Ipocrisia, whashing, proforma, attivismo performativo

Da Tematiche di genere.
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Copertina dell'album dei Marracash - Noi-loro-gli-altri, copyright dei legittimi proprietari

Marracash ha trattato il tema dell'Attivismo e social in un brano dell'album Noi, loro, gli altri. Il titolo del disco «racconta il momento: siamo una società frammentata, divisa in squadre e fazioni, ognuna con la sua verità. Si rivendica il diritto all’identità, e nei casi di quella sessuale ad esempio lo trovo giustissimo, e allo stesso tempo si perde la visione d’insieme».[1]

Katie Perry criticata per essersi vestita da Geisha in un concerto

La canzone parla della censura e dell'indignazione fatta in nome del "politicamente corretto" sottolineando le contraddizioni di chi qualche anno prima si era battuto per la libertà di espressione di Charlie Hebdo[2] e oggi fa shitstorm in rete se si usa la parola o il pronome sbagliato. Parla delle accuse (non sempre molto condivisibili) di appropriazione culturale («indica l'adozione di elementi di una cultura da parte dei membri di una cultura dominante. È considerata irrispettosa e costituirebbe una forma di oppressione e di spoliazione»).

Critica quelle che considera battaglie di posizionamento (ndr. intende guerre di posizione e logoramento?), poi prende di mira gli eccessi dell'Identity politics (o politica identitaria ovvero quella visione politica del mondo - sviluppatasi parecchio nei campus americani - come una lotta continua tra gruppi identitari (in base al sesso, genere, orientamento sessuale, razza) e teorizza una divisione netta tra oppressori e oppressi. Vedi anche i bias sull'identità in psicologia.

La canzone parla anche di ipocrisia, rumore di fondo e proteste monetizzabili. La parte "Oggi che possiamo rivendicare di essere bianchi, neri, gialli, verdi / O di essere cis, gay, bi, trans o non avere un genere / Non possiamo ancora essere poveri / Perché tutto è inclusivo a parte i posti esclusivi, no?" e in particolare l'ultima frase ricorda molto la riflessione che pone Guia Soncini nel suo libro L'era della suscettibilità quando sostiene che sembra quasi esistere una gerarchia di identità "oppresse", ma che la classe sociale o l'essere poveri non vi rientrano (vedi nota[3]).

Il senso dell'ultima frase della canzone è che siamo talmente presi a lottare per il nostro singolo gruppo identitario (vedi teoria dei gruppi e dell'identità sociale in psicologia) che sembriamo aver smarrito una visione di gruppo.

Dio mi salvi dalle commedie, dai cosplayer

Da chi sposa la causa solo quando gli conviene (Ah)

Da politici sempre più simili ad influencer (Uh)

Finché non candideranno loro direttamente (Ah)

Da femministe suprematiste VS

Le teorie degli incel, la lotta di gender (Di gender)

Da polemiche su attori e doppiatori

Che per darti i ruoli devono sapere con chi scopi

Dalla F-word, la N-word

Che non cancellano il concetto, le shitstorm

Politicamente corretto, sì, però

Com'è che prima erano tutti Charlie Hebdo? (Charlie Hebdo)

Dio ci salvi dall’ipocrisia

Dal rumore di fondo

E da chi sceglie solo le proteste monetizzabili, mhm

Noi, loro e gli altri

Da cosa ti sei vestito oggi?

Oggi che possiamo rivendicare di essere bianchi, neri, gialli, verdi

O di essere cis, gay, bi, trans o non avere un genere

Non possiamo ancora essere poveri

Perché tutto è inclusivo a parte i posti esclusivi, no?

Oggi che tutti lottiamo così tanto per difendere le nostre identità

Abbiamo perso di vista quella collettiva

L’abbiamo frammentata

Noi, loro e gli altri

Argomenti collegati[modifica | modifica sorgente]

Note[modifica | modifica sorgente]

  1. Andrea Laffranchi, Marracash presenta il nuovo album «Noi, loro, gli altri»: «Racconto questa società frammentata. E la fine della relazione con Elodie», su corriere.it, Corriere della Sera, 19 novembre 2021. URL consultato il 19 novembre 2021.
  2. Charlie Hebdo: nel 2015 due terroristi dell'isis fecero una strage nella relazone di Charlie Hebdo, giornale dalla satira molto, molto, spinta. In seguito agli attentati, sui social divenne virale l'hashtag di solidarietà #JesuisCharliehebdo
  3. «Edward Enninful ha quarantotto anni, è nero, è gay, è nato in Ghana. [...] direttore dell’edizione inglese di Vogue. A luglio del 2020, un poverocristo della sorveglianza [...], uno cui la vita non ha concesso i mezzi e il privilegio di riconoscere gli abiti costosi e i ruoli che se ne possono intuire, lo scambia per un fattorino, e gli dice di usare l’ascensore di servizio. Scandalo, discriminazione, indignazione. Poiché, come dicevo qualche pagina fa, nell’identitarismo postmoderno tutto conta tranne la classe sociale, in quanto nero Enninful è «vittima di profilazione razziale», e l’orrido vigilante razzista va licenziato: tutti gli articoli di quei giorni concordano, e nessuno nota che, se si guarda alle gerarchie con più realismo e meno ubriachezza di postmodernismo, Enninful è un uomo di potere e quell’altro è uno il cui stipendio sì e no basterà a fargli pagare un affitto londinese. Poiché l’inesistenza delle classi sociali è una delle più ridicole finzioni di questo tempo, sotto al post con cui Enninful racconta questa gravissima discriminazione, su Instagram, ci sono commenti indignati di tutta la meglio miliardaritudine del mondo della moda. Se sei un uomo di potere nel mondo della moda, è fisiologico che frequenterai modelle, stilisti, celebrità multimilionarie assortite assai più di quanto t’accada di frequentare tassisti e pizzaioli. Ma ciò non farà di te un soggetto forte, per carità: in-quanto-milionario vale meno, sulla scala delle suscettibilità, di in-quanto-nero e in-quanto-gay. Mentre licenziano il vigilante distratto, la vittima è quello che ha passato una vita dirigendo giornali. Sei mesi dopo, Enninful viene nominato direttore editoriale di tutti i Vogue europei (in quanto nero? In quanto gay? In quanto traumatizzato dalla profilazione? L’ottimista in me vuole credere: in quanto capace). Del vigilante non si sono più avute notizie; difficile abbia trovato un nuovo lavoro, in quanto ormai ufficialmente razzista: speriamo abbia almeno ottenuto un sussidio di disoccupazione.» Soncini, Guia. L'era della suscettibilità (Italian Edition) . Marsilio.