Modifica di Paura di scontentare il pubblico e conformismo
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{{Torna a|Sociability di Francesco Oggiano}} | {{Torna a|Sociability di Francesco Oggiano}}La tentazione umanissima di scrivere esclusivamente per compiacere il pubblico, per conquistare il suo like, la sua condivisione. | ||
Faccio questo mestiere da più di dieci anni, nel corso dei quali ho sentito e vissuto ogni tanto pressioni di ogni tipo. Nuovi mezzi di comunicazione se da un lato promettono di “liberare” i giornalisti da pressioni di terzi, dall’altra rischiano di limitarli tramite una forma di condizionamento più subdola, e quindi pericolosissima: il pubblico.<blockquote>Pensateci: non è mai capitato anche a voi di pubblicare contenuti sul vostro profilo personale all’esclusivo scopo di ottenere like, nonostante in cuor vostro foste dubbiosi sulla reale validità e [[onestà intellettuale]] di quel contenuto? ''Magari era una polemica che non avevate approfondito, magari un personaggio finito in una shitstorm. Volevate solo aggiungere la vostra battutina, dare il vostro piccolo contributo: per sentirvi parte di un gruppo, ricevere approvazione, instaurare nuove relazioni o consolidarne di vecchie.''</blockquote>Moltiplicate questi istinti umanissimi per quattrocento, uniteli in uno stesso posto (una redazione) e avrete uno dei più drammatici atti d’accusa al rapporto tra giornalismo e social del nuovo millennio: | |||
===Il rischio del conformismo social è doppio.=== | |||
Da una parte rischiamo di avere redazioni e personalità (giornalisti, intellettuali, autori, creator) sempre più piacioni, smaniosi di assecondare e confermare visioni del mondo di persone sempre più suscettibili, anziché di raccontare i fatti e offrire analisi che mettano in difficoltà e sovvertano il nostro modo di pensare. | |||
Dall’altra, di avere appaltata una contronarrazione esclusivamente a figure più o meno “punk”, più o meno antisistema, e in rotta con il sistema da cui denunciano di essere stati censurati. In rete c’è chi parla addirittura di ''intellectual dark web'': è quella parte di rete (così battezzata in un’inchiesta del «New York Times») che ospita contenuti audio/video di pensatori considerati “non allineati al pensiero dominante”. | |||
Si tratta di una ventina di giornalisti, psicologi, filosofi che grazie a piattaforme come YouTube e Spotify si sono ritrovati a essere gli intellettuali più influenti al mondo, punto di riferimento educativo per milioni di ragazzi e ragazze occidentali. Tra i più famosi: | |||
*lo psicologo canadese Jordan Peterson | |||
*il polemista conservatore Ben Shapiro | |||
*le femministe Camille Paglia e Christina Hoff Sommers | |||
*il commentatore politico Dave Rubin | |||
*la scrittrice e attivista Ayaan Hirsi Ali. | |||
Tutti hanno pensieri considerati non in linea, fieri sostenitori della libertà intellettuale personale, e perciò feroci avversari di cose che secondo loro la stanno minacciando. | |||
In mezzo, tra i conformisti e i pensatori “punk”, tra due estremi che non fanno una moderazione, ci sono molti altri: quelli che rischiano di arrendersi all’autocensura. | |||
C’è come questa paura nell’epoca del giornalismo social, che vi confesso ho avuto più volte anch’io: scrivere qualcosa di “spiacevole”. Letteralmente: scrivere qualcosa che potrebbe non piacere ai lettori. Per paura di rovinare loro una storia perfetta, di sfumare i ruoli di eroi e antagonisti, di stoppare l’indignazione e conseguentemente perdere like, smarrire follower o, peggio, finire al centro di una shitstorm in rete. Ecco, penso sia questa la minaccia più grande alla vivacità intellettuale giornalistica: l’insicurezza. L’autocensura. Il narcisismo. | |||
Per la prima volta nella storia, siamo preoccupati non solo e non tanto dalla censura che potrebbe arrivare dall’alto (da un politico, un finanziere, un inserzionista) ma dalla '''censura dal basso'''. | |||
Siamo preoccupati non tanto di prendere una fake news, ma di finire col nostro nome e cognome in top hashtag di Twitter perché oggetto di una sollevazione digitale. O di finire nelle storie di qualche influencer particolarmente seguito che si è sentito offeso dalle nostre parole. Per aver detto qualcosa non approvato dalla maggioranza social. La tentazione per evitarlo è di ricorrere allo strumento di difesa più comodo e conveniente: la rinuncia alla complessità. | |||
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