Guerra in Ucraina, Background storico by Fiore

Da Tematiche di genere.
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Fiorella Elisa Georgel (linkedin) ha creato un video eccellente sull'argomento che potete vedere su YouTube: La crisi in Ucraina (2022) - background storico

Notevole il lavoro fatto e anche la corposa documentazione bibliografica.

Trascrizione[modifica | modifica sorgente]

[00:00:00] Ciao. In questo filmato parlerò un pochino della crisi in Ucraina, di quello che ho capito io, della crisi in Ucraina. Mi ripropongo anche per questo filmato, come ho fatto per i precedenti, di mantenere un linguaggio quanto più neutro e un taglio quanto meno fazioso. Mi sia possibile. Ma ricordandomi che ho letto un numero inevitabilmente limitato di testi e di articoli al riguardo e soprattutto che li ho filtrati con la mia testa. Vi chiedo di perdonarmi sin d'ora una cosa per parlare di Ucraina è difficile partire dall'Ucraina e questo non perché non sia uno Stato indipendente e degno di essere trattato come tale, ma perché nei fatti non è indipendente e anche formalmente è indipendente da una trentina d'anni, dal 1991. Quindi, per forza di cose bisogna partire da un po' prima. Tradotto questo vuol dire che dobbiamo occuparci 1/4 d'ora buono sulla storia del crollo dell'Unione Sovietica, dell'allargamento a est dell'Unione europea e degli ultimi trent'anni di missioni Nato. Sì, non subito d'accordo. E sarà comunque in forma estremamente sintetica. Ma sono convinta che sia l'unico modo per riuscire a raccontare qualcosa di degno. L'alternativa è invitarvi alla sagra dell'ovvio, a sparare opinioni col prurito, di dividere il mondo in eroi nemici. Ora la maggior parte dei manuali di storia contemporanea e di storia delle relazioni internazionali hanno sempre alla fine un capitoletto di quelli che si saltano a piè pari, perché tanto l'esame non te lo chiederanno mai. In cui gli autori tentano di parlare del presente, dell'oggi, di quello che sta succedendo al momento della pubblicazione di quei testi.


[00:01:30] E non ce n'è uno tra quelli buoni degli ultimi dieci anni che abbia mancato di segnalare un grande punto di domanda sulla Federazione Russa, ammonendo il lettore Guarda che prima o poi dovremmo tutti fare i conti con il disegno di Vladimir Putin di restituire alla Russia, nonostante il rapporto conflittuale con molti degli Stati ex-sovietici confinanti, un ruolo determinante nello scacchiere internazionale. Ma in che modo lo sta facendo? Ecco, le logiche ricordano molto quelle di un impero. In effetti anche gli Stati Uniti si comportano da impero, certamente, ma qui stiamo parlando di uno stile imperiale un po' più all'antica, per così dire, meno schiavo del consenso popolare e delle tempistiche del consenso popolare e certamente meno preoccupato di trovare un buon pretesto per giustificare i propri interessi o di cercare vie traverse per perseguirli. A costo di sembrare la regina del cinismo. A mio avviso la domanda più inquietante in questo momento non è che fine farà l'Ucraina, ma quanto resterà in piedi dell'auto narrazione occidentale centrica, del primato delle democrazie liberali? Ma ci arriviamo con calma. Dobbiamo, a mio avviso partire dalla Russia, che in questo momento probabilmente non si vede perché c'è un faretto puntato contro. Mi arriva una cartina. La Russia di oggi è un Odino di problemi irrisolti e di potenzialità non enormi, magari, ma nemmeno trascurabili, che dal crollo dell'Unione Sovietica si è rialzata con una certa fretta e con una buona dose di furia, soprattutto sul piano interno, cercando di scansare il dito puntato contro dell'Occidente che diceva Hai visto che non ce l'hai fatta alla fine? Ma ora permettetemi di ripulire un pochino il linguaggio e di dare un minimo di profondità storica.


[00:03:11] Sarò sintetica, giuro. Sono solo 14 o 15 pagine. Brevemente. Mettiamo in fila solo cinque nomi Nikita Krusciov, Leonid Breznev, Mikhail Gorbaciov, Boris Eltsin e Vladimir Putin, cercando di capire come hanno tentato di guidare l'Unione Sovietica prima e la Federazione Russa poi. Sarà naturalmente una sintesi che cercherà di valorizzare un aspetto in particolare, ovvero il modo in cui la Russia ha guardato ai propri paesi satellite, come la storia ci ha insegnato a chiamarli. Partiamo da Krusciov, che ha ricordato come il leader sovietico che avviò la destalinizzazione immaginando un rapporto di coesistenza relativamente pacifica con la potenza statunitense. Ma già nel 56, appena resosi conto che la destalinizzazione stava suscitando un po' troppo entusiasmo in alcuni al punto da mettere in discussione le fondamenta del progetto socialista sovietico, invase l'Ungheria per reprimere la rivoluzione nascente. E perché? Anzitutto perché gli stalinisti, tra cui Molotov, non gli avrebbero mai perdonato di aver perso l'Ungheria e Krusciov aveva motivo di temere i gerarchi sovietici perché nel giro di qualche anno l'avrebbero costretto a ritirarsi per come aveva gestito, tra l'altro, la crisi dei missili di Cuba.


[00:04:27] Ecco, se possiamo azzardare un paragone, probabilmente nemmeno Putin oggi si perdonerebbe di aver perso l'Ucraina, ma ci ritorneremo. E c'è un altro motivo per cui in questa sintesi ricordiamo Krusciov, che era di origine ucraina, peraltro del Donetsk. Il 19 febbraio 1954 Krusciov fece dono alla Repubblica socialista sovietica ucraina della preziosissima Crimea, ma lo fece per commemorare un anniversario. Era un dono simbolico, tanto dal punto di vista degli equilibri politici non cambiava praticamente nulla perché l'Ucraina era strettamente. Controllata da Mosca e peraltro gran parte delle infrastrutture vitali della Crimea erano legate più alla Russia che all'Ucraina continentale. E poi andiamo a vedere un attimo come si è comportato nei confronti dei paesi satellite il principe della sclerosi burocratica Leonid Breznev. Cercate per un attimo di staccare gli occhi dalle sue sopracciglia. Grazie, parliamo un pochino di quello che ha fatto, perché la sua leadership fu francamente una trippa di miopia politica e incompetenza nella gestione economica. Aggiungiamoci pure l'invasione dell'Afghanistan e non trovo, giuro, non trovo un modo di riabilitarlo. Probabilmente perché non si ristabilì mai da un ictus che lo colpì nel 1976 e da lì in poi cominciò a collezionare premi, anzi medaglie e premi, alcuni dei quali francamente sorprendenti, come il Premio Lenin alla letteratura e quello alla pace, alla pace. Ma vi ho già parlato nel secondo filmato sulla storia del pensiero geopolitico, della Dottrina Breznev e anche della dottrina Zdanov. Se non ricordo male, quindi, non mi ripeterò qui avevo portato come esempio anche la repressione della Primavera di Praga del 1968 e ricordavo che a metter fine a questo atteggiamento estremamente intrusivo, paternalistico, possessivo e violento nei confronti dei paesi satellite fu Mikhail Gorbaciov, con molte e insanabili contraddizioni, ma il cambio di passo fu evidente e inaspettato anche agli occhi degli americani Gorbaciov.


[00:06:30] La maggior parte delle letture occidentali sul suo operato sono positive, nonostante fosse un gerarca sovietico e non abbia mai finto di non esserlo. Ma il fatto è che Gorbaciov si rendeva conto e non si girava dall'altra parte del fatto che l'Unione Sovietica aveva la necessità assolutamente vitale di ridurre il peso dei costi della difesa e di ristrutturare, per così dire, il proprio sistema economico. Il presidente americano Reagan fu molto scettico all'inizio, come molti leader occidentali, credeva che si trattasse per lo più di una manovra di facciata. Ma già nel novembre 1985 i due leader si incontrarono a Ginevra e ne uscirono senza alcun accordo formale, ma con dei progressi inaspettati in materia di disarmo nucleare e un clima di, per quanto timida, fiducia reciproca, al punto che alcuni episodi di spionaggio dell'86 furono rapidamente superati. Gorbaciov si rese disponibile ad accettare la cosiddetta Opzione Zero sugli euromissili, in base alla quale Stati Uniti e Unione Sovietica avrebbero ritirato dall'Europa tutte le rispettive forze missilistiche nucleari intermedie e si impegnò anche a ridurre le forze sovietiche in Afghanistan.


[00:07:39] Ma la gestione del nucleare, in particolare, fu il nodo degli anni di Gorbaciov. In particolare perché nel 1986, quindi durante la sua leadership, si verifica un disastro nucleare che porterà non poco imbarazzo tra i sovietici. L'incidente nucleare di Chernobyl in Ucraina. Il 26 aprile 1986 si verifica un'esplosione all'interno di una centrale nucleare e fuoriesce del materiale radioattivo. Molte vittime e un fenomeno di contaminazione che coinvolgerà migliaia di persone nelle aree vicine alla centrale e più tardi raggiungerà anche varie parti d'Europa. Il fenomeno scoperchiato agli occhi di tutti l'arretratezza della tecnologia sovietica. E peraltro ci fu un rimpallo di responsabilità a livello burocratico imbarazzante. Ma nonostante questo, o forse proprio in ragione di questo, nell'ottobre dell'86 c'è un nuovo vertice tra Gorbaciov e Reagan e nel giro di un anno si raggiunge il famoso accordo sugli euromissili. L'occidente si innamora di Gorbaciov. Caro, buono, bravo, ragionevole. La stampa occidentale lo chiama Gorbaciov. Non fosse che a Mosca la sua posizione è molto, molto più debole, perché le sue riforme stentavano a dare esiti positivi, mettendo anzi in luce tutti i limiti del sistema sovietico. Ma ad ogni modo sappiamo che nel febbraio 1989 Gorbaciov ordina alle ultime truppe dell'Armata Rossa di lasciare definitivamente l'Afghanistan. Il conflitto aveva avuto costi umani ed economici enormi per l'Unione Sovietica e secondo molti storici fu tra le principali cause che portarono al suo collasso lì per estensione. Ricordate? Ma dicevamo che a noi interessa in particolare l'atteggiamento di Gorbaciov nei confronti dei paesi satellite, che è il motivo principale, forse, o comunque tra i motivi principali per cui tutt'oggi in Russia viene visto come colui che portò l'Unione Sovietica allo sfacelo.


[00:09:33] L'anno, naturalmente, è il 1989. Nel luglio 1989, davanti al Consiglio d'Europa, Gorbaciov assicurò ufficialmente la non interferenza russa nei processi di riforma in atto nei paesi dell'Est, Polonia e Ungheria in particolare, e lo ribadì poco dopo ai leader stessi di quei paesi, sottolineando il loro diritto a cercare una via nazionale allo sviluppo politico ed economico e a. La fine del 1989, in un colloquio politico con Bush padre, assicurò che nessun regime comunista dell'est sarebbe stato mantenuto da Mosca con la forza. Bush, da parte sua, promise, seppur verbalmente, che la Nato quindi l'Alleanza militare atlantica, di cui naturalmente l'Unione Sovietica non faceva parte, dato che era nata principalmente in funzione anti sovietica, ecco che la Nato non si sarebbe mossa di un dito verso est. Not in this war. Vladimir Putin, come sappiamo, negli ultimi mesi non ha fatto altro che ricordare questa promessa. E Biden, dal canto suo, non ha fatto altro che fargli i buffetti sulla testa. Ma prima di passare alla Nato finiamo brevemente di parlare del rapporto tra gli ex paesi satellite all'indomani del crollo dell'Unione Sovietica con l'Europa. Le dichiarazioni di Gorbaciov e questo nuovo atteggiamento nei confronti degli Stati satellite, chiamiamoli così, per un'ultima volta accelerarono le trasformazioni avviatasi già a metà degli anni 80 all'interno di alcuni Paesi dell'Est.


[00:11:01] L'allora Comunità Europea, tra il 1988 e il 1989 concluse i primi accordi con i governi riformatori di Varsavia e di Budapest ed a metà del 1989 la Commissione europea cominciò a coordinare gli aiuti occidentali alla Polonia e all'Ungheria. Ecco la Comunità Europea alla quale nel 1992, quindi con il Trattato di Maastricht, si affianca l'Unione Europea che prepara l'allargamento a est, naturalmente su richiesta di adesione da parte degli Stati che fino a un attimo prima facevano parte dell'Unione Sovietica. Cosa vedono i russi? Vedono l'Unione Sovietica che crolla miseramente, con la sola eccezione della Bielorussia. Tutte le repubbliche che appartenevano all'Unione Sovietica prendono le distanze da Mosca. La Federazione Russa è in ginocchio, non può fare niente per contrastare il fenomeno. E va bene così, dal momento che sono diventati degli Stati sovrani. No? E cosa succede a Mosca? Succede che Boris Eltsin, che pure aveva fatto di tutto per mostrare le evidenti debolezze gestionali di Gorbaciov, per umiliarlo pubblicamente e portarlo alle dimissioni, si dimostra a sua volta incapace di tenere insieme i brandelli di Unione Sovietica che si erano appena sgretolati. Per non parlare di quello che ha combinato nella gestione delle risorse economiche. Anzi, si, ne parliamo tra un attimo. Gli anni 90 non sono per la Russia un boccone facile da digerire. Era dagli inizi del Settecento che la Russia era abituata a giocare un ruolo di grande potenza sulla scena internazionale e nel periodo di Eltsin si ritrova in eclissi quasi totale.


[00:12:36] Ma come sappiamo, è proprio nel corso degli anni 90 che Vladimir Putin conosce la sua ascesa al potere, che culmina nella consegna della copia presidenziale della Costituzione russa al 31 dicembre del 99, succedendo quindi a Eltsin. Ecco, parliamo un attimo di Putin sotto il profilo della collocazione politica, quindi cercando proprio di capire quale sia la sua dottrina politica di riferimento. La novella trippa è un è un impasto di retorica nazionalista, slavofili e imperialista, con anche degli elementi sovietici. Non manca di citare anche Lenin e Stalin nei suoi discorsi. Ma proviamo per un attimo a capire come ha tentato di plasmare la sua figura politica, come quella di un eroe nazionale privo di alternative politiche, peraltro, che restituisce dignità e orgoglio al popolo russo. In primo luogo, Putin comprese che per traghettare la Russia fuori dalla crisi economica e sociale era necessario riaffidare allo Stato un ruolo centrale e ricostituire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Per farlo, ovviamente, servono risorse bisogna riportare le enormi risorse energetiche russe sotto il controllo dello Stato. Perché riportarle? Perché Elfin aveva fatto danni con Elfin. Quelle risorse energetiche erano passate nelle mani di pochi speculatori privati, i cosiddetti oligarchi del settore energetico, che nel giro di pochi anni, con vari pretesti, Putin si incaricò di incarcerare o di costringere all'esilio. Per quello che ne sappiamo.


[00:14:10] Quindi, le società in possesso di questi oligarchi tornarono allo Stato e nacque un gigante energetico di cui tutti abbiamo sentito parlare, Gazprom. E poi c'è la fortuna, perché nei primi anni 2000 ci fu un'impennata del prezzo del gas e del petrolio e gli enormi ricavi ottenuti da Mosca permisero una rapida ripresa economica che permise di pagare salari pubblici e pensioni che giustamente il popolo fa sempre piacere. E naturalmente andò anche a rimpolpare gli arsenali, perché la storia è sempre quella alla fine giusto. Una volta risollevata l'economia, l'attenzione di Putin si è quindi rivolta all'estero, ma in maniera furba non si è posto subito in polemica con gli Stati Uniti, anzi ha appoggiato pienamente la lotta al terrorismo all'indomani degli attentati dell'11 settembre. E a dire il vero, ne ha approfittato persino presentando ad esempio il conflitto in Cecenia come parte della mobilitazione internazionale contro il fondamentalismo islamico. È un'altra storia, d'accordo, molto complicata anche quella. Ma la sto citando soltanto per ricordare noi europei che dovremmo imparare a leggere un pochino di più tra le righe. Ma in ogni caso i rapporti con l'Occidente degenerarono in fretta. Già quando nel 2004 la Nato si allargò ulteriormente a Est, includendo Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Bulgaria, Slovacchia, Slovenia. Contate che Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria erano già entrate nel 99. Putin fu molto chiaro nel considerarla come una mossa aggressiva da parte dell'Occidente e una volontà di accerchiamento della Federazione Russa e manifestò anche una certa irritazione nel veder crescere movimenti filo occidentali in Ucraina e in Georgia.


[00:15:51] E Putin, come dicevamo, considera il crollo dell'Unione Sovietica come la peggior catastrofe geopolitica del XX secolo. Un dramma per tutti quei russi che da un giorno all'altro si sono ritrovati abbandonati fuori dai confini della Federazione Russa. Una narrazione decisamente poco obiettiva, ma che riscuote molto successo. E che cosa fa l'Europa? Dal canto suo, negli anni 90, dicevamo che nel 1993 a Copenaghen il Consiglio europeo decide di offrire ai paesi dell'Europa centrale e orientale la prospettiva dell'adesione all'Unione europea, anche se naturalmente regolata da condizioni ben precise e dal soddisfacimento di requisiti sia economici che politici. Ci vuole una decina d'anni perché il tutto si concretizzi, ma nel 2004 entrano a far parte dell'Unione Europea tanti paesi che facevano parte dell'orbita sovietica oltre a Cipro. A Malta, infatti, entrano l'Ungheria, la Polonia, la Slovacchia, la Lettonia, l'Estonia, la Lituania, la Repubblica Ceca e la Slovenia. Nel 2007 entrano Romania e Bulgaria e l'ultima nel 2013. Fulminea in quanto a tempistiche, la Croazia, ma l'Ucraina no. L'ucraina non è nemmeno tra i Paesi candidati all'ingresso nell'Unione Europea, come invece sono la Turchia, ad esempio, che è lì che aspetta da una vita e che bene che aspetti la Serbia, l'Albania, il Montenegro, la Macedonia del Nord, l'Ucraina è un'altra cosa. Ancora l'Ucraina fa parte di un gruppo in qualche modo più distante, con il quale l'Unione europea ha un rapporto di vicinato.


[00:17:22] Sono degli accordi di partenariato che non prevedono l'adesione all'Unione europea e tra i quali si annoverano, ad esempio, quello con l'Algeria, con la Libia, l'Egitto, il Libano, la Siria, la Moldavia, persino la Bielorussia, che pure è fedelissima a Mosca e se ricordate nel 2013 in Ucraina, è stata proprio la mancata firma di un accordo di associazione da parte del presidente ucraino Yanukovich, che ha portato a una lunga e violenta protesta popolare nota come Euromaidan, che, mi sorprendo di leggere, secondo alcuni ha diviso ideologicamente il paese in filo europeisti, per lo più nella zona occidentale dell'Ucraina e a Kiev, nella capitale e in filorussi nella zona est. Come se questa divisione fosse nata nel 2013? No, l'Ucraina è da sempre un Paese eterogeneo per lingua, per cultura, per etnia e anche per religione. Putin la fa spiccia e dice che è la culla della civiltà russa, ma è molto più complicato di così e lo sa perfettamente. Nel corso del Medioevo la regione che ospita l'attuale Ucraina è stata la culla degli slavi orientali, con la federazione tribale della Rus di Kiev che costituì la base dell'identità ucraina. Ma poi la storia dei secoli successivi è una storia di invasione mongola che fece collassare anche l'unità territoriale della Rus e che la lasciò frammentata e contesa tra diverse potenze, incluse l'Austria-Ungheria, la Confederazione polacco. L'impero Ottomano e naturalmente il Regno russo.


[00:18:55] Tra il 17.º e il XVIII secolo prosperarono invece i cosacchi e poi il territorio fu diviso tra Polonia e Saratov russo e nel Novecento, a seguito della Rivoluzione russa, sorse un movimento nazionale ucraino per l'autodeterminazione che portò alla costituzione della Repubblica Popolare Ucraina, ma solo cinque anni dopo, nel 1922, divenne uno dei membri fondatori dell'Unione Sovietica. Quindi l'Ucraina, come dicevamo, è indipendente, realmente indipendente dall'altro ieri, dal 1991, dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica. Sotto il profilo culturale, innegabilmente, c'è una certa continuità con la Russia. Ad esempio la Chiesa ortodossa affiliata al Patriarcato di Mosca vi domina da secoli, sancendo di fatto un continuum di valori e di comunanza spirituale con la madre Russia. Ma a ovest dell'Ucraina la situazione è molto diversa. Stiamo parlando di una regione che è appartenuta al regno polacco per tre secoli, poi all'Impero austriaco, e poi è scivolata nell'orbita sovietica solo nel 1922, con l'eccezione della regione trans carpatica, che è rimasta cecoslovacca fino al 1945 e a ovest. Peraltro a predominare è il cattolicesimo romano, non la Chiesa ortodossa. Siamo nella parte dell'Ucraina che da lungo tempo guarda all'Occidente, persino quando a ovest c'erano i nazisti, pur di non stare con i sovietici. Negli anni 30 molti ucraini che avevano ben impresse negli occhi immagini di carestie, di deportazioni, di repressioni sovietiche che portarono alla morte di 8 milioni di ucraini, si arruolarono nelle formazioni paramilitari del Terzo Reich per partecipare all'Operazione Barbarossa, quindi all'invasione nazista dell'Unione Sovietica.


[00:20:41] E naturalmente c'è la Crimea, che è sempre stata una penisola molto strategica. Crimea che fu presa sotto il regno di Caterina Seconda e fu subito Russia, firmata ed eletta porto strategico fondamentale per lo zar dato. Il porto di Sebastopoli riveste ancora oggi un'importanza fondamentale per i russi, perché è uno degli snodi per l'accesso al Mediterraneo, nonostante la Turchia non le abbia mai garantito un passaggio facile dal Bosforo e dei Dardanelli. Sebastopoli ospita la flotta russa del Mar Nero. Innegabile, verissimo. Però non può essere questo l'elemento che spiega l'intera faccenda, perché la proiezione strategica russa va molto più in là. Arriva fino in Siria, al porto di Tartus. Eppure resta innegabile l'importanza di Sebastopoli per Mosca, che nei prossimi anni, entro il 2025, vuole arricchire la flotta del Mar Nero di almeno 18 unità, due sommergibili e nuove fregate. Ed è chiaro il perché. Lo dicevamo all'inizio la Russia vuole tornare ad avere un ruolo di primo piano, in particolare nell'area del Mar Nero e del Mar Mediterraneo. E questo tramite accordi militari, basi e forniture di armi a Paesi appena ritornati. Amici come l'Egitto. Se vi ricordate un pochino della storia del pensiero geopolitico, la Russia ha sempre patito la mancanza di un accesso diretto a mari caldi, quindi a rotte commerciali che siano navigabili tutto l'anno, a differenza di quella artica. Ma dicevamo che l'Ucraina è indipendente dal 1991 e all'indipendenza, purtroppo non ha fatto seguito un'unità nazionale vera e propria.


[00:22:16] Anzi, già nei primi anni 2000 lo scenario politico ucraino ha cominciato a polarizzare tra chi desidera un avvicinamento all'Unione Europea e chi invece rimarca il legame storico con la Russia. Ne sia un esempio la competizione elettorale del 2004, in cui nelle regioni orientali Viktor Yanukovic, filorusso, aveva ottenuto l'80 per 100 dei voti e nelle regioni occidentali Viktor Yushchenko, filo europeo, ottenne quasi lo stesso successo un plebiscito filo europeo a ovest e in contemporanea un plebiscito filorusso a est. L'esito fu la cosiddetta Rivoluzione arancione che portò alla presidenza di Viktor Yushchenko. Il filo occidentale, quindi, e da quel momento Vladimir Putin cominciò a utilizzare le forniture di gas russo, da cui l'Ucraina dipende come uno strumento di pressione su Kiev. Cinque anni più tardi, nel 2010, sale Yanukovich che, per quanto filorusso negli anni della sua presidenza, prova anche a negoziare per l'aiuto europeo tramite un accordo di associazione e di libero scambio, la famosa politica europea di vicinato di cui parlavamo prima ma chiedeva troppo voleva un accordo doganale da 20 miliardi di euro e Bruxelles non offriva più di 610 milioni di euro. Allora Yanukovich si è girato volentieri verso Putin, che da tempo aveva messo sul piatto 15 miliardi di dollari in aiuti diretti e si dimostrava disposto a continuare a fornire il gas naturale all'Ucraina ad un prezzo amico. Non c'è solo il gas a legare l'Ucraina alla Russia.


[00:23:51] Molti settori. Strategici per l'economia ucraina sono strettamente interconnessi con la Russia, ma ad ogni modo tornare da Putin avrebbe significato rituffarsi nell'orbita russa, prospettiva che fece scendere in piazza molti, moltissimi rivoltosi. La rivolta di Maidan. Maidan in ucraino vuol dire piazza, non altro. La sola idea di un nuovo accordo fra Mosca e Kiev scatenò la rivolta di Maidan, che la stampa europea salutò perlomeno con ingenuità, dato che poi si è scoperto essere stata orchestrata da un buon numero di nazionalisti filo occidentali e anti russi, alcuni dei quali però marcatamente neonazisti, che certamente non costituivano la totalità dei manifestanti. Anzi, però non esitarono a imbracciare le armi, a scendere in piazza per rovesciare quello che sulla carta era un governo legittimo. Nonostante questo, è doveroso ricordare che la protesta, stando ai sondaggi, fu vista con favore da circa il 50% della totalità degli ucraini. Di nuovo è inutile cercare di trovare vittime e carnefici tra gli ucraini, perché la situazione politica si giocava e si gioca tutt'oggi sul filo del rasoio. Sarebbe bello poter dire che, all'indomani delle proteste di Maidan, il tutto si risolse con un plebiscito per Poroshenko, quindi il nuovo premier filo occidentale. E invece cominciata la guerra. Vladimir Putin reagì immediatamente facendo occupare militarmente la penisola della Crimea, dove nel giro di poche settimane fu organizzato un referendum che dava una schiacciante maggioranza a favore dell'annessione alla Federazione Russa. Ci sono stati dei dubbi su come si è tenuto quel referendum.


[00:25:28] Putin, da parte sua, ha invocato il precedente del Kosovo, che certamente non è stato un punto luminoso di condotta da parte dell'Occidente. Con l'annessione russa della Crimea scattarono da parte degli Stati Uniti e dell'Unione Europea sanzioni piuttosto blande. Anche perché nell'Unione europea ci sono alcune nazioni, tra cui l'Italia e la Germania, che non possono trascurare la propria dipendenza energetica da Mosca, soprattutto in relazione alle forniture di gas e di petrolio. Ma Putin non si è fermato. La Crimea nel 2014 ha cominciato ad appoggiare militarmente anche i separatisti della regione del Donbass. Fin dal marzo 2014 migliaia di separatisti manifestarono a Donetsk contro le nuove autorità di Kiev, filo occidentali, appunto quelle di Poroshenko, e si impossessarono di depositi di armi, di uffici amministrativi e di posti di polizia. Il 7 aprile proclamarono la Repubblica Popolare di Donetsk, emulati a Lugansk da altri separatisti. Appena eletto, il presidente ucraino Poroshenko lanciò un'operazione che definì antiterrorista per tentare di riprendere le città del Donbass, finite in gran parte in mano ai separatisti. Donec'k fu bombardata con artiglierie pesanti, mentre l'esercito regolare ucraino cercava di spezzare gli assi di rifornimento russi. Ma anche gli Stati Uniti iniziarono a inviare rifornimenti. Nel dicembre 2014 Obama firmò il Freedom Act e nel giro di tre anni fece arrivare in Ucraina 2 miliardi e mezzo di dollari in armi, equipaggiamenti e addestramento per i militari ucraini. Ma se arriva un primo negoziato già nel settembre 2014 a Minsk, in seguito al quale la Rada, il Parlamento ucraino, promulga una legge sul regime speciale di autogestione locale dei distretti del Donbass in mani separatiste.


[00:27:16] Ma il fuoco non cessa. I ribelli nel giro di pochi mesi conquistano 1500 chilometri quadrati di nuovi territori che collegano Lugansk a Donetsk. Le diplomazie friggono e l'allora presidente francese Hollande riesce a convincere russi e ucraini a negoziare gli accordi di Minsk due fra l'11 e il dodici febbraio 2015. Ma non solo. Non ha funzionato. La situazione si è aggravata in meno di un mese, violando gli accordi di Minsk uno. I separatisti tentarono il tutto per tutto e conquistarono altri 420 chilometri quadrati di territori. Di lì in poi anche le clausole militari di Minsk due sono state continuamente violate. Sotto le continue esplosioni provocate da bombe di artiglierie e mortai. Domanda cosa fa il mondo di fronte a questa guerra? Guarda se ci riesce. L'organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa in particolare, sta monitorando la situazione da anni attraverso una missione speciale. Ma il compito non è semplice perché gli osservatori non hanno accesso a tutte le zone e subiscono continue intimidazioni. Faticano persino a monitorare con i droni che vengono perennemente disturbati dai jammer dei separatisti. E arriviamo al novembre dello scorso anno, quando la Russia ha iniziato a concentrare le sue forze armate presso il confine con l'Ucraina circa 130.000 unità militari, con tanto di artiglieria, di veicoli motorizzati, jet supersonici, batterie antiaeree e supporto logistico.


[00:28:45] Mosca ha inoltre inviato forze in Bielorussia, il suo grande alleato, e ha dispiegato la sua flotta militare nel mar. Ufficialmente per esercitazioni. Sia chiaro che anche la Nato negli ultimi anni si è mossa non solo includendo dodici Paesi dell'ex orbita sovietica all'interno dell'Alleanza Atlantica, ma anche organizzando delle esercitazioni piuttosto muscolose. Mettiamola così vi ricordate i famosi 30.000 americani che nel marzo 2020 sono sbarcati in Nord Europa per un'esercitazione enorme, il più grosso dispiegamento di truppe Nato in Europa dalla fine della Guerra Fredda. Però quella era un'esercitazione che ha infastidito moltissimo Putin. E lo sapevano che avrebbe infastidito moltissimo Putin. Ma era un'esercitazione. Quella di Putin, invece ha dimostrato di non essere un'esercitazione. Giusto, possiamo dire a posteriori. Certo che era un'operazione militare ben premeditata. E in effetti c'era un segnale che sempre a posteriori, per carità, ma avrebbe dovuto metterci in allarme gli ospedali da campo, come ci ricordano gli storici militari, quando Mosca decide di muovere guerra, preferisce farlo di sorpresa. Quando i russi decidono veramente di combattere, non lo danno sapere prima. Non si agitano per convincere il Congresso statunitense, l'opinione pubblica e i paesi occidentali. Solo l'arrivo al fronte di molti ospedali da campo, che sono una risorsa rara che viene dispiegata quando effettivamente serve, è il vero balzo nella guerra. Il giorno dopo è sempre tutto molto più chiaro, ma quello era il segnale che Vladimir Putin aveva deciso e preventivato di versare molto sangue anche fra i suoi uomini.


[00:30:23] Ma Fiorellino non hai nominato manco una volta Zelensky, l'attuale presidente ucraino? Sì, è vero, non l'ho fatto un po' per evitare facili ironie, visto che stanno uscendo informazioni sul suo conto che non sembrano dipingere esattamente un Robin Hood del nostro tempo. E un po' perché dal punto di vista strategico mi permetto di credere che non si sia mosso esattamente in maniera assennata. Se pensiamo che nel marzo 2021 aveva annunciato la sua strategia per la disoccupazione e il reintegrazione della Crimea, provocando l'ovvia reazione di Mosca e ritrattando poi su posizioni molto più caute. Non sto dicendo che un paese sovrano non abbia il diritto di preparare una strategia simile. Sto dicendo che il fatto di annunciarla con un presidente russo come Putin nella situazione contingente non è stata una mossa azzeccatissima. Altra grande domanda cosa vuole Vladimir Putin? Io non lo so. Io posso basarsi sulle dichiarazioni che ha fatto negli ultimi anni. Negli ultimi anni ha ribadito più volte di volere delle garanzie sulla postura della Nato a Est. A dicembre dello scorso anno la Russia ha avanzato due bozze di trattati che contenevano richieste di garanzie di sicurezza, inclusa una promessa giuridicamente vincolante che l'Ucraina non si sarebbe unita al Trattato nordatlantico, nonché una riduzione delle truppe e dell'equipaggiamento militare delle forze Nato di stanza in Europa orientale, minacciando una risposta militare non specificata se tali richieste non fossero state pienamente soddisfatte.


[00:32:01] C'è chi dice e c'è chi dice. Storici militari sostengono che in realtà sia una scusa che l'eventuale ingresso dell'Ucraina nella Nato non costituirebbe una minaccia poi così rilevante per la Russia. Mi permetto di dissentire. È vero che Putin è bravissimo, molto, molto abile nel trovare dei pretesti. Però è dal 2002, con la prima pianificazione del sistema di difesa missilistico della Nato per proteggere l'Europa che Putin brontola. E in effetti gli scudi anti missilistici che la Nato ha già piazzato ad esempio in Romania nel 2016 e che sta allestendo anche in Polonia, ufficialmente in chiave anti Iran, potrebbero facilmente indebolire anche un'eventuale offensiva russa in caso di conflitto. Ma qui gli esperti di testate missilistiche e di sistemi difensivi potrebbero ovviamente smentirmi. Però non basta. Non può essere solo questo il nodo. Sappiamo che Putin ha riscosso un enorme successo quando si è mosso per riammettere la Crimea e se è vero che non godrebbe dello stesso successo interno se tentasse di prendersi l'intera Ucraina. Per lo meno è probabile che non voglia passare alla storia come quello che se l'è fatta soffiare. L'ucraina, di nuovo, è un atteggiamento paternalistico, possessivo, ingiustificabile nei confronti di uno Stato sovrano. È l'atteggiamento di Putin. Peraltro un'eventuale ingresso dell'Ucraina nella Nato, oggi come un anno fa, non sarebbe praticabile. Sappiamo che per poter aderire all'Alleanza Atlantica uno Stato non può avere conflitti aperti al proprio interno.


[00:33:36] L'ucraina ha un conflitto aperto al proprio interno da otto anni. Eppure questo non basta con ogni evidenza per mettere buono Putin. Perché di nuovo non possiamo pensare che l'intera questione ucraina sia legata alla faccenda nato. Sì, nato no. Significherebbe dimenticare, ad esempio, che appena qualche settimana fa la dichiarazione congiunta di Putin e XI Jinping, 4 febbraio 2022, parlava dell'inizio di una nuova era in cui non è più determinante la democrazia dell'Occidente, in cui ogni nazione può scegliersi le forme e i metodi di attuazione alla democrazia che meglio si adattano al proprio Stato. Potrebbero essere solo chiacchiere, oppure potrebbe essere un chiaro segnale di rifiuto nei confronti dell'assetto attuale delle relazioni internazionali? Un segnale di rifiuto, anzi, nei confronti della famosa auto narrazione occidento-centrica delle democrazie liberali, potrebbe essere la riaffermazione di una logica di forza che Putin sta dimostrando nei confronti dell'Ucraina e che, con buone probabilità si Jinping si prepara a fare nei confronti di Taiwan. Perché non parlo del resto, ovvero di quello che sta succedendo nelle ultime settimane in Ucraina, perché per quello c'è Daniele Raineri. Trovate tutti gli articoli che volete e quello che credo di poter fare con un progetto come questo. Non è un commento agli eventi in diretta, ma è un lavoro come quello che che vi ho appena presentato. Vi ringrazio moltissimo per la pazienza, per avermi ascoltato fino qui e per tutto il supporto che avete continuato a darmi negli ultimi mesi, ma presto.

Commenti[modifica | modifica sorgente]

Ero sicuro che non sarei rimasto deluso da questo canale e ti ringrazio per il tuo lavoro. Conoscendo molto da vicino questo Paese mi permetto di puntualizzare due/tre virgole, parto dalla meno importante:

- L'aspetto culturale-religioso non è molto rilevante in un paese molto laico e variegato (ci sono anche ebrei, tatari e turchi), in cui si stima che circa il 60% della popolazione sia non credente. Da questo punto di vista l'aspetto linguistico potrebbe avere un peso maggiore, visto che l'Ucraino è una lingua più simile al polacco, ma parliamo di quisquiglie. Se sicuramente esisteva una divisione tra chi era più proiettato verso Est e chi verso Ovest, la guerra in corso ha forse cancellato gran parte di questa dicotomia, forse cementando un sentimento nazionale che non si vedeva appunto dai tempi della Rivoluzione del 17.

- Euromaidan: inizialmente le proteste furono pacifiche, anche se determinate. La repressione poliziesca (come spesso accade) ha acceso le rivolte. Ricordiamo tra l'altro che Yanukovic si affidò a dei picchiatori di professione, alcuni dei quali hanno fatto carriera politica nelle autoproclamate Repubbliche Popolari, lascio da parte il discorso sulla cosiddetta Repubblica Autonoma di Crimea (dico cosiddetta perché di "autonomo" ha ben poco, tanto che nemmeno la Russia nasconde l'annessione).

- Le Repubbliche Popolari, appunto: qui mi sbilancio con alcune mie opinioni, ma alla luce degli eventi a me sembra chiaro che siano sempre stato il piede di Mosca sull'uscio dell'Ucraina. Se anche fossero state spinte da sinceri ideali, non sarebbero resistite più di un anno senza i finanziamenti e gli armamenti russi. Sappiamo benissimo (è ampiamente documentato) che mercenari senza insegne e battaglioni della Wagner hanno combattuto in Donbass, oltre a brigate internazionali formate da volontari, che però aggiungono poco al conflitto e da qualche parte saranno arrivati. Tra l'altro è indicativo che i principali esponenti politici di Luhansk e Donetsk sono tesserati di Russia Unita.


Salve, mi pare manchino nell'analisi importanti ingredienti:

1)  i 30 biolaboratori americani in Ucraina che lavoravano, a detta del Cremlino, su patogeni diretti a colpire specificatamente il genoma russo.


2) I piani del pentagono per un attacco one-shot nucleare alla Russia, possibile solo piazzando i missili di intercettazione della risposta russa a ridosso dei suoi confini.

3) il governo di Kiev, dopo euromaidan, ha iniziato una repressione dei russofoni violentissima, iniziando con l'esclusione del russo dall'insegnamento scolastico per arrivare poi a chiudendere gli occhi sui massacri di civili che i battaglioni neonazisti hanno compiuto qua e là, su tutti il pogrom di Odessa.

4) il mondo unipolare dell'impero usa è finito, e così la globalizzazione ed il predominio del dollaro nelle transazioni internazionali. Gli Usa hanno montato la guerra in Ucraina ad arte per cercare di separare la Russia e la Cina dall' Europa e mettere un freno a questi fenomeni per loro infausti.

5)su suolo Ucraino, congiunte con le forze militari ucraine, la NATO ha condotto 3 esercitazioni negli anni scorsi e si è parlato più volte dell'ingresso dell'Ucraina nella Nato.

Consiglierei per capire cos'è successo dal 2014 di vedere i video delle conferenze del compianto Giulietto Chiesa.

Per es:

https://youtu.be/ZU4KwamQdr8

https://youtu.be/q3wtb-mOKyY

Per sentire un punto di vista di chi è direttamente ora in donbass i diari di viaggio di Giorgio Bianchi sul canale YouTube visione TV, uno che era stato anche fra le pallottole di euromaidan,

Per esempio l'ultimo video fuori da mariupol:

https://youtu.be/msgVcmBgnpU


Personalmente ho sempre "diffidato" riguardo al pensiero unico dominante che spesso sfocia nella"sagra dell'ovvio" Il Tuo è un video che andrebbe mandato in prima serata in una tv nazionale ! Nell' economia così come nella politica, separare i buoni dai cattivi è un'operazione inutile, quanto impossibile. La storia ormai si legge interpretando gli spazi fra le righe...così come nei tuoi video spesso "parlano piu' le Tue pause che non mille parole.