Il concetto di gogna mediatica identifica l'esposizione al pubblico disprezzo che colpisce personaggi messi al centro dell’attenzione dai mezzi di informazione, per via di reati soltanto ipotizzati o non sanzionati da una sentenza di tribunale[1]. Si tratta di una dinamica molto recente e in rapida diffusione, soprattutto grazie ai social network, diventati terreno di battaglia per personaggi famosi e non; spesso si configura come una condanna al presunto colpevole senza alcun processo, fuori dal perimetro delle aule giudiziarie, dai suoi princìpi e dalle sue regole, consegnando l’accertamento delle responsabilità all’opinione pubblica e ai presunti elementi di cui si è a disposizione.

Nel corso degli ultimi decenni abbiamo assistito a come gran parte dei protagonisti del mondo politico abbia imparato e messo in pratica delle tecniche di propaganda in campagna elettorale, tra cui appunto sottoporre a gogna mediatica determinate figure, che si basano sulla costruzione ad hoc di un clima violento e giustizialista in modo da ottenere consensi.

Tutto questo con la consapevolezza - o forse no - che sfruttando queste tecniche di negativo accanimento mediatico, in molti casi si spinge la vittima, spesso inerte e incapace di poter ribattere, ad una sofferenza fisica e psicologica che può arrivare fino al suicidio.

Vedi anche

  • Sociability di Francesco Oggiano parla estesamente dell'argomento: nel libro analizza l'uso dei social media come strumento per il linciaggio pubblico e la condanna senza processo. Fa riferimento alla pratica storica della gogna pubblica, descritta dallo scrittore Daniel Defoe nel XVIII secolo, e la confronta con l'attuale fenomeno delle gogne sui social. Si evidenzia come la gogna fosse considerata barbarica e dannosa per la vita futura del condannato, portando alla sua abolizione. Tuttavia, sui social, si rischia di introdurre un nuovo sistema senza processo, in cui prevale solo la condanna pubblica. Si sottolinea l'importanza di ispirarsi ai principi del diritto di procedura penale, come regole uguali per tutti, diritto alla difesa e presunzione d'innocenza. Si evidenzia che sulle piattaforme digitali spesso mancano regole chiare e uguali per tutti, e si tende a credere acriticamente alle parole dell'accusatore senza dare opportunità di replica all'accusato. Si sottolinea la necessità di rispettare il principio di presunzione d'innocenza e di valutare le diverse fonti e versioni dei fatti prima di partecipare al linciaggio pubblico. Si riportano vari esempi tra cui il caso del regista Fausto Brizzi come esempio di come la presunzione di colpevolezza possa danneggiare la vita di una persona senza un processo adeguato.
  • Giustizialismo oggi e nel 1600 - Il testo esplora la persistenza di certi atteggiamenti nella società, dall'epoca storica raccontata da Alessandro Manzoni ne I Promessi Sposi (1600) fino ai tempi moderni. L'assoggettamento alla vendetta, al giustizialismo, e alla folla dominata dall'emotività piuttosto che dalla ragione. Manzoni porta come esempi la caccia agli untori durante la peste del 1630 a Milano (episodio della Colonna Infame) e l'episodio del Pane. Si osserva la tendenza a cercare capri espiatori piuttosto che affrontare i problemi di fondo, l'inasprimento delle leggi come soluzione apparente e l'effetto divisorio che emerge quando si affrontano veramente i problemi. Interessante anche confrontare queste dinamiche con la teoria del "divide et impera" e la metafora dei capponi di Renzo ne "I Promessi Sposi". Qui vengono spiegati più in dettaglio gli episodi[2].
  • Panico morale e Diavoli popolari - "Panico morale e Demoni popolari" è un libro di sociologia scritto da Stanley Cohen, in cui introduce i concetti di "panico morale" e "demoni popolari", fenomeni sociali che riguardano la reazione emotiva e sproporzionata della società verso individui o gruppi considerati una minaccia ai suoi valori e interessi. L'autore esamina il ruolo dei media in queste dinamiche, usando come esempio le rivolte tra le subculture dei Mods e Rockers negli anni '60 nel Regno Unito. Il panico morale si riferisce a un episodio di panico o preoccupazione collettiva che è amplificato e distorto dai media o da altri attori sociali. Questi episodi di panico collettivo ingiustificato possono derivare da una esposizione sproporzionata di un fenomeno reale o fittizio, portando a reazioni esagerate nei confronti del gruppo o fenomeno in questione. I "demoni popolari" sono individui o gruppi ritratti come devianti e accusati di vari crimini, diventando l'oggetto di campagne di ostilità che si intensificano in movimenti di massa chiamati "panico morale". Questi demoni popolari sono spesso usati come capri espiatori, incarnando i problemi della comunità.

Gogna pubblica prima dei social

La gogna pubblica è un fenomeno che esiste da molto tempo prima dei social media. Ad esempio, in passato c'erano le lettere scarlatte e le gogne pubbliche[3]. Tuttavia, con l'avvento dei social media, la gogna pubblica ha acquisito una nuova dimensione e può avere conseguenze gravi e durature per le persone coinvolte[3].

La gogna pubblica è un abominio, ma non penso che sia mai stata davvero “abolita”, basta pensare al caso Tortora, lo “sbatti il mostro in prima pagina” non è mai passato di modo. I Radicali hanno proprio un’associazione a lui dedicata (“associazione Enzo Tortora”) che si occupa di combattere questi fenomeni di inciviltà, dossieraggio/killeraggio sia politico che umano (vedi anche il libro Comunicazione e Potere di Manuel Castells[4]).

In Italia possiamo essere tutti “colpevoli fino a prova contraria” da un giorno all’altro, non esiste nella pratica la presunzione d’innocenza.

In Cina la gogna pubblica è addirittura uno strumento di controllo sociale: in alcune città ci sono schermi nelle piazze dove vengono mostrate le facce di chi commette violazioni del codice della strada e simili. I regolamenti di conti interni al partito o tra partito e società civile vengono risolti con accuse di “corruzione” o crimini inventati, che poi vengono riportati dai media per giustificare processi contro le persone sgradite. Come successo a Jack Ma e vari altri imprenditori non allineati, oppure delle migliaia di condanne a morte che avvengono in Cina ogni anno.

Controverso: Conclusioni

 
"Se una cosa esterna ti tormenta, non soffri per quella cosa in sé, ma per il giudizio che hai su di essa." -Marco Aurelio

Risulta quindi utopico riuscire ad uniformare o personalizzare le condanne in base al grado di sensibilità della persona sul tema, ancor di più nei casi in cui non vi è neanche certezza di fatti e prove (vedi il processo a Ciro Grillo[5], figlio di Beppe) o nei casi di falsa denuncia (che purtroppo in determinati contesti, come quello delle separazioni, sono la norma[6]). Inoltre, la legge non mira a punire il colpevole per lo spavento causato, bensì perché ha volontariamente violato il diritto di lei a controllare le zone erogene e personali del proprio corpo; diventa pertanto impossibile inserire nel contesto processuale un elemento estremamente soggettivo come la traumaticità, cardine fondamentale di una delle battute della conversazione:

«Se ci riferiamo, ad esempio, alla Terapia Cognitiva, assumiamo che gli stati emotivi e comportamentali di una persona non siano determinati dagli eventi in sé, quanto piuttosto dal modo in cui la persona interpreta soggettivamente la situazione e quindi dai propri convincimenti e dalle proprie credenze. Alla luce di questo assunto, se analizziamo le credenze, avremo la spiegazione del perché un individuo si è comportato in un determinato modo in una data circostanza».

Ricollegandomi e chiudendo con il tema della gogna mediatica, senza dubbio la formazione di un generalizzato giudizio di colpevolezza ampiamente condiviso dalla platea va a causare evidenti storture sul corretto accertamento della verità giudiziaria che, in uno stato di diritto, deve essere di esclusiva competenza di un equo processo regolato da norme.

I processi mediatici emettono spesso e volentieri le loro "sentenze" in tempi molto più rapidi di quelli della giustizia, producendo inevitabilmente immediati effetti sociali ed economici, con conseguenze anche devastanti sulla vita sociale, sul mondo degli affetti, sulla cerchia professionale del colpevole mediatico, che possono destabilizzare perfino la salute psichica della persona. In casi del genere, l'immaginario collettivo risulta indelebilmente segnato dalle impressioni generate nella vicenda mediatica e spesso l'opinione pubblica può condizionare l'espressione di giudizio degli organi di giustizia, motivi per cui questa pratica attualmente rappresenta una vera e propria piaga del sistema mediatico italiano.

Le risorse cognitive umane sono limitate e di conseguenza non possiamo evitare di semplificare, e di conseguenza distorcere, la realtà.

Note