati reali sembrano smentire l'esistenza di una vera "emergenza" di violenza contro le donne in Italia. Il fenomeno appare circoscritto e fisiologico.

- Si critica la scarsa attenzione verso la violenza nelle relazioni omosessuali e il differente tasso di criminalità tra italiani e stranieri.

- In sintesi, i dati reali contraddicono le ampie stime delle indagini campionarie, mostrando una situazione meno allarmante e più complessa. Servirebbe un'analisi più approfondita delle cause.

Il testo in questione sembra essere un estratto da un documento o un libro che discute varie questioni legate alla violenza contro le donne, alle separazioni, alle statistiche, e agli orientamenti sessuali. Di seguito, un riassunto delle principali argomentazioni:

1. Discussione sulla mancanza di dati affidabili: L'autore inizia esprimendo la sua frustrazione riguardo alla mancanza di strumenti informativi gratuiti e accessibili che possano aiutarlo a comprendere meglio il tema della violenza contro le donne.

2. Discussione sulle separazioni: L'autore afferma che la violenza spesso si verifica in contesti separativi e che il processo di separazione può essere traumatico per le persone coinvolte, specialmente quando ci sono figli coinvolti. Sostiene che le leggi favorevoli alle donne in questi casi possono portare a false accuse.

3. Richiesta di dati incrociati: L'autore propone l'idea di utilizzare una banca dati nominale per incrociare i dati dei procedimenti civili e penali relativi alle accuse di violenza. Ritiene che questo potrebbe dare una visione chiara della frequenza delle false accuse e dell'urgenza di riformare le leggi sulle separazioni.

4. Discussione sull'immigrazione: L'autore suggerisce che la violenza da parte di stranieri potrebbe essere sottostimata nei dati ufficiali a causa della loro minoranza numerica. Sostiene che, se i dati fossero normalizzati, si scoprirebbe che gli stranieri hanno una maggiore propensione alla violenza contro le donne.

5. Discussione sull'omosessualità: L'autore critica la mancanza di dati e attenzione alle relazioni omosessuali e lesbiche e sostiene che anche in questi contesti potrebbero verificarsi casi di violenza che meritano attenzione.

6. Critiche alle politiche di gestione dell'immigrazione: L'autore sostiene che i dati dovrebbero guidare politiche di gestione dell'immigrazione diverse da quelle attualmente adottate.

7. Richiesta di equità nei dibattiti: L'autore critica l'uso di doppie misure nei dibattiti pubblici sulla violenza contro le donne in base all'origine degli autori di violenza.

In generale, l'autore sembra essere preoccupato per la mancanza di dati accurati e l'uso politico delle statistiche sulla violenza contro le donne, sottolineando la necessità di considerare tutti gli aspetti del problema in modo equo e basato sui dati.

L'ISTAT ha condotto un'indagine campionaria nel 2019 sul tema degli stereotipi di genere e della violenza sessuale. Questa indagine è stata oggetto di critiche perché sembra indirizzata a confermare uno stereotipo negativo nei confronti degli uomini. Tuttavia, un'analisi più dettagliata rivela risultati contrastanti e interessanti.

L'indagine è stata estratta da un campione più ampio di un'indagine sulle Forze di Lavoro del 2018, coinvolgendo 15.000 famiglie. Gli esiti mostrano che uomini e donne concordano sull'importanza per gli uomini di avere successo nel lavoro, ma non è chiaro se questo sia legato alla soddisfazione personale o al reddito familiare. Entrambi i sessi ritengono che spetti agli uomini provvedere alle necessità economiche della famiglia.

Tuttavia, il punto critico dell'indagine riguarda la violenza sessuale. L'ISTAT sembra concentrarsi unilateralmente sulla violenza maschile contro le donne, senza considerare la possibilità di violenza femminile o in contesti omosessuali. Questa prospettiva pregiudiziale è evidente nei quesiti e riflette la tendenza a criminalizzare mediaticamente e legalmente gli uomini. Inoltre, l'indagine suggerisce che una parte significativa degli intervistati attribuisce alle donne parte della responsabilità della violenza sessuale subita, un punto di vista condiviso sia dagli uomini che dalle donne.

L'indagine sembra servire a rafforzare l'idea che solo gli uomini siano violenti, senza esplorare obiettivamente altre prospettive. Anche le domande sui centri antiviolenza sembrano disconnesse dagli stereotipi di genere e piuttosto servire gli interessi di tali centri.

In conclusione, l'indagine dell'ISTAT è stata criticata per essere faziosa e orientata a confermare stereotipi negativi sugli uomini. Tuttavia, i risultati suggeriscono una realtà sociale complessa, in cui uomini e donne condividono opinioni simili su molte questioni di genere. La comunicazione dei risultati ha enfatizzato solo il punto riguardante la responsabilità delle donne nella violenza sessuale, senza chiarire che sia uomini che donne condividono questa opinione.

Questo testo critica l'uso del termine "femminicidio" e le relative statistiche in Italia. Ecco un riassunto delle principali argomentazioni e punti sollevati:

1. Problema di definizione: Il testo inizia sottolineando la mancanza di una definizione chiara e concisa del termine "femminicidio". Vengono presentate diverse definizioni possibili, che vanno dall'omicidio di una donna da parte del marito o dell'ex marito per motivi di gelosia o possessività, fino all'omicidio di qualsiasi donna per qualsiasi motivo da parte di chiunque. Questa mancanza di chiarezza nella definizione crea confusione nei dati statistici.

2. Le dimensioni e i conteggi "inclusivi": Il testo critica l'inclusione di una vasta gamma di omicidi, compresi omicidi-suicidi, omicidi accidentali, omicidi di donne da parte di donne e altri casi, nei conteggi relativi ai "femminicidi". Questo, secondo l'autore, porta a una sovrastima del fenomeno e non tiene conto delle circostanze specifiche di ciascun caso.

3. Contro la logica: L'autore critica l'uso della formula "un femminicidio ogni tre giorni" come un'espressione ingannevole e priva di significato. Sostiene che questa formula non fornisce informazioni utili e che dovrebbero essere considerati rapporti più logici, ad esempio il numero di femminicidi rispetto alla popolazione totale.

4. Devianza sociale: L'autore suggerisce che il "femminicidio" dovrebbe essere considerato come un fenomeno di devianza sociale e che la sua relazione dovrebbe essere con la popolazione anziché con il tempo trascorso.

In generale, il testo mette in discussione l'uso del termine "femminicidio" e le relative statistiche, sottolineando l'importanza di una definizione chiara e di un approccio logico nella presentazione dei dati.

Ecco un riassunto delle principali informazioni e argomentazioni presenti nel testo:

1. L'amante e le correnti di pensiero: L'inclusione dell'amante come possibile autore di un "femminicidio" dipende dalle correnti di pensiero dominanti. Questo aspetto è soggetto a diverse interpretazioni.

2. L'ex "delitto passionale": Il termine "delitto passionale" è stato abolito dal movimento femminista, che lo considerava giustificante. Attualmente, la definizione utilizzata dalla Polizia di Stato e dai Carabinieri è quella menzionata nel testo.

3. Legge del 2013: Il testo fa riferimento alla Legge 14 agosto 2013, n. 93, che ha affrontato il tema della violenza di genere in Italia.

4. Frequenza dei "femminicidi": Vengono citate diverse interpretazioni della frequenza dei "femminicidi", con la formula "una donna ogni tre giorni" utilizzata per suscitare emozioni e attenzione mediatica.

5. Dati sulla violenza di genere: Sono menzionati report delle forze dell'ordine italiani sulla violenza di genere, come "Questo non è Amore..." della Polizia di Stato.

6. Fonti e critiche: Il testo fa riferimento a fonti specifiche e menziona il contesto critico nei confronti delle statistiche e delle definizioni legate ai "femminicidi".

7. Analisi dei dati: Sono citati link che conducono a dettagliate analisi dei dati relativi ai "femminicidi" e alle cifre riportate nelle statistiche ufficiali.

Il testo sembra affrontare criticamente il modo in cui la violenza di genere e i "femminicidi" vengono trattati e comunicati in Italia, mettendo in discussione le definizioni, le statistiche e le rappresentazioni mediatiche del fenomeno.

Il testo affronta il tema del divario salariale di genere e presenta diverse argomentazioni chiave:

1. **Il Divario Salariale di Genere**: Si afferma che, in media, le donne guadagnano circa 80 centesimi per ogni euro guadagnato dagli uomini, rappresentando il divario salariale di genere.

2. **Le Imprese e il Costo del Personale**: Si solleva la domanda su perché le aziende non assumano solo donne se possono pagarle meno. Si sottolinea che il costo del personale è una delle voci di bilancio più rilevanti per le aziende.

3. **Il Calcolo del Divario**: Viene spiegato che il calcolo del divario salariale si basa su una media dei salari di uomini e donne a tempo pieno in vari settori, ma non tiene conto di importanti variabili come le mansioni, la posizione contrattuale, l'istruzione o le ore lavorate al mese.

4. **Le Scelte Individuali**: Si afferma che il divario salariale spesso riflette le scelte di carriera fatte da uomini e donne. Questo è supportato da studi che mostrano differenze significative nelle scelte di specializzazione universitaria tra i sessi.

5. **Impatto della Maternità**: Si evidenzia che la maternità può influenzare la carriera delle donne, poiché spesso devono prendersi una pausa o lavorare meno ore retribuite. Questo è visto come una scelta individuale.

6. **Ruolo dei Padri**: Si menziona che sempre più padri desiderano essere più coinvolti nella vita familiare, ma le normative e le percezioni culturali possono ostacolare questa parità nella condivisione delle responsabilità familiari.

7. **La Soluzione al Divario di Genere**: Si suggerisce che una soluzione potrebbe essere il riconoscimento della parità di responsabilità genitoriale fin dalla nascita dei figli, il che potrebbe contribuire a ridurre il divario professionale di genere causato dalla procreazione.

In sintesi, il testo sostiene che il divario salariale di genere non sia necessariamente il risultato di discriminazioni sistemiche, ma spesso riflette le scelte di carriera individuali e l'impatto della maternità sulle carriere delle donne. Si suggerisce che una maggiore parità nella condivisione delle responsabilità familiari potrebbe contribuire a ridurre questo divario.

Il testo affronta due argomenti principali riguardo alle bufale e alle fonti incontestabili:

**1. Il mito dei 200 papà separati suicidi all'anno**: Il testo mette in discussione l'affermazione che in Italia ci siano 200 padri separati che si suicidano ogni anno. L'autore sostiene che questo dato non è verificabile e non è supportato da fonti affidabili. Inoltre, critica coloro che diffondono questo dato senza una fonte verificabile e avverte che utilizzare numeri non verificati può danneggiare la causa dei padri separati.

**2. I centri antiviolenza e i dati non verificabili**: Il testo solleva dubbi sulla veridicità dei dati forniti dai centri antiviolenza riguardo agli "accessi" ai loro servizi. L'autore sostiene che questi centri spesso non forniscono prove dei loro dati e che le cifre riportate possono essere esagerate o gonfiate. Inoltre, critica la mancanza di trasparenza da parte di tali centri e sottolinea che i dati dovrebbero essere verificabili e controllati da enti indipendenti.

In entrambi i casi, l'autore evidenzia l'importanza di basarsi su fonti verificabili e affidabili quando si trattano questioni sensibili come il suicidio e la violenza di genere.

Il testo mette in discussione la credibilità di organizzazioni come l'ONU, l'OCSE, il Censis e altre organizzazioni non governative (ONG) quando si tratta di diffondere statistiche e dati relativi alla violenza di genere e ad altre questioni sociali. L'autore suggerisce che queste organizzazioni spesso si basano su dati precedentemente forniti dall'ISTAT (l'istituto nazionale di statistica italiano) del 2014 e che attribuiscono tali dati a fonti diverse per aumentare l'autorevolezza delle loro affermazioni.

L'autore sostiene che queste organizzazioni tendono a riproporre dati obsoleti e adattarli per sostenere le loro narrazioni, senza condurre nuove indagini o ricerche. Di conseguenza, mette in dubbio la validità delle informazioni diffuse da tali organizzazioni e avverte i lettori di prestare attenzione al sensazionalismo nei dati che vengono pubblicati da questi enti.

In sintesi, l'autore suggerisce di essere scettici riguardo alle statistiche e ai dati provenienti da organizzazioni internazionali o nazionali quando questi sembrano ripetere informazioni precedenti senza una base empirica solida.

Il testo mette in discussione la credibilità di organizzazioni come l'ONU, l'OCSE, il Censis e altre organizzazioni non governative (ONG) quando si tratta di diffondere statistiche e dati relativi alla violenza di genere e ad altre questioni sociali. L'autore suggerisce che queste organizzazioni spesso si basano su dati precedentemente forniti dall'ISTAT (l'istituto nazionale di statistica italiano) del 2014 e che attribuiscono tali dati a fonti diverse per aumentare l'autorevolezza delle loro affermazioni.

L'autore sostiene che queste organizzazioni tendono a riproporre dati obsoleti e adattarli per sostenere le loro narrazioni, senza condurre nuove indagini o ricerche. Di conseguenza, mette in dubbio la validità delle informazioni diffuse da tali organizzazioni e avverte i lettori di prestare attenzione al sensazionalismo nei dati che vengono pubblicati da questi enti.

In sintesi, l'autore suggerisce di essere scettici riguardo alle statistiche e ai dati provenienti da organizzazioni internazionali o nazionali quando questi sembrano ripetere informazioni precedenti senza una base empirica solida.

Il testo conclude affermando che c'è un "fantasma del femminismo contemporaneo" che sta influenzando i media, la cultura popolare e la società in generale. Questo femminismo viene dipinto come un'ideologia che cerca di ottenere un risarcimento per un'oppressione non specificata attraverso la distorsione della verità e il controllo delle opinioni. L'autore suggerisce che questa ideologia semplifica le questioni complesse, utilizza statistiche manipolate per promuovere i suoi obiettivi e cerca di creare una narrativa uniforme per l'opinione pubblica.

L'autore sostiene che questa semplificazione e manipolazione delle statistiche hanno portato a una mancanza di capacità critica nell'opinione pubblica e che le persone sono diventate più suscettibili all'adozione di opinioni uniformi e slogan ideologici. Questa semplificazione ha anche contribuito all'infotainment, dove le notizie devono essere veicolo di intrattenimento.

Infine, l'autore esorta alla necessità di affrontare questioni complesse e di utilizzare dati accurati per informare il dibattito pubblico, sperando che ciò possa portare a una maggiore comprensione, integrazione e costruzione di modelli relazionali basati sulla comprensione reciproca e non sui pregiudizi. L'autore critica anche l'uso manipolato delle statistiche da parte del femminismo contemporaneo e sostiene che le prove non supportano l'esistenza di un "patriarcato".