Riflessione in bozza su giovani, alti ideali e sviste enormi

Da Tematiche di genere.
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Maschere di Moralità: Ipocrisia e Illusione nel Mondo Moderno[modifica | modifica sorgente]

Introduzione[modifica | modifica sorgente]

In quest'era di connettività globale, alimentata dalla pervasività di internet, social media e smartphone, assistiamo a un'accelerazione dei cambiamenti culturali. Ironia del destino, è proprio in questo contesto iper-connesso che emergono paradossali divisioni sociali, che ci spingono a riflettere più profondamente su moralità e autenticità.

La rapida emersione di movimenti etici come #MeToo, Black Lives Matter e Fridays for Future[1] risalta per la capacità di catalizzare l'attenzione globale, sottolineando la lotta per la giustizia sociale e l'inclusività, e diffondendo la consapevolezza su tematiche fondamentali come i diritti LGBTQ+, il femminismo, e il cambiamento climatico. Personaggi come Greta Thunberg o Michela Murgia diventano iconici per il loro impegno nei confronti dell'ambiente e dei diritti transgender, e un'onda di ideali "politicamente corretti" e della cultura woke - pur con i limiti intrinseci di qualsiasi movimento umano - sembra prefigurare un mondo più equo e integrato.

Da un lato quindi nei primi vent'anni del 21 esimo secolo abbiamo viso un boom di questi movimenti hanno rappresentato una spinta significativa verso un mondo più giusto e accogliente.

Dall'altro però, la loro rapida ascesa ha portato con sé anche parecchi dubbi. Se inizialmente era qualcosa simile a un'impressione che tanti aspetti non tornassero, col passare degli anni sono sorte moltissime analisi più attente, come quella proposta da Oggiano nel libro "Sociability" che si distingue per essere incredibilmente pacata e scevra da ogni polemica. Queste analisi mettono in luce molti lati oscuri in questi movimenti: da problematiche astratte quali atteggiamenti di superiorità morale che compromettono l'autenticità di un impegno realmente inclusivo, a problematiche molto concrete e molto gravi.

"Sociability" spiega in primis il legame tra la ricerca della viralità sui social e l'indignazione. Spiega quindi come critica come alcune organizzazioni mediatiche abbiano trascurato principi giornalistici fondamentali come la verifica dei fatti e la presunzione di innocenza per ottenere appunto indignazione e viralità. Esplora casi come quello di Amy Cooper che è stata ingiustamente dipinta come razzista in circostanze molto più complesse o quella di Fausto Brizzi, dove le accuse basate su testimonianze anonime hanno guadagnato attenzione pubblica senza un adeguato contraddittorio

“Sociability” traccia dunque un parallelo tra i capri espiatori storici e i moderni oggetti di scandalo mediatico, mostrando come la tendenza a scaricare colpe collettive su individui isolati sia un fenomeno antico che persiste ancora oggi in nuove forme. I giudizi sommari e le gogne pubbliche moderne, spesso esacerbate dalla rapidità e dall’anonimato dei social media, mettono in luce una mancanza di regole chiare e universali, con individui spesso condannati senza un giusto processo.

Oggiano evidenzia il grave ritorno di fenomeni come il capro espiatorio, la gogna pubblica e i processi sommari, passati nella sfera digitale e alimentati da indignazione immediata e viralità.

In sintesi, il libro “Sociability” fornisce una riflessione critica su come i movimenti sociali digitali, pur offrendo piattaforme per la solidarietà e il cambiamento, portino con sé problematiche legate a giudizi affrettati e a una mancata equità nel dibattito pubblico. Mostra come la tecnologia e i media abbiano trasformato meccanismi sociali antichi in strumenti moderni di critica pubblica, invitando i lettori a riflettere sulla complessità di questi fenomeni e sulle loro implicazioni per una società giusta e inclusiva.

Una volta che si inizia a comprendere come l'indignazione sia tanto ghiotta, diventa più semplice iniziare a intuire le ragioni per cui influencer e giornali abbiano costruito storie a tavolino per suscitarla.

Da qui si inizia a intuire come gli aderenti alle narrazioni dei movimenti citati sopra, abbracciano spesso fin troppo rigidamente i "dogmi" del politicamente corretto e della cultura "woke" e con questo possono promuovere una visione della morale che rischia di essere oppressiva e riduttiva della complessità intrinseca all'umanità, perché appunto banalizza e nega la complessità inerente al tessuto umano. Vi è poi il pericolo che il sostegno alle cause si traduca in mera autopromozione o in "virtue signaling", mettendo in discussione la linea tra solidarietà genuina e superficialità. Si crea così una tensione tra il desiderio di progresso sociale e la realtà di un coinvolgimento genuinamente inclusivo, rispettoso della diversità umana.

In questo scenario, marchi e politici sfruttano la forza dei movimenti sociali per ridefinire la loro immagine e strategia, finendo talvolta per contraddire i principi che affermano di sostenere, rivelando una società che, sebbene si proclami progressista, è anche terreno fertile per ipocrisia e autocensura.


Il libro "Sociability" di Francesco Oggiano, intrecciando esempi tangibili con un'analisi critica, disassembra queste "maschere di moralità". Si narra ad esempio di Amy Cooper, vessata mediaticamente per un gesto interpretato come razzista, ma la cui realtà era assai più sfumata. Oggiano spiega molto bene e senza polemica che storie come quella incarnano il ritorno di fenomeni storici quali l'uso del capro espiatorio, il processo sommario e la gogna pubblica, rivisti nella loro veste digitale contemporanea e veicolati da rapida indignazione.

In questo clima, brand e politici harnessano la forza dei movimenti sociali per ridefinire la propria immagine e strategia, talvolta contraddicendo i stessi principi che professano di difendere. Ciò che emerge è una società dichiaratamente progressista, ma anche un terreno fertile per ipocrisia e autocensura.

Sociability non è stato assolutamente l'unico testo a collegare i puntini (è encomiabile però che l'abbia fatto senza polemiche e senza colpevolizzare gli ingenui buonotti). Rimanendo sui saggi non tecnici un altro è 'L'era della suscettibilità' di Guia Soncini. ha iniziato a collegare i puntini su questo fenomeno, esaminandone l'impatto reale sulla società e sulla cultura contemporanea. Queste opere contribuiscono a una comprensione più sfumata del fenomeno, rivelando un'immagine che è tutt'altro che lusinghiera per i protagonisti del politically correct e del movimento woke.

In quest'articolo indagheremo questi fenomeni con una lente critica, cercando un autentico significato di coscienza morale e inclusività. Esploreremo contraddizioni e opportunità di un impegno sociale che mira a coniugare la ricerca di equità con un dialogo aperto e rispettoso. Cercheremo di discernere tra l'indignazione virtuale e l'eccitante potenziale di una rete che può abbattere barriere e incitare al cambiamento. Prendendo spunto da "Sociability" e altre pubblicazioni critiche, siamo chiamati a sfidare la complessità dell'epoca digitale e ad abbracciare una società più autenticamente connessa e umanamente imperfetta.

Qui voglio ricollegarmi al fatto che queste rapide trasformazioni della società potrebbero essere molto gattopardiane: cioè non sta cambiando nulla in realtà, se non in superficie

In un'era segnata da continue rivelazioni di scandali e comportamenti poco etici, il nostro quotidiano si tinge di sfumature sempre più ciniche di ipocrisia e inganno. Questa riflessione si propone di esplorare alcuni episodi emblematici - dall'affare del Pandoro legato a Chiara Ferragni al Qatargate - che non solo mettono in luce le azioni discutibili di influencer, aziende, giornalisti e politici, ma anche come queste risuonino in maniera più ampia con la nostra percezione della moralità e dell'etica nel mondo moderno.

Affronteremo il concetto di 'whashing', esploreremo le opinioni di pensatori come David Graeber e discuteremo l'importanza del libro 'Shock Economy' di Naomi Klein, tutto mentre cerchiamo di comprendere le complessità e le sfide che i giovani affrontano nel navigare questo panorama turbolento. In queste pagine, ci immergeremo in un viaggio attraverso il cuore oscuro di un mondo che sembra aver perso la bussola morale, interrogandoci su cosa significhi realmente essere 'woke' in un'epoca dominata da manipolazioni e disinformazione.

Il filo conduttore che intendiamo esplorare riguarda la complessità dell'etica, dell'ideologia e dell'azione politica in un mondo globalizzato e interconnesso. Il mondo è un sistema complesso e l'essere umano, come specie, richiede un periodo di accudimento molto lungo dei cuccioli, ragion per cui in tutte le epoche i giovani possono sviluppare una tendenza ad un idealismo meraviglioso ma che rischia di renderli manipolabili. Intendiamo quindi concentrarci sulla discrepanza tra l'ideale e la realtà, sull'influenza delle narrazioni politiche e mediatiche sul comportamento individuale e collettivo, e l'urgenza di un approccio più maturo e informato verso le questioni sociali e politiche.

Seconda Parte (casino assurdo, non leggere)[modifica | modifica sorgente]

In un mondo in cui le notizie di corruzione e comportamenti poco etici fanno costantemente titolo, è facile cadere nella trappola del cinismo (a cui spesso tendono le generazioni più mature) o, al contrario, dell'idealismo ingenuo (a cui più facilmente tendono i giovanissimi). Scandali come il Qatargate, le controversie legate a figure come Soumahoro, quelli legati all'episodio del Panettone e della Ferragni, così come gli episodi di 'whashing' aziendale sono solo la punta dell'iceberg di una realtà che se 'sbattuta in faccia' ad un trentenne medio probabilmente gli causerebbe conati di vomito. Questi eventi, e moltissimi altri meno noti ma ben documentati da documentari e trasmissioni d'inchiesta, coinvolgono spesso individui e istituzioni considerati custodi della morale e dei diritti dei più deboli, svelando una profonda ipocrisia sistemica.

Spesso le peggiori speculazioni avvengono proprio laddove esiste un problema reale (e con esso forti motivazioni a impegnarsi per risolverlo), molte volte sono coinvolte persone che dovrebbero difendere i poveri/deboli.

Sull'argomento sono già stati scritti fiumi di parole. Di recente ad esempio il libro Sociability di Francesco Oggiano, racconta come molte aziende investano nel "whashing" per lavare la propria immagine pubblica.

Mentre la percezione della corruzione e dell'ipocrisia sembra ovvia per le generazioni più anziane, i più giovani spesso hanno una visione parzialmente idealizzata del mondo. Nel periodo di transizione tecnologica che stiamo attraversando le generazioni più anziane si trovano ad essere spesso meno scolarizzate delle precedenti e hanno magari maggiori difficoltà ad utilizzare gli strumenti resi disponibili da pc, internet, smartphone e AI. Questo fattore a mio avviso può contribuire a spiegare l'apparente arroganza dei più giovani. Se da un lato infatti questa tendenza potrebbe essere universale (già Platone si lamentava che i giovani fossero poco attenti e troppo ribellini e alcuni importanti psicologi hanno visto nella ribellione verso i genitori un passaggio obbligato della crescita), quando si cerca di informarli su queste realtà, spesso si incontra un atteggiamento di scherno o arroganza da parte loro. La loro reazione, a volte di scherno o arroganza, non è tanto un segno di disprezzo quanto una manifestazione di disorientamento di fronte alla complessità di un sistema che sembra irrimediabilmente viziato.

Nel contesto di queste riflessioni, appare evidente che il dibattito politico e sociale sia intriso di dualismi e semplificazioni. La sinistra contro la destra, il progressismo contro il conservatorismo, l'accoglienza incondizionata contro il rifiuto totale dell'altro. Queste dicotomie, tuttavia, spesso nascondono una realtà più complessa e interconnessa, dove le scelte non sono mai completamente bianche o nere, ma sfumature di grigio che richiedono un'analisi attenta e critica.

Il caso del DDL Zan in Italia, ad esempio, mette in luce come la politica possa diventare uno strumento di polarizzazione piuttosto che di dialogo, con ogni parte che sfrutta le battaglie ideologiche per fini elettorali piuttosto che per il progresso della società. Allo stesso modo, le narrazioni che circondano l'immigrazione, la gestione dell'assistenza sociale e le reazioni di paura o ostilità verso l'altro rivelano una profonda necessità di comprendere meglio le complesse dinamiche in gioco.

Affrontando questi temi, il discorso si allarga per includere le strategie di manipolazione mediatica, evidenziate in modo preoccupante dalla teoria dello "Shock Economy" di Naomi Klein e dalle tattiche propagandistiche di figure storiche come Goebbels. In questo panorama, movimenti come i "woke", nati con l'intento di promuovere una maggiore consapevolezza sociale, sembrano aver perso il loro significato originario, trasformandosi in strumenti di ulteriore polarizzazione.

Voglio riallacciarmi qui: Riflessioni su legittimazione della paura e pandemia


Nota: qui mi sono mangiato un link alla discussione fb, forse serviva per capire come contestualizzare il pezzo sotto?

Risposta di A121[modifica | modifica sorgente]

Bisognerebbe leggere il libro per capire le argomentazioni, le prove e la logica dietro al pensiero, basandosi su quelle poche righe è difficile esprimersi: sicuramente ci sono state politiche neoliberiste nel mondo anglosassone (USA sotto Reagan, UK sotto Thatcher) che hanno avuto effetti negativi e non hanno portato gli effetti positivi sperati (sull'argomento, Paul Krugman fa nel suo MasterClass analisi quantitative molto interessanti, in cui dimostra che il taglio delle tasse di Reagan non ha avuto effetti positivi sull'economia). Sicuramente queste politiche neoliberiste sono state incentivate da gruppi di potere interessate ad un guadagno personale. Detto ciò, sono fenomeni che non interessano l'Italia, che di liberismo ne ha visto molto poco, essendo un Paese ad alta tassazione, conservatore e corporativista (farmacie, notari, ordini di ingegneria e architettura, ecc)

Altra parte da integrare[modifica | modifica sorgente]

  1. Climate Change Activism