La fede cieca nella scienza fa danni

Da Tematiche di genere.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca


Il pezzo che segue è tratto dal libro Lo sguardo dello Stato (prefazione in nota[1]) di James C. Scott (elenco libri su Google Books). Scott è un politologo e antropologo americano specializzato in politica comparata.

Ed è piuttosto sprezzante verso gli specialisti agrari, che non sono tenuti ad applicare i propri con sigli, ovvero che non sono tenuti a seguire una coltura dalla semina fino al raccolto. Ma in definitiva come si spiega questo disprezzo ascientifico della scienza agraria per la conoscenza pratica? I motivi, a mio avviso, sono almeno tre.

  1. Il primo è quello «professionale cui abbiamo già accennato: più il coltivatore sa e meno saranno importanti lo specialista e le sue istituzioni.
  2. Il secondo è una reazione di riflesso connaturata all'ultra-modernismo, e cioè lo spregio automatico per la storia e i saperi del passato. Poiché lo scienziato è sempre associato al moderno e il coltivatore indigeno a un passato che il modernista vorrebbe bandire, lo scienziato ritiene di avere poco da apprendere dal contadino.
  3. Il terzo è che la conoscenza pratica viene rappresentata e codificata in forme non congeniali all'agricoltura scientifica.

Da una prospettiva strettamente scientifica, niente è conosciuto finché non viene dimostrato in un esperimento rigorosamente controllato.

La conoscenza accumulata con qualsiasi metodo che non rimandi alle tecniche e agli strumenti del procedimento scienti ficoformale non merita di essere presa sul serio.

La pretesa imperiale del modernismo scientifico è di ammettere nella sfera del sapere solo ciò che proviene dal tracciato costruito dallo stesso metodo sperimentale per accedere a quella sfera. Le prassi tradizionali, codificate nelle pratiche e nei detti popolari, sono viste a priori come indegne di attenzione, figurarsi di verifica.

Eppure, come abbiamo visto, i coltivatori hanno escogitato e perfezionato una miriade di tecniche efficaci, capaci di pro durre i risultati desiderati nella resa dei raccolti , nel controllo dei parassiti, nella preservazione dei suoli e così via.

Con l'osservazione costante dei propri esperimenti sul campo e l'applicazione dei sistemi riusciti, i contadini hanno scoperto e affinato prati che che funzionano anche senza conoscere gli specifici motivi e

Note[modifica | modifica sorgente]

  1. L'ottica con cui lo Stato guarda alla società e alla natura è intenzionalmente ultra-semplificatrice perché, per tutto comprendere (e controllare), deve inevitabilmente comprimere la diversità del territorio e della sua popolazione all'interno di griglie standardizzate più facili da gestire. Ricostruire il passaggio epocale che ha portato all'attuale configurazione di potere - tramite l'istituzione di mappe, censimenti, cognomi fissi, elenchi catastali, pesi e misure unificati ... - è essenziale per cogliere l'arte di governo moderna, con la sua pretesa di razionalità - sconfessata dai disastri provocati dall'ingegneria sociale ultra-modernista nel ventesimo secolo - e l'invasività dei suoi dispositivi di controllo, sempre più capillari. Queste semplificazioni della natura, della società e persino dell'animo umano sono state fatte a scapito delle pratiche vernacolari, informali e non codificabili, che Scott definisce 'mètis'. Ovvero quelle forme di conoscenza radicate nell'esperienza che proprio per la loro complessità rimangono incompatibili con le esigenze di schematizzazione proprie di qualsiasi ordine sociale pianificato e centralizzato, confermandosi cosi come le forme di resilienza più efficaci per sottrarsi allo sguardo omologatore dello Stato.