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= Economia = ==Nonostante le pressioni neanche il 10% delle aziende occidentali ha lasciato la Russia== [https://www.lindipendente.online/2023/01/23/nonostante-le-pressioni-meno-del-9-delle-aziende-occidentali-ha-lasciato-la-russia/ Link] Secondo un recente studio sugli investimenti delle società occidentali in Russia, è emerso che solo una piccola percentuale di imprese ha interrotto le sue relazioni commerciali con Mosca e trasferito le sue filiali altrove dopo l’inizio della cosiddetta “operazione militare speciale” del Cremlino. La ricerca, condotta dal professor Simon Evenett, dell’Università di San Gallo, e dal professor Niccolò Pisani, dell’International Institute for Management Development (IMD), ha messo in luce che '''<u>meno del 9% delle aziende occidentali ha disinvestito dalla Russia, nonostante le sanzioni e la pressione che i governi hanno esercitato in tal senso</u>'''. Secondo lo studio, «le uscite confermate di aziende dell’Ue e del G7 che avevano partecipazioni in Russia rappresentano il 6,5% dell’utile totale al lordo delle imposte di tutte le imprese dell’Ue e del G7 con attività commerciali attive in Russia». Nello specifico, le imprese europee sono quelle che hanno lasciato la Russia in percentuale minore (8,3%) rispetto a Stati uniti (meno del 18%) e Giappone (15%). Questo in quanto <u>l’Europa è la regione che ha più scambi commerciali con Mosca e non stupisce, dunque, che sia proprio la Germania, considerata il motore economico della Ue, ad avere mantenuto il maggior numero di aziende pienamente attive in Russia dopo il febbraio 2022</u>. Ciò dimostra che la propensione a rimanere o ad abbandonare la Federazione è diversa da Paese a Paese e, in particolare, tra i membri del G7 e dell’Ue. Gli autori dello studio precisano quindi che «Questi risultati mettono in discussione la volontà delle aziende occidentali di separarsi dalle economie che i loro governi dichiarano. == Il NYT smonta le sanzioni: USA e UE non hanno la forza per schiacciare un paese del G20 == Un lungo articolo pubblicato sul New York Times<ref>[https://www.nytimes.com/2023/02/09/opinion/sanctions-russia-ukraine-economy.html Sanctions Against Russia Ignore the Economic Challenges Facing Ukraine]</ref> analizza il fallimento delle sanzioni imposte alla Russia le quali, secondo il principale quotidiano mainstream americano, hanno inferto un colpo inferiore alle aspettative a Mosca. In uno dei passaggi decisivi dell’articolo si legge: “L’Occidente ha dimostrato di possedere gli strumenti per distruggere le prospettive di crescita delle economie a reddito medio dipendenti dalle importazioni. Ma le sanzioni non sono riuscite a causare problemi paralizzanti e insormontabili tali da causare il collasso dell’economia russa o dello sforzo bellico di Putin. L’ultimo anno ha dimostrato che contro un’economia del G20 gli Stati Uniti e l’Europa da soli non sono più in grado di imporre regimi di sanzioni dalle conseguenze schiaccianti'''.''' L’esperienza storica suggerisce che paesi più grandi sono maggiormente in grado di resistere alla pressione delle sanzioni, sia perché dispongono di maggiori risorse interne a cui attingere, sia perché sono più difficili da separare completamente dall’economia mondiale”. ==Dopo 10 mesi di sanzioni...la Russia è entrata nelle prime 10 economie mondiali== ==Le politiche delle banche centrali spingono il sud del mondo verso la crisi del debito== [https://www.lindipendente.online/2023/01/20/politiche-delle-banche-centrali-spingono-il-sud-del-mondo-verso-la-crisi-del-debito/ Link] Le politiche di rialzo dei tassi d'interesse delle banche centrali occidentali, in particolare della BCE e della Federal Reserve, stanno causando problemi non solo alle economie dei Paesi "ricchi", ma anche e soprattutto a quelle dei Paesi più poveri del sud del mondo, colpiti dalla prepotenza economica del capitalismo dei Paesi avanzati. Queste politiche monetarie restrittive stanno causando un deprezzamento delle valute locali e una difficoltà nell'onorare i debiti in valuta estera, costringendo questi stati a indebitarsi nuovamente a condizioni sempre peggiori, mentre gli istituti finanziari internazionali chiedono aumenti delle misure di austerità che espongono i cittadini a condizioni di povertà crescenti. Secondo alcuni addirittura le banche centrali giustificano le loro decisioni sostenendo che serva a contrastare l'inflazione, ma in realtà ciò avrebbe effetti solo sull'egemonia monetaria del dollaro e sulla volontà di mantenere la potenza degli USA a livello internazionale.
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