Articolo critico di Travaglio sulla sinistra dopo il Qatargate

Da Tematiche di genere.
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A pochi giorni dallo scandalo Qatargate e a breve distanza di quello che colpì Soumahoro, Travaglio sul Fatto Quotidiano firma l'articolo: "Furti a fin di bene"[1]


Ora che finalmente la sinistra riparla di questione morale, nessuno sa più cosa sia.

C’è chi la confonde con quella penale, che ne è solo una mini-porzione. E chi la scambia per moralismo, o giustizialismo, o populismo, o pauperismo.

Eppure la spiega in due righe l’articolo 54 della Costituzione: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”.

Nella famosa intervista del 1981 a Scalfari, Enrico Berlinguer non parlava di tangenti, ma dell’occupazione partitocratica di tutti i gangli della società per arraffare soldi pubblici.

Una lezione di senso dello Stato e di rispetto sacrale per il denaro dei cittadini. Poi Tangentopoli si mangiò i partiti di governo e fece impazzire l’unico – il Pci-Pds-Ds-Pd – sopravvissuto all’ecatombe (non per innocenza, ma per la tenuta stagna di Greganti&C.).

Anziché far pulizia di uomini e idee, imboccò la scorciatoia più comoda ed esiziale: i suoi erano meno ladri degli altri. Rubavano per il partito (bella consolazione: un partito che si regge sui furti). E rubavano meno di Craxi e B..

L’autoassoluzione della sinistra affarista si saldò con l’impunitarismo berlusconiano[2]. Il centrosinistra non abolì una sola legge-vergogna di B. (lo fece poi il vituperato Bonafede, Movimento 5 Stelle). Ogni suo scandalo fu archiviato, nel migliore dei casi, con un’alzata di spalle e, nel peggiore, con campagne forsennate anti-giudici (la Forleo, per aver intercettato i furbetti del quartierino e i loro compari dell’Unipol e di Ds, fu linciata per mesi).

I “compagni che sbagliano” lavoravano comunque per la Causa, anzi per la “Ditta”: le coop rosse, le banche e le assicurazioni amiche, il sindacato, le municipalizzate e gli altri posti pubblici per sistemare i trombati, l’accoglienza dei migranti.

I quali – spiegò Salvatore Buzzi, intercettato – “[gli immigrati] rendono più della droga”[3]. Ne sa qualcosa Mimmo Lucano che, a furia di accoglierli a Riace, iniziò a confondere i fondi statali per i migranti col bilancio familiare e divenne il Cetto La Qualunque della sinistra (i viaggi della vorace compagna, la scuola della figlia, la bella vita della sua cricca).

Ne sanno qualcosa Soumahoro e signore. Tutti circondati dall’affettuosa indulgenza del “poverino, non è come quelli di destra: lui l’ha fatto a fin di bene”.

Ci si scorda persino di chiedere alla Cirinnà da dove vengono i 24 mila euro nella cuccia del cane, perché è tanto brava e ha fatto le unioni civili.

Poi un giorno, dopo nove mesi passati a cercare qualcuno pagato da Putin e tre settimane a tuonare contro il tetto al contante della Meloni, arriva un pm belga e trova l’ex segretario della Camera del Lavoro di Milano con le banconote che gli escono pure dalle orecchie.

Soldi pubblici? Sì, ma del Qatar. E tutti cadono dal pero. Anzi, dal tetto.

Note[modifica | modifica sorgente]

  1. Prima pagina de Il fatto quotidiano del 14 Dicembre 2022, link
  2. Vedi anche Berlusconismo
  3. Mafia Capitale, Buzzi intercettato: “Lo sai che gli immigrati rendono più della droga”“Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati?”, dice Salvatore Buzzi (il presidente della Cooperativa 29 giugno, finito ieri in carcere perché in affari con la banda di Massimo Carminati) al telefono in un’intercettazione dei Ros. “Non c’ho idea”, risponde l’interlocutrice. “Il traffico di droga rende di meno“, spiega lui. L’affare dei centri di accoglienza per rifugiati e immigrati è, secondo la Procura di Roma, garantito dall’ex vicecapo di gabinetto all’epoca dell’amministrazione Veltroni, Luca Odevaine, descritto nell’ordinanza come “un signore che attraversa, in senso verticale e orizzontale, tutte le amministrazioni pubbliche più significative nel settore dell’emergenza immigrati”