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Riassunto studio sulla rappresentazione dei femminicidi
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=== Terzo atto === Nel terzo atto l’autrice pone l’accento sulle <u>“vittime per bene e per male”</u>. Anche l’iconografia che rappresenta le vittime di violenza le rende figure stereotipate: donne giovani che si coprono il volto con le mani, nascoste in un angolo tra le mura domestiche. <blockquote>“Sbagliato” asserisce l’autrice “perché purtroppo le statistiche ci dicono che la violenza sulle donne è trasversale per età e ceto”.</blockquote>Questo ritratto della paura avrebbe mai il coraggio di denunciare? Nelle immagini compare una parte del corpo scoperta, sinonimo di violabilità del corpo femminile, ma soprattutto i capelli arruffati e scompigliati, segno di sessualità e trasgressione. Altro elemento inquietante è caratterizzato dalla prospettiva con cui l’osservatore guarda la donna, che è la stessa del carnefice. Come si fa, chiede l’autrice, a far uscire le donne dal ruolo di vittime se si continuano a rappresentare in questo modo? E ancora, chiede Cristina, : “perché si sceglie di denunciare la violenza con immagini che la esprimono?”. [[File:Image5436456456745.png|nessuno|miniatura|856x856px|Immagine presa dallo studio]] <blockquote>Per non parlare della <u>“glamourizzazione e estetizzazione”: una patina da copertina associata a donne martoriate ha un gusto macabro.</u></blockquote> [[File:Image54364564567453.png|nessuno|riquadrato|Immagine presa dallo studio]] Irrapresentabilità del maschile Ancora, altro dato iconografico da rilevare è l’assenza dell’aggressore, come se fosse un affare solo femminile che quindi deresponsabilizza l’uomo, tranne nei casi in cui si tratti di uno straniero, rinsaldando il legame tra criminalità e immigrazione. Emblematico è il caso di [https://g.co/kgs/6cd5qS Hiina Saalem], uccisa dal padre: si condanna la religione oscurantista e misogina, <u>idealizzando quindi la superiorità e la libertà occidentale in cui ci sono gli “uomini buoni”</u>. [[File:Image5436456456746.png|nessuno|miniatura|668x668px]]
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