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Riassunto tesi Tra antifemminismo e antisessismo. Come cambia l'attivismo per i diritti maschili in Italia
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== '''Conclusioni''' == Il primo dato che emerge dall’analisi delle interviste è che la maggior parte degli intervistati non si definiscono effettivamente ''attivisti'', sia poiché non partecipano offline a manifestazioni o dibattiti pubblici, sia perché la parola ''attivismo'', probabilmente, rimanda ad una differente forma di investimento di risorse, tempo e consapevolezza maggiore in azioni concrete. Tuttavia, c’è chi si espone maggiormente riguardo a questi temi e prende posizione anche sui profili social personali oltre che nelle pagine MRA, come avviene nel caso del ragazzo che lavora per il centro Perseo o il ragazzo che collabora con Fabrizio Marchi, candidato consigliere comunale, come indipendente, alle elezioni amministrative di Roma 2021 nel Partito Comunista Allo stesso modo, è interessante notare come, sebbene la descrizione della pagina presa in esame parli esplicitamente di gruppo MRA, quasi tutti si distanziano da questo termine poiché porta con sé una serie di pregiudizi. In generale, preferiscono il termine ''antisessista'', il quale, a loro modo di vedere, serve ad evitare di focalizzare il tema della rivendicazione dei diritti solo sugli uomini, ma di estenderlo anche donne e alle persone appartenenti alla comunità LGBTQ. Il termine ''antisessista'' ha una connotazione maggiormente progressista – molti di loro dichiarano di appartenere all’area politica della sinistra – che gli consente di prendere le distanze rispetto agli ambienti conservatori della manosphere americana, che ha sostenuto la politica di Trump. Nonostante la maggioranza degli intervistati si dichiara antifemminista, si nota come non ci sia poi tanto interesse a conoscere i fondamenti teorici del femminismo, sebbene alcuni di loro frequentino pagine femministe e si informino sui temi di genere che circolano qui. Gli elementi che vengono maggiormente contestati al femminismo riguardano l’origine del termine che ha la radice in “femmina”, che lotta contro il patriarcato, termine che deriva da “padre” e quindi “uomo”; la colpevolizzazione del genere maschile che viene costantemente attaccato e denigrazione (''male-bashing''). In particolare, i media sono fortemente criticati per il fatto che le vittime maschili non vengano messe in luce e che persino le grandi istituzioni tendano ad oscurare l’altro lato della medaglia. Sebbene la critica al femminismo sia forte e spesso radicale, non si può dire che vengano abbracciate retoriche estremiste come quelle Incel o Redpill. La teoria Redpill viene criticata per la sua misoginia intrinseca e per la tendenza ad essere applicata solo per il sesso femminile, quando anche quello maschile si interessa di bellezza e status; diverso, invece, è l’approccio verso gli Incel: molti di loro considerano quella degli Incel una condizione psicologica, una sofferenza individuale verso cui occorre mostrare comprensione. Nonostante ciò, nessuno di loro approva la specifica visione del mondo e la terminologia usata dagli Incel, così come tutte le soluzioni che essi propongono per uscire dalla propria condizione di disagio. I risultati della nostra ricerca ci dimostrano che gli uomini si avvicinano alla cultura MRA perché non si sentono rappresentati in questa società in profondo cambiamento. Se le donne hanno trovato dei punti di riferimento su cui unirsi per lottare ed ottenere un miglioramento delle proprie condizioni di vita, così non è per gli uomini, i quali si trovano ancora ad uno stato embrionale della loro metamorfosi, e per questo la loro lotta rimane confusa e poco focalizzata, spesso limitandosi alla lamentela dietro ad uno schermo. Difatti, quello che purtroppo molto spesso emerge nei loro discorsi è una certa tendenza al vittimismo, che non solo li rende meno credibili, ma alimenta la sensazione che si stiano lamentando per questioni di poca importanza. Una lettura superficiale dell’universo MRA sembra confermarci quello che tante ricerche provenienti dal contesto angloamericano sostengono. In realtà, conoscendo a tu per tu i componenti dei gruppi MRA da me intervistati, sentendo le loro storie e confidenze, si comprende come il loro sia un disagio reale. Molti di questi sono uomini sono stati testimoni o hanno sperimentato davvero il dolore diretto risultante dalle pressioni esercitate su di loro dagli stereotipi maschili - la pressione per non apparire deboli, la pressione per essere forti, per essere un “macho”. Molti raccontano dei propri rapporti difficili con i genitori, di situazioni lavorative precarie, delle proprie insicurezze relazionali o, in generale, dell’incapacità di trovare un proprio posto nel mondo. Questi uomini hanno probabilmente passato più tempo a riflettere sulle dinamiche di genere che la maggior parte degli altri uomini. Lo dimostra il fatto 53 che molti di loro sembrano genuinamente preoccupati dell'uguaglianza di genere e l’avversione al femminismo è spesso un mero un capro espiatorio per dar sostanza al proprio sconforto. A mio parere è necessario approfondire la conoscenza di questa parte della società, che non sente di essere privilegiata, ma che avverte come le proprie sue necessità sono oscurate dall’attenzione che viene data alle problematiche che affliggono il sesso femminile. L’auspicio è che se entrambi i sessi avvertono una forte sensazione di disagio, non si sentono tutelati e capiti, forse il problema è comune ad entrambi. Più che sfociare in una guerra di genere, si dovrebbe allora dar vita ad una alleanza che si rivolga a combattere chi ha effettivamente il potere, il privilegio e le modalità per intervenire con politiche di eguaglianza sociale per tutti.
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