Donne tra famiglia e lavoro

Da Tematiche di genere.
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Cultura patriarcale? E se fosse una versione un po' "edulcorata" della storia?[modifica | modifica sorgente]

Testimonianza di una donna (psicologa) scrive: [serbia, iugoslavia][modifica | modifica sorgente]

Io credo, per il mio vissuto, che si tratti di una questione puramente sociale. Sono nata è cresciuta nell'ex Yugoslavia, dove tutte le donne lavoravano non c'era disparità economica. Le donne sono sempre state quelle che si occupavano della casa, ma soprattutto prendevano le grandi decisioniArrivata in Italia, ho visto la società ribaltata. Mia suocera e le mamme delle mie amiche non avevano mai lavorato. La loro missione nella vita era quella di far felici gli altri. Non si erano mai interrogate su cosa potrebbero essere diventate se ne avessero avuto l'occasione (libertà). Ultima cosa:il senso di colpa deriva spesso dalla religione cristiana, per quello è così presente in Italia. In Croazia, è davvero difficile che qualcuno la nomini mai. Si hanno altre fisse...(come ad es. l'offesa).

Commento[modifica | modifica sorgente]

Io sono convinto che la narrazione della storia venga spesso distorta per non ferire le proprie emozioni. Un po' come si dice che la storia è scritta dai vincitori allo stesso modo sarebbe abbastanza amaro per una donna italiana ammettere la propria responsabilità nell'essersi lasciata manipolare dalla chiesa e il non aver - insistito? voluto? - lavorare. Per cui la narrazione diventa: "la cultura patriarcale ha soggiogato tutte le donne". Tuttavia se guardiamo i fenomeni che accadono oggi.. le donne sono consenzienti a fenomeni che ne penalizzano l'autostima (ad esempio l'investimento ossessivo sulla bellezza). Tanto che non si parla più di oggettivazione della donna (da parte di terzi), bensì di auto-oggettivazione e narcisismo.

E poi adoro una frase di Bärbel Wardetzki: «la polarizzazione vittima/carnefici è sempre irrealistica e falsa»

Commento rivisto[modifica | modifica sorgente]

La testimonianza della psicologa riflette la sua esperienza personale nell'ex Yugoslavia e in Italia, evidenziando l'assenza di disparità economica tra uomini e donne e il ruolo attivo svolto dalle donne nella società yugoslava. Tuttavia, il suo trasferimento in Italia ha rivelato un cambiamento in cui le donne erano spesso dedite a fare felici gli altri senza aver avuto esperienze lavorative, con un possibile influsso del senso di colpa derivante dalla religione cristiana.

Questa testimonianza mette in discussione la narrazione femminista della società italiana, aprendo alla possibilità che le donne stesse abbiano avuto una certa responsabilità nella loro situazione, proprio come si verifica oggi relativamente alle problematiche di auto-oggettificazione (vedi tutto ciò che ruota attorno all'investimento eccessivo nella bellezza e alla sessualizzazione).

Inoltre, una riflessione sul concetto di "carico mentale" suggerisce che le lamentele delle donne, pur rimanendo identiche nella forma, potrebbero aver cambiato valore semantico: in un contesto in cui gli uomini lavoravano mentre le donne accudivano i figli, aavevano un maggiore potere economico, ma spesso non riconoscevano l'impegno delle donne nelle faccende domestiche. Tuttavia, va sottolineato che tale equilibrio familiare non era necessariamente funzionale, poiché alcune testimonianze dell'epoca evidenziano un certo vittimismo utilizzato come strumento di autodifesa femminile per ottenere riconoscimento. Oggi, potremmo osservare una superazione di questo equilibrio, con una tendenza a un'adolescenza prolungata e figli iperprotetti e viziati.

In conclusione, è fondamentale riconoscere la complessità dei temi legati alla storia e alle dinamiche di genere. È necessario adottare un approccio critico e aperto al dibattito al fine di comprendere le diverse interpretazioni e sfumature delle esperienze individuali.

Carico mentale[modifica | modifica sorgente]