Femminicidio, uso ambiguo del termine: differenze tra le versioni

Da Tematiche di genere.
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</div>La legislazione italiana non contempla una definizione di femminicidio in quanto tale, pertanto il numero di delitti accertati differisce a seconda del soggetto rilevatore e dei criteri di classificazione seguiti.
</div>La legislazione italiana non contempla una definizione di femminicidio in quanto tale, pertanto il numero di delitti accertati differisce a seconda del soggetto rilevatore e dei criteri di classificazione seguiti.
Le “vere” conseguenze dell’'''assenza di stabilità semantica''' si evidenziano maggiormente quando si valuta statisticamente la situazione di un Paese; in particolare, nel caso dei femminicidi i numeri sono estremamente ondivaghi, a causa della '''coesistenza di definizioni diverse''' che comporta, infatti, '''già in fase di raccolta dei dati''', dei problemi tutt’altro che trascurabili, giacché a seconda della definizione adottata dall’analista può determinare criteri differenti di inclusione o esclusione dal computo. A questo stesso proposito scriveva la docente di statistica sociale Domenica Fioredistella Iezzi, già nel 2013:<blockquote>"In Italy, there are no official data on femicide. Since 1923, Istat has carried out a survey on the “causes of death”, unfortunately, this survey has not recorded data on the authors of homicide. Since 1995, EURES has collected data on murders in Italy and integrated this information with DEA DB (database of the National Agency of Press–ANSA) and data from the Criminalpol. The EURES DB does not use a gender approach, but it is possible to obtain this information through crossing some variables in the EURES DB (Iezzi 2010). Since 2005, refuges have collected data on femicide in Italy, using only press information.</blockquote>Oggi, dati della '''rilevazione ISTAT 2013''' alla mano, la situazione appare ancora simile a quella descritta da Iezzi: i dati sono estratti dal database degli omicidi del Ministero dell’Interno (DCPC) e il fatto che il calcolo sia fornito sia includendo le '''92 vittime del naufragio di Lampedusa''' del 3 ottobre 2013, sia escludendole, lascia intendere che vigono ancora gli esiti di un imperfetto spoglio dei femminicidi imputabile, a giudizio di chi scrive, agli effetti della tuttora vigente provvisorietà definitoria di questa tipologia di crimine. Poiché, inoltre, in Italia, i dati ufficiali sulla mortalità non includono sistematicamente la natura della relazione tra omicida e vittima e la rilevazione dei dati è praticata con metodi differenti, il rapporto a tre tra società, media e repertorio linguistico della comunità italiana '''risulta''' '''non solo falsato ma neppure confrontabile con quello disponibile per altri paesi'''<ref>In Italy, as in other countries, official mortality data do not record the relationship between the victim and the perpetrator. In Italy, there are women’s shelters that provide temporary refuge for women escaping from violent or abusive situations, such as rape and domestic violence, and these shelters also collect data on femicide. Actually, data on this topic come from the web should be collected to gather new information and build a specific vocabulary, but unstructured data require more complex preprocessing to transform unstructured data into structured statistical information. Moreover, data could be encoded in many different ways that may result in significantly different outcomes (Iezzi 2013: 52-63)</ref>.
Le “vere” conseguenze dell’'''assenza di stabilità semantica''' si evidenziano maggiormente quando si valuta statisticamente la situazione di un Paese; in particolare, nel caso dei femminicidi i numeri sono estremamente ondivaghi, a causa della '''coesistenza di definizioni diverse''' che comporta, infatti, '''già in fase di raccolta dei dati''', dei problemi tutt’altro che trascurabili, giacché a seconda della definizione adottata dall’analista può determinare criteri differenti di inclusione o esclusione dal computo. A questo stesso proposito scriveva la docente di statistica sociale Domenica Fioredistella Iezzi, già nel 2013:<blockquote>"In Italy, there are no official data on femicide. Since 1923, Istat has carried out a survey on the “causes of death”, unfortunately, this survey has not recorded data on the authors of homicide. Since 1995, EURES has collected data on murders in Italy and integrated this information with DEA DB (database of the National Agency of Press–ANSA) and data from the Criminalpol. The EURES DB does not use a gender approach, but it is possible to obtain this information through crossing some variables in the EURES DB (Iezzi 2010). Since 2005, refuges have collected data on femicide in Italy, using only press information.</blockquote>Oggi, dati della '''rilevazione ISTAT 2013''' alla mano, la situazione appare ancora simile a quella descritta da Iezzi: i dati sono estratti dal database degli omicidi del Ministero dell’Interno (DCPC) e il fatto che il calcolo sia fornito sia includendo le '''92 vittime del naufragio di Lampedusa''' del 3 ottobre 2013, sia escludendole, lascia intendere che vigono ancora gli esiti di un imperfetto spoglio dei femminicidi imputabile, a giudizio di chi scrive, agli effetti della tuttora vigente provvisorietà definitoria di questa tipologia di crimine. Poiché, inoltre, in Italia, i dati ufficiali sulla mortalità non includono sistematicamente la natura della relazione tra omicida e vittima e la rilevazione dei dati è praticata con metodi differenti, il rapporto a tre tra società, media e repertorio linguistico della comunità italiana '''risulta''' '''non solo falsato ma neppure confrontabile con quello disponibile per altri paesi'''<ref>In Italy, as in other countries, official mortality data do not record the relationship between the victim and the perpetrator. In Italy, there are women’s shelters that provide temporary refuge for women escaping from violent or abusive situations, such as rape and domestic violence, and these shelters also collect data on femicide. Actually, data on this topic come from the web should be collected to gather new information and build a specific vocabulary, but unstructured data require more complex preprocessing to transform unstructured data into structured statistical information. Moreover, data could be encoded in many different ways that may result in significantly different outcomes (Iezzi 2013: 52-63)</ref>.
== Femminicidio e violenza maschile: storia di un falso binomio ==
In un’epoca in cui la violenza attraversa abbondantemente tutte le relazioni umane, è fin troppo facile considerare quella sulle donne una manifestazione unitaria e dalla matrice univoca, e sicuramente non aiuta a comprenderne la vera natura e a contrastare adeguatamente l'estrema e inadeguata generalizzazione a '''"violenza di genere".''' Per quanto non sia così facile risalire alle origini di tale espressione, la si incontra ufficialmente per la prima volta nella '''“Declaration on the elimination of violence against women”''', adottata dall’ONU nel 1993, che testualmente recita:<blockquote>«Per gli scopi di questa Dichiarazione, il termine “violenza contro le donne” significa ogni atto di violenza di genere che esita in (o è probabile che esiti in) danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche verso le donne, includendo minacce di questi atti, coercizione o deprivazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica o in privato».</blockquote>Sebbene appaia qui evidente la volontà di circoscrivere tale definizione a un ambito specifico e circoscritto nel tempo e nello spazio, l’espressione “violenza di genere” ha iniziato a essere, perlomeno nel nostro Paese, ampiamente associata alla violenza nei confronti della donna '''tout-court''', senza il necessario discernimento tra situazioni in cui è semplicemente diverso il genere della persona che subisce violenza da chi la perpetra, e quelle in cui è meglio definito il movente essenziale della persona che agisce.
====== Prime apparizioni in letteratura ======
Il termine “femminicidio” è certamente uno dei più ricorrenti, ma di sicuro non l’unico possibile e tantomeno il più appropriato ad ogni circostanza: ''definire indiscriminatamente femminicidio ogni singolo episodio di violenza contro le donne'', presuppone, infatti, un preciso orientamento teorico e l’assunzione implicita di un punto di vista non sempre pertinente; fu coniato in ambito giuridico dalla criminologa [[wikipedia:Diana_E._H._Russell|Diana Russell]], nel libro ''Femicide'' del 1992. Secondo la stessa autrice, il concetto può contemplare tutte quelle situazioni in cui: '''«…la morte della donna rappresenta l’esito o la conseguenza di atteggiamenti o pratiche sociali misogine»'''; possiamo quindi, anche qui, rilevare la '''matrice patriarcale''' indipendentemente dalla specificità della vittima e della relazione con l’autore di violenza. Il paradigma patriarcale, che a sua volta nasce col femminismo marxiano, interpreta la società dell’epoca precipuamente sul criterio del genere:
*il maschile dominante sul femminile;
*la famiglia come luogo elettivo di oppressione;
*la violenza nella coppia quale strumento maschile privilegiato per mantenere le donne in uno stato di dipendenza e sottomissione.
In realtà, '''oggi''', gran parte della violenza e della conflittualità nella coppia, non deriva affatto da un'ideologia di sopraffazione dell’uomo sulla donna e non ha alcuna specificità di genere: prova ne è la rilevante presenza di violenza femminile non esclusivamente in risposta a quella maschile e quella agita, ad esempio, all’interno delle relazioni intime tra persone dello stesso sesso.
====== L'uomo è violento di natura? ======
Il messaggio che viene invece implicitamente veicolato dai '''media''' è quello che l’uomo, in quanto maschio, sia '''violento a priori''', e il rischio degli stereotipi è che divengano una chiave di lettura riducente e distorcente della realtà, ponendo, di fatto, le basi per un estremo pregiudizio, annullandone ruolo e responsabilità personali. Sono numerosi gli esempi storici e le ricerche scientifiche che dimostrano come, per l’essere umano, ''l’aggressività non sia affatto qualcosa di “naturale”'', non dipenda dal DNA e non risponda a dinamiche codificabili e che l’agire violento sia piuttosto un atto contestuale e non mai il mero risultato di innati e incoercibili processi biochimici.
Una lettura esclusivamente sociologica, fondata soltanto sulla devianza, si traduce inevitabilmente in una forma vera e propria di “'''riduzionismo filosofico'''”, un grave problema ideologico che porta alla perdita della dimensione della complessità; l’individuo va compreso nel suo contesto e nella sua storia, e questo è terreno di specifica pertinenza della psicologia. Nel nostro Paese esiste una carenza profonda sull’intervento psicologico sul tema e, da questo punto di vista, quando si parla di relazioni maltrattanti, il cui meccanismo fondante è la distruzione dell’altro, occorre innanzitutto evidenziare che questo è assolutamente identico per uomo e donna.
Lo stesso termine di '''violenza domestica''', coniato negli anni ’70 e usato in modo generico dagli studiosi per indicare la violenza nella coppia matrimoniale, in cui la vittima era tipicamente la donna, oggigiorno viene utilizzato per designare qualsiasi atto di violenza tra partner, senza alcuna definizione a priori del genere dell’abusante e della vittima.
Altrettanto si può affermare per l’espressione '''''Intimate Partner Violence'' (IPV)''', denominazione più recente, comparsa nel 2000 e maggiormente diffusa nella letteratura internazionale per connotare la violenza tra persone che abbiano, o abbiano avuto, una qualunque relazione intima (coniugi, fidanzati, partner occasionali, etc.).
Una lettura puntuale e profonda del comportamento violento, porta a identificarne le ''radici'' in due configurazioni relazionali tipiche e tra loro molto differenti, ovvero:
*conflittualità di coppia molto elevata, caratterizzata dall’incapacità di separarsi;
*un tratto di personalità francamente patologico del perpetratore.
Se nel primo caso è la ''relazione disperante'' l’elemento fondante del maltrattamento, che genera sofferenza e nella quale la violenza diventa l’espressione difensiva disfunzionale da un dolore antico destabilizzante che si rivive, nel secondo caso si tratta generalmente di un ''grave disturbo della personalità'' caratterizzato, secondo una chiara definizione di [[google:Caretti+e+Craparo+del+2010&rlz=1C1CHBF_itIT880IT880&sourceid=chrome&ie=UTF-8|Caretti e Craparo del 2010]], «da una condizione di aggressività istintuale e dall’incapacità di stringere una relazione oggettuale basata sulla reciprocità e sulla corrispondenza delle comuni emozioni», che conduce il soggetto ad agire una violenza unilaterale indipendentemente dalla relazione con quello specifico ''partner''.
In conclusione, la psicologia, che per suo intrinseco mandato mai prescinde dagli individui, dalle loro relazioni, dalla loro mente e dalle loro storie, non può che negare ogni e qualsiasi definizione e/o classificazione dell’atto violento che escluda un’accurata indagine del soggetto e delle circostanze. Da ciò si evince definitivamente che l’essere umano di genere maschile nella sua generalità non umilia, picchia, o peggio ancora uccide il proprio partner per propensione naturale, ma questo può accadere e, purtroppo accade, in condizioni specifiche e talvolta estreme che sarebbe importante imparare a riconoscere a fini preventivi, proprio perché caratterizzate da segnali precisi e ricorrenti.
== Note ==
== Note ==
<references />
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[[Categoria:Femminicidi]]
[[Categoria:Femminicidi]]

Versione delle 11:00, 16 ott 2023


Voce principale: Femminicidi.

Definizione del termine e uso ambiguo

Il Devoto-Oli definisce femminicidio:

Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l'identità attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte.

Una definizione forte, che suscita emozioni, il cui senso è chiaro e privo di equivocabilità. Peccato che tale definizione non venga usata. In base a questa definizione infatti, ciò che distingue un omicidio da un femminicidio è la motivazione del gesto e non il sesso della vittima. Da cui consegue che è impossibile capire se una persona ha commesso davvero un femminicidio senza delle indagini e valutazioni psicologiche del colpevole.

Conseguenze dell'instabilità semantica

La legislazione italiana non contempla una definizione di femminicidio in quanto tale, pertanto il numero di delitti accertati differisce a seconda del soggetto rilevatore e dei criteri di classificazione seguiti. Le “vere” conseguenze dell’assenza di stabilità semantica si evidenziano maggiormente quando si valuta statisticamente la situazione di un Paese; in particolare, nel caso dei femminicidi i numeri sono estremamente ondivaghi, a causa della coesistenza di definizioni diverse che comporta, infatti, già in fase di raccolta dei dati, dei problemi tutt’altro che trascurabili, giacché a seconda della definizione adottata dall’analista può determinare criteri differenti di inclusione o esclusione dal computo. A questo stesso proposito scriveva la docente di statistica sociale Domenica Fioredistella Iezzi, già nel 2013:

"In Italy, there are no official data on femicide. Since 1923, Istat has carried out a survey on the “causes of death”, unfortunately, this survey has not recorded data on the authors of homicide. Since 1995, EURES has collected data on murders in Italy and integrated this information with DEA DB (database of the National Agency of Press–ANSA) and data from the Criminalpol. The EURES DB does not use a gender approach, but it is possible to obtain this information through crossing some variables in the EURES DB (Iezzi 2010). Since 2005, refuges have collected data on femicide in Italy, using only press information.

Oggi, dati della rilevazione ISTAT 2013 alla mano, la situazione appare ancora simile a quella descritta da Iezzi: i dati sono estratti dal database degli omicidi del Ministero dell’Interno (DCPC) e il fatto che il calcolo sia fornito sia includendo le 92 vittime del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013, sia escludendole, lascia intendere che vigono ancora gli esiti di un imperfetto spoglio dei femminicidi imputabile, a giudizio di chi scrive, agli effetti della tuttora vigente provvisorietà definitoria di questa tipologia di crimine. Poiché, inoltre, in Italia, i dati ufficiali sulla mortalità non includono sistematicamente la natura della relazione tra omicida e vittima e la rilevazione dei dati è praticata con metodi differenti, il rapporto a tre tra società, media e repertorio linguistico della comunità italiana risulta non solo falsato ma neppure confrontabile con quello disponibile per altri paesi[1].

Note

  1. In Italy, as in other countries, official mortality data do not record the relationship between the victim and the perpetrator. In Italy, there are women’s shelters that provide temporary refuge for women escaping from violent or abusive situations, such as rape and domestic violence, and these shelters also collect data on femicide. Actually, data on this topic come from the web should be collected to gather new information and build a specific vocabulary, but unstructured data require more complex preprocessing to transform unstructured data into structured statistical information. Moreover, data could be encoded in many different ways that may result in significantly different outcomes (Iezzi 2013: 52-63)