Riassunto articolo violenzafamiliare.wordpress.com 2013 calunnia - femminicidio

Da Tematiche di genere.
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TLDR: Il termine "Femminicidio" è stato coniato da Marcela Legarde, una femminista messicana. Il termine è diventato popolare a causa del film "Bordertown" del 2007, ispirato alle vicende delle migliaia di donne uccise a Ciudad Juarez, in Messico. Ciudad Juarez è considerata la città più pericolosa al mondo a causa della guerra del narcotraffico e dei numerosi omicidi. La città è diventata tristemente famosa per i femminicidi. La questione è stata trattata in vari film e libri, tra cui "Bordertown" e "Huesos en el desierto".

Tags: Femminicidio, Marcela Legarde, Messico, Ciudad Juarez, Narcotraffico, Femminismo, Violenza, Crimine, Film, Libri, Arte pubblica.

Link: https://violenzafamiliare.wordpress.com/2013/08/19/la-calunnia-del-femminicidio


L'origine del termine, la città in messico, il film e i cartelli della droga[modifica | modifica sorgente]

Il termine “Femminicidio” è stato coniato da Marcela Legarde, una antropologa, politica e femminista messicana. Legarde è rappresentante di spicco del femminismo latinoamericano ed è considerata la prima teorizzatrice del concetto di femminicidio[1][2].

Il termine è divenuto popolare per via del film “Bordertown”, uscito in Italia nel 2007, ispirato alle reali vicende delle migliaia di donne uccise nella città messicana di Ciudad Juarez.

"Secondo la teoria femminista" - scrive l'autore dell'articolo - "venivano uccise in quanto donne da maschi violenti nell’indifferenza della polizia".

In realtà la città di Ciudad Juarez[3] (la vecchia El Paso dei film western), è diventata il crocevia mondiale del narcotraffico e la città con più omicidi al mondo.

Approfondimento sulla Criminalità a Ciudad Juárez (da Wikipedia)[modifica | modifica sorgente]

Ciudad Juárez è considerata la città più pericolosa del mondo (nel solo 2009 ci sono stati oltre 2500 omicidi).[4][5]

La spirale di violenza è causata in buona parte dal narcotraffico, molto attivo nella frontiera con gli Stati Uniti. Ci sono circa 950 bande armate che vi operano, con decine di migliaia di operativi di cui circa 3000 sono considerati leader.

La guerra del narcotraffico è cominciata nel 2004 quando il Cartello di Sinaloa ha puntato gli occhi sulla città di Juárez, a quel tempo saldamente nelle mani del Cartello di Juárez.[6]

Nel 2011 c'è stato un calo degli omicidi del 32% (da 3042 a 2086), portando il coefficiente di assassinio dal 229 al 171 (ogni 100.000 abitanti). Nella classifica delle città con più omicidi al mondo, Ciudad Juárez sembrava aver perso il primato dopo 3 anni consecutivi fino a quando non si è scoperto che i residenti erano calati ancora di 112.000[7], probabilmente molti di questi esasperati dalle continue violenze (in 4 anni di guerra della droga la città ha perso 212.000 abitanti, circa il 18% della popolazione).

Approfondimento sui femminicidi[modifica | modifica sorgente]

Dal 1993 la città messicana è diventata tristemente famosa per le 4.500 donne scomparse e a causa degli omicidi perpetrati ai danni di giovani donne,[8][9] generalmente di umile estrazione sociale e impiegate nelle numerose maquiladora, fabbriche in cui si producono i beni d'esportazione destinati al primo mondo.[10][11][12] Il fenomeno è anche noto come le croci rosa di Chihuahua. È stato girato un film di denuncia sul femminicidio di Ciudad Juárez con Jennifer Lopez e Antonio Banderas intitolato Bordertown (2006), sostenuto dalla campagna di Amnesty International contro i delitti della città messicana.

Altro film che tratta la realtà di Ciudad Juárez, l'immigrazione clandestina attraverso la frontiera di El Paso e i suoi aspetti collegati alla malavita locale è Frontiera (1982), con Jack Nicholson e Elpidia Carrillo. Sono stati scritti molti libri sull'argomento, tra i quali "Huesos en el desierto" ("Ossa nel deserto") di Sergio González Rodríguez.[13] L'artista visiva Elina Chauvet ha ideato il progetto d'arte pubblica "Zapatos Rojos" ("scarpe rosse femminili", 2009-in corso), realizzato per la prima volta a Ciudad Juárez nel 2009 e portato in Italia nel 2012 dalla curatrice d'arte Francesca Guerisoli. Composto da una marcia silenziosa di scarpe rosse femminili, raccolte attraverso il passaparola e i social network, il progetto reclama giustizia per le vittime di Juárez ed è diventato un simbolo largamente condiviso in Italia da istituzioni, associazioni e cittadini nella lotta contro la violenza di genere.

Tornando al riassunto dell'articolo[modifica | modifica sorgente]

Le fonti citano che circa l’80% dei 10.000 omicidi compiuti, sono ai danni di uomini.

Inoltre alcuni di questi omicidi sono stati compiuti da donne killer[14] attive soprattutto nel cartello di Los Zetas, preferite agli uomini perché meno sospettabili.

Le più note sono Maria del Pilar Narro Lopez, alias “la comandante Bombon” e Maria Jimenez, che catturata dopo decine di omicidi ha confessato:

«noi donne lo facciamo per il denaro. Mi misi ad uccidere diventando sicario a tempo pieno insieme a ragazze così belle e con unghie grandi e affilate come coltelli che ispiravano pensieri inverecondi».[15]

Ndr[modifica | modifica sorgente]

Anche l'articolo su Wikipedia in inglese, qui tradotto, riporta effettivamente dati che danno un'idea abbastanza diversa da quella che siamo soliti associare al termine femminicidio. Ad esempio:

Una commissione governativa ha esaminato una parte degli omicidi (155 dei 340 documentati) rilevando che circa la metà erano motivati da rapine e guerre tra bande, mentre circa un terzo presentava segni di violenza sessuale.

Secondo Molly Molloy, professoressa alla New Mexico State University, la situazione a Juárez è una di "impunità indipendentemente dal genere"[16]. Dice infatti che:

"le vittime di omicidio femminile non hanno mai rappresentato più del 18% del totale delle vittime di omicidio a Ciudad Juárez, e negli ultimi due decenni quella figura media meno del 10%. Questo è meno degli Stati Uniti, dove circa il 20-25% delle persone che vengono uccise in un dato anno sono donne".[17]

Altri studiosi affermano anche che i tassi di femminicidio a Ciudad Juárez sono inferiori a quelli delle città americane come Houston e Ensenada e, come quota del totale dei tassi di omicidio, sono tipicamente inferiori ad altre città.[18]

Inoltre le fonti confermano che: "i cartelli continuano a reclutare molte ragazze, senza preoccuparsi dell’età. E dal 2007 il numero sarebbe cresciuto in modo impressionante[14]".

Considerando la definizione di femminicidio[19] la situazione sembra essere più variegata.

Media, associazioni interne all'ONU[modifica | modifica sorgente]

L’articolo cita che il femminicidio è un fenomeno esploso in Italia dal 2010, in particolare grazie ai media. Secondo la propaganda ripresa dalla stampa, l’ONU avrebbe detto che “Il femmicidio e il femminicidio sono  crimini tollerati dalle pubbliche istituzioni”, ma si è scoperto che questa affermazione non è mai stata citata dall’ONU, ma da una femminista chiamata Rashida Manjoo, che possiede un comitato femminista (CEDAW) tollerato all’interno dell’ONU.

I veri dati ONU[20] riportano:[modifica | modifica sorgente]

  • L’Italia è uno dei paesi con il più basso numero di omicidi femminili al mondo, 5 per 1 milione all’anno, circa la metà dei paesi confinanti. Dei cosiddetti “Grandi Paesi”, sono Giappone, Irlanda e Grecia hanno un tasso minore.
  • In Italia il tasso di omicidi maschili è di 16 per milione all’anno, cioè vengono uccisi più di 3 uomini per ogni donna uccisa. Sia uomini che donne uccidono in prevalenza uomini: circa 400 ogni anno.[21]
  • In Italia il tasso di suicidio di uomini separati è di 284 per milione all’anno[22]. Nessuno ne parla, sebbene si tratti di una vera strage di stato: il tasso di suicidi si quadruplica con la separazione, anche a causa delle sentenze  che privano i papà dei loro figli, della loro casa, del loro reddito.
  • Le donne assassine uccidono nel 39% dei casi donne, e nel 61% dei casi uomini.
  • Gli uomini assassini uccidono nel 31% dei casi donne, e nel 69% dei casi uomini.
  • Fonte: [Ministero dell’Interno, Rapporto sulla Criminalità, “Gli omicidi volontari”, Tabella IV.18, “Genere della vittima secondo il genere dell’autore di omicidio commesso in Italia tra il 2004 e il 2006”].
Figura 2 : Tassi di omicidi maschili e femminili nei vari paesi europei (sopra) e del mondo (sotto). Contrariamente all'allarmismo sul “femminicidio” creato dalla propaganda femminista, l'Italia è uno dei paesi più sicuri al mondo per le donne.

L'autore dell'articolo riassume così:

“Perché allora l’omicidio di una donna riceve un attenzione maggiore rispetto a quello di un uomo?”[modifica | modifica sorgente]

È la domanda che si pone l’autore dell'articolo e la risposta starebbe in parte nel perché gli omicidi in generale, pur essendo una causa di morte statisticamente marginale, ricevono molta attenzione sui media.

Questo causa una percezione distorta della realtà (vedi l'articolo sulla percezione del pericolo), similmente a come accade per gli incidenti aerei: sono eventi così rari che finiscono in prima pagina, mentre gli incidenti stradali sono così frequenti che non fanno notizia. Gli aerei, il mezzo di trasporto più sicuro, vengono così percepiti come pericolosi.

Ipotesi e interpretazioni dell'autore[modifica | modifica sorgente]

«Norme per il contrasto al femminicidio.

il centro antiviolenza che presta assistenza alla persona offesa può intervenire in giudizio … La gestione delle case e dei centri delle donne è assicurata attraverso convenzioni…

Agli oneri derivanti dalla presente legge, pari a 85 milioni di Euro…»

Il decreto legge italiano sul “femminicidio”[23] prevede, secondo quanto scrive l'autore dell'articolo, che le donne non possano ritirare le denunce e che lo stato rimborsi tutte le spese legali, anche in deroga ai limiti di reddito: l'intento - secondo l'autore dell'articolo - sarebbe quello di tutelare le parcelle e non le donne.

Vedi anche[modifica | modifica sorgente]

Note[modifica | modifica sorgente]

  1. "Perché si chiama femminicidio", la 27ª ora - l'articolo è firmato da Barbara Spinelli femminista, saggista e politica.
  2. "Il notevole lavoro di Diana Russell appassionò [...] Marcela Lagarde, un'antropologa e politica messicana [...] figura di spicco movimento femminista latinoamericano. L'Autrice ha contribuito fortemente alla divulgazione del termine femmicidio [ndr. notare la distinzione tra femmicidio e femminicidio], arrivando ampliarlo con l'introduzione di un nuovo concetto, quello di "femminicidio". Diana Russell viene identificata come la teorica del femmicidio, Marcela Lagarde viene considerata la teorica del femminicidio. L'intento principale di Marcela Lagarde era quello di utilizzare e di tramutare l'ideologia della Russell in una campagna politica per il suo paese, il Messico. In particolare, l'Autrice utilizza per la prima volta il termine "femminicidio" nel 2004 per descrivere una sconvolgente realtà, quella di Ciudad Juarez, una città appartenente allo stato messicano del Chihuahua. Si stima che tra il 1993 e il 2004, solo in Ciudad Juarez, siano state assassinate 391 donne." Tratto con alcune rielaborazioni da: La prospettiva di Marcela Lagarde: il femminicidio come violenza istituzionale
  3. Ciudad Juárez è una città del Messico situata al confine con il Texas. Negli ultimi anni ha acquisito notorietà per gli alti livelli di violenza, tra cui rapimenti, stupri, omicidi e mutilazioni di donne. È stata definita "La città del male" per il suo alto tasso di criminalità ed è stata considerata una delle città più violente del mondo. La violenza è in gran parte attribuita al traffico di droga.
  4. Errore Lua in Modulo:Citazione alla linea 1550: attempt to call local 'decodeArchiveDate' (a nil value).
  5. Sparatoria a una festa massacrati 13 studenti - Repubblica.it, su repubblica.it. URL consultato il 2 ottobre 2018.
  6. Borderland Beat Forum - Juarez Cartel's Strength Further Undermined, su borderland-beat.924382.n3.nabble.com. URL consultato il 2 ottobre 2018.
  7. Juárez, Todavía La Más Violenta Del Mundo – Juarez Dialoga
  8. Alessandra Farkas, Jennifer indaga sulla strage delle donne, in Corriere dalla Sera, 6 ottobre 2005. URL consultato il 25 marzo 2012.
  9. Perché si chiama femminicidio | La ventisettesima ora
  10. Omero Ciai, Messico, il segreto della frontiera trecento donne uccise nel deserto, in la Repubblica, 27 luglio 2003. URL consultato il 25 marzo 2012.
  11. Messico: 10 condanne per gli omicidi di donne, in Corriere dalla Sera, 8 gennaio 2005. URL consultato il 25 marzo 2012.
  12. PeaceReporter - La città della morte
  13. Sergio González Rodríguez. Ossa nel deserto, Adelphi, 2006. ISBN 978-88-459-2043-1
  14. 14,0 14,1 "Costantemente alla ricerca di nuovi “soldati” per portare avanti il conflitto, i cartelli continuano a reclutare molte ragazze, senza preoccuparsi dell’età. E dal 2007 il numero sarebbe cresciuto in modo impressionante. Una volta nell’organizzazione sono addestrate in zone remote all’uso di pistole e fucili d’assalto. Poi le spediscono nelle diverse “piazze” in supporto ai complici maschi. Quasi un anno fa, la polizia ha dato l’assalto ad un campo dei Los Zetas a San Cristobal de la Barranca, stato di Jalisco. Dopo una dura battaglia gli agenti hanno ucciso diversi narcos e catturato 6 donne che avevano appena iniziato “il corso”. Ancora pochi giorni e sarebbero state operative." Messico, la donna-killer che spaventa il Paese
  15. Fonte: Corriere della Sera, 16/8/2011, “Le donne di Ciudad Juarez: vittime, madri e sicarie”.
  16. Molloy, Molly. "Juárez murders: Impunity regardless of gender : Grassroots Press". Archived from the original on 16 marzo 2014. Retrieved 2019-10-18.
  17. "Molly Molloy: La storia dei femminicidi di Juárez è un 'mito'". The Texas Observer (in English). 09-01-2014. Retrieved 2019-10-18. {{cite web}}: Check date values in: |date= (help)
  18. Albuquerque, Pedro H.; Vemala, Prasad (2015-11-09). "Femicide Rates in Mexican Cities along the US-Mexico Border: Do the Maquiladora Industries Play a Role?" (in English). Rochester, NY. SSRN 1112308. {{cite journal}}: Cite journal requires |journal= (help)
  19. "Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l'identità attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte."
  20. 2011 Global Study on Homicide, UNODC Homicide Statistics
  21. http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/14/0900_rapporto_criminalita.pdf
  22. Dati EURES 2009
  23. Decreto-Legge 14 agosto 2013, n. 93 - Gazzetta Ufficiale