Riassunto studio su Femminicidio, Panico Morale e Discorso Progressista

Da Tematiche di genere.
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Daniela Bandelli, Giorgio Porcelli

Femicide in Italy. "Femminicidio," Moral Panic and Progressivist Discourse

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Riassunto[modifica | modifica sorgente]

Lo studio Femminicidio, Moral Panic and Progressivist Discourse a cura dei ricercatori e docenti di sociologia Daniela Bandelli e Giorgio Porcelli prende le mosse da una discussione iniziata da Elisa Giomi e Fabrizio Tonello nel 2013 sul panico morale seminato nella popolazione sugli immigranti che rapivano e uccidevano le donne. Mediante un’attenta analisi qualitativa e quantitativa Giomi e Tonello si resero conto che tutto era guidato da una retorica di “esternalizzazione” della violenza ai fini di rinforzare le misure di sicurezza anti-immigrazione e accrescere il consenso xenofobo di Destra. L’articolo in particolare si concentra sulle continue modifiche del significato di “Violenza contro le donne” tra i media italiani prima e durante la Campagna Elettorale 2012/2013. Pur seguendo le orme di Giomi e Tonello, il loro obiettivo tuttavia differisce sia per la periodizzazione, sia, soprattutto, per il tipo di discorso, ovvero “come i rappresentanti e gli attivisti politici costruiscono il dibattito della Violenza sulle Donne nei media. Inoltre, mentre l’analisi di Giomi e Tonello rappresenta la violenza come una minaccia esterna verso donne che hanno bisogno di essere aiutate e guidate da una politica di sicurezza internazionale, Bandelli e Porcelli collocano questa emergenza in un background tutto italiano di famiglie patriarcali e culture sessiste legittimate proprio dalla politica e dai media. Dal “panico verso gli uomini stranieri” si è passati al femminicidio per consentire ai partiti politici di promuovere l’uguaglianza di genere e liberarsi dell’etichetta di “Italia misogina”.

Ma vediamo nel dettaglio lo sviluppo dell’analisi:

La costruzione di un Discorso Femminista sulla violenza sulle donne e la sua Politicizzazione[modifica | modifica sorgente]

A livello internazionale, i movimenti femministi hanno contribuito in maniera significativa a delineare e diffondere il concetto di Violenza Sulle Donne (VSD).

Anche in Italia, soprattutto dal 1975, anno del massacro del Circeo, i movimenti femministi sono stati la chiave per definire la VSD.

Dal 1990 i centri antiviolenza sono stati un punto di riferimento per comprendere le caratteristiche del problema sociale che andava diffondendosi.

Nei discorsi femministi, atti come rapine, percosse, omidici, dominanza psicologica fino ad arrivare alla prostituzione e alla pornografia sono spiegati dal punto di vista femminile e quindi racchiusi in quella che si definisce Violenza di Genere, la cui ragione è direttamente collegata alla cultura sessista e alle stesse istituzioni che “normalizzano” la differenza di potere tra uomo e donna attraverso l’imposizione di identità, ruoli e relazioni eteronormativi rigidi (Berns 2001).

La VDG deriva dal desiderio di potere dell’uomo sulla donna e deve essere differenziata dagli altri tipi di aggressioni.

In letteratura internazionale la tematica è stata ampiamente trattata in molte discipline accademiche. In Gran Bretagna, per esempio, Jenkins (1992) afferma che sin dal 1970 i movimenti femministi hanno delineato diverse forme di violenza come crimini sessuali originati in famiglie patriarcali e hanno dato forma all’immaginario pubblico di omicidi seriali così come abusi minori.

La letteratura mostra inoltre come questa delicata tematica sia sempre stata sfruttata a mo’ di manovra politica dalle istituzioni di tutto il mondo per ottenere consensi: lotta contro la prostituzione, limiti sulla libertà di parola, imperialismo e immigrazione.

Fatto proprio il concetto dalla Politica, e diventato un Problema Sociale, la VSD ha subito “distorsioni” (es. la rapina è diventato un tema legato all’immigrazione), assumendo nuovi significati simbolici e connotazioni morali , sovraesposta e trasformata in una emergenza in cui alcune caratteristiche (abuso fisico e sessuale) hanno di certo ricevuto più enfasi, mentre altre (abuso psicologico) sono rimaste in penombra.

Evento lampante fu l’assassinio di Giovanna Reggiani uccisa da un uomo della Romania (2007): il crimine fu strumentalizzato dai media additando la donna a “oggetto sessualmente vulnerabile che ha bisogno della protezione di un uomo (bianco)”.

Il concetto di Femminicidio in Politica e Sociologia[modifica | modifica sorgente]

Le Nazioni Unite definiscono il femminicidio come “l’uccisione di donne e ragazze a causa del loro sesso”.

Le origini del termine possono essere trovate in un discorso  della psicologa e sociologa femminista Diana Russel nel 1976 nel primo Tribunale Internazionale sui Crimini contro le Donne a Bruxels: il femminicidio è stato presentato come “l’assassinio di donne per essere donne”.

Inizialmente, intorno agli anni 90, il termine “feminicidio” o “femminicidio” abbracciava anche la dimensione di crimini quali uxoricidio e omicidi con vittime donne in generale. Concetto, insomma, lontano dal neologismo attuale.

I media e la politica Italiani hanno adottato il termine attribuendo significati diversi: violenza intima e domestica, radicata nella cultura, fenomeno eruttato a causa dell’incapacità dell’uomo di accettare che una donna possa essere libera: la VSD, insomma, diventa il prodotto di una cultura sessista e patriarcale.

Metodologia[modifica | modifica sorgente]

Questo approccio critico all’Analisi del Discorso è “l’insieme di un saggio sul discorso in sé e sulla spiegazione delle relazioni tra discorso e potere politico/istituzionale contestualizzato con particolare attenzione alle contraddizioni presenti nella dialettica discorso-realtà” (Talja 1999).

In particolare, in questo studio è stata presa in considerazione “la mediatizzazione politica del discorso”.

Tre sono state le fasi dello studio.

Il primo obiettivo è stato determinare quando il termine è diventato popolare, e come questa popolarizzazione può essere letta nel contesto politico contemporaneo.

Il secondo è stato quello di identificare in quali tipi di notizie è apparsa la parola “femminicidio” e quindi i significati associati ad essa: l’analisi è stata condotta su 385 testi mediatici in circolazione 15 giorni prima e dopo le giornate dei due eventi più importanti dal punto di vista di mobilizzazioni femministe e eventi politici:

a) 2 Novembre 2012: la Convention NoMore ha chiesto un incontro col primo ministro Mario Monti. Questo evento ha offerto un importante contributo affinchè le istituzioni si attivassero concretamente contro la VSD.

b) 14 Febbraio 2013: One Billion Rising Flash Mob contro la VSD trasmesso su RAI TV, accaduto proprio poco dopo le elezioni.

La terza e ultima fase dello studio si è focalizzata sulle dichiarazioni fatte da due categorie di claim makers: attivisti di movimenti sociali femministi e politici di fama internazionale per studiare il loro diretto contributo e come lo stesso termine sia stato sviluppato diversamente dalla stampa progressista e quella conservativa.

In particolare in ciascun testo, gli autori si sono soffermati su: causalità, categorizzazione, nominalizzazione, metaforizzazione, referenziazione, predicazioni e tropi retorici. L’analisi è stata effettuata con l’aiuto del database Dow Jones Factiva.  

“Femminicidio”: una Narrativa Mediatica di Insicurezza e Politiche di Genere[modifica | modifica sorgente]

1. Sovraesposizione Mediatica di un Fenomeno Stabile  [modifica | modifica sorgente]

Il database Factiva mostra come il primo dato mediatico che include il termine “femminicidio” risale al 2006: da quel momento è stato riportato 5975 volte e più di 5500 sono stati pubblicati negli ultimi due anni.

Lo sviluppo di questa epidemia mediatica risale però solo al 2012. 

La macro-analisi in realtà rivela come la natura delle notizie fosse principalmente politica, in particolare ruotava attorno a campagne di mobilizzazione, eventi di partiti politici e commenti fatti da femministe e candidati alle elezioni.

Il fatto che i testi mediatici inglobino il termine femminicidio in movimenti sociali e politici e non in specifici eventi criminali suggerisce come il rapido incremento del fenomeno non corrisponda affatto a incrementi effettivi di omicidi  ma piuttosto “può riflettere un cambiamento nella consapevolezza principalmente innescato da azioni politiche” (Corradi, 2014).

I sostenitori hanno enfatizzato l’urgenza di utilizzare il termine per indicare non solo un omicidio confluendo quindi in forme diverse di abusi, come lo stalking.

In particolare durante il One billion rising sono state incluse nel termine femminicidio le vittime di tutte le forme di violenza (non solo letale e fisica, ma che sessuale e psicologica) nel mondo (non solo in Italia).

2. Violenza domestica/del partner[modifica | modifica sorgente]

L’analisi tematica mostra come il termine femminicidio sia collocato entro le mura domestiche per mano di partner violenti che solitamente hanno il ruolo di fidanzati, amanti, mariti e parenti.

Questo tipo di background è prettamente “made in Italy”.

Le ricerche mostrano come il femminicidio sia spiegato al pubblico sempre dal punto di vista femminile e in quella cornice culturale in cui l’uomo uccide la donna per disuguaglianza di genere e sessismo.

Tuttavia, citando le parole di Fairclough “se consideriamo i discorsi come significati di alcuni ambiti di pratica sociale da una particolare prospettiva”, ne consegue che la violenza domestica subita dalle donne e il femminicidio stesso sono tutte pratiche sociali esistenti che possono avere diversi punti di vista.

Dunque, “la spiegazione culturale di genere propria della narrativa del femminicidio è una delle tante possibili letture coesistenti e complementari del fenomeno sociale” affermano gli autori “che dà per scontata la visione in cui le donne siano il genere svantaggiato in termini di potere e libertà”.

3. Un Discorso Progressista[modifica | modifica sorgente]

Il concetto di Femminicidio si intreccia in un Discorso Progressista: la VSD è inquadrata come il prodotto della stessa cultura sciovinista[1] in cui troppe poche donne occupano posti di potere permettendo una disparità sia in termini di guadagno che di diritti.

La soluzione proposta dalla coalizione di Centro-Sinistra per fronteggiare questa presunta emergenza nazionale è stata quella di portare le donne in Parlamento per rappresentare meglio i loro interessi.

“Porteremo in Parlamento il 40% delle donne e siamo sicuri che la loro presenza ci darà preziose mani in più per continuare e rafforzare questa battaglia”

l’estratto mostra come un’amplificazione della questione sociale fosse funzionale a una politica emotiva volta a giocare attorno a una retorica femminista che considera le donne come attrici del progresso sociale con lo scopo inoltre di allontanarsi dalle passate accuse rivolte a Berlusconi di essere misogino e sessista. Tutto ruotava, insomma, intorno al consenso elettorale.

Un’Analisi del Concetto di “Femminicidio”  da una Prospettiva Sociologica.

La narrativa del femminicidio, secondo gli autori, ha sortito l’effetto di autorizzare quel paradigma di genere nell’ambito della violenza domestica e in un quadro di rappresentazioni stereotipate in cui la donna è sempre la vittima e l’uomo è sempre l’aggressore.

Tutto questo non riflette, però, i risultati degli studi empirici sulla violenza domestica che “mostrano una realtà in cui anche le donne sono violente contro i loro partner e che la violenza è più spesso simmetrica e reciproca ma con delle differenze: le lesioni prodotte dalle donne sono meno visibili in quanto gli uomini per natura hanno un più alto livello di auto difesa, inoltre non le ritengono eccessivamente pericolose e tendono a denunciare meno gli eventi.” (Macrì-Salerno 2012)

Né il termine deve essere associato alla tipica rappresentazione della VSD come una “minaccia straordinaria contro la sessualità femminile da parte di un nemico sconosciuto.” (Carll, 2003).

In questo senso il Femminicidio trascina il nemico dalle strade a uomo eterosessuale nelle mura domestiche di una tipica famiglia italiana ridefinendo così la VSD da sessuale, fisica e letale a normale amministrazione di una cultura patriarcale.

Il termine Femminicidio è stato introdotto in Italia come traduzione di una parola nata in Messico in risposta agli omicidi del cartello della droga negli anni 90 e riproposta poi per connotare una gamma diversa di discriminazioni e VSD (non limitate agli omicidi) che accadono a causa di questa disuguaglianza tra uomo e donna normalizzata nelle società.

Nel discorso pubblico italiano il termine ha assunto un significato ancor più generalizzato.

Tuttavia, dal punto di vista Sociologico, il Femminicidio è inteso come l’omicidio di una donna che può essere commesso per diverse ragioni inclusa la disuguaglianza di genere e di potere ma non escludendo altre variabili sociali e psicologiche.

Dunque, il Femminicidio appartenente al regno dei media deve considerarsi ben distinto da quello sociologico. I diversi quadri teorici multidisciplinari indirizzano il loro sforzo ancora giovane verso la comprensione della violenza interpersonale in generale e quella sulle donne in particolare.   

Conclusione: “Femminicidio” letto attraverso la Sociologia della Cultura

In conclusione, la possibile interpretazione di questo fenomeno mediatico analizzato in chiave culturale è questa: il femminicidio diventa un mezzo di costruzione socioculturale della realtà (narrativa) finalizzata alla realizzazione di un progetto di educazione e modernizzazione della Società Italiana. Seguendo la definizione proposta da Schein e Morgan, la cultura sarebbe “costituita da tre strati principali”.

Partendo dall’esterno troviamo gli “artefatti e i simboli”: qui gli autori inseriscono i cambiamenti avvenuti nella società e nelle famiglie italiane negli ultimi cinquant’anni e i nuovi modelli di genere che sono improvvisamente comparsi e che interessano principalmente il ruolo maschile all’interno della famiglia. Il livello intermedio è quello dei “miti e delle narrazioni”: qui possiamo inserire il Femminicidio come una narrativa culturale del cambiamento. Infine, il livello centrale dei cosiddetti “assunti di base” che sono, secondo Schein, le convinzioni scontate e le visioni del mondo.

Come suggerisce Hofstede in narrativa vengono rappresentati gli eroi e gli antagonisti in base ai valori che la sceneggiatura vuole trasmettere. Nel caso del Femminicidio il copione rappresenta l’uomo come unico responsabile della violenza contro le vittime femminili, castigandoli a “cattivi della storia”.

Tuttavia, la trasformazione della narrativa non corrisponde a un cambio anche in termini di valori condivisi. La narrativa mediatica rappresenta solo la parte predominante della cultura italiana, ma vanno in realtà considerati anche i modelli culturali più tradizionali che ancora sopravvivono in molte zone d’Italia.

La nuova narrativa mediatica deve essere interpretata e decodificata quindi dal pubblico alla luce dei modelli culturali tradizionali e con i loro specifici ruoli di genere. Per questo, gli autori propongono ulteriori studi ai fini di indagare su come i modelli culturali minori decodificano questa campagna mediatica italiana.

In questo senso il Femminicidio andrebbe considerato un passaggio culturale molto importante nelle lotte ideologiche intorno a questa delicato tema.

  1. Nazionalista acceso e fanatico