Femminicidio, danni sensazionalismo

Da Tematiche di genere.
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Voce principale: Femminicidi.

Sensazionalismi tra giornalismo e mass media[modifica | modifica sorgente]

La Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne, all’articolo 17 chiede proprio che si incoraggi “il settore privato, il settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e i mass media, nel rispetto della loro indipendenza e libertà di espressione, a partecipare all’elaborazione e all’attuazione di politiche e alla definizione di linee guida e di norme di autoregolazione per prevenire la violenza contro le donne e rafforzare il rispetto della loro dignità”.

Qualsiasi sia l'argomento, l'informazione e il diritto di cronaca non devono trasformarsi in mero sensazionalismo: un uso consapevole del linguaggio ed una narrazione fedele dovrebbero essere i capisaldi di una cronaca corretta, un modo per sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema, molto più dell'estrema esaltazione degli stereotipi all'esasperato scopo di ottenere più visualizzazioni, più likes, più interazioni a scapito della credibilità, incurante del diritto alla privacy e del rispetto nei confronti delle vittime.

Il giornalismo corretto deve dimostrare il rispetto di genere descrivendo l’essenza e la verità dei fatti; il codice narrativo non deve scadere in descrizioni morbose né soffermarsi su dettagli superflui per puro sensazionalismo, per spettacolarizzare la violenza. Anche l'utilizzo di termini fuorvianti come ‘raptus di gelosia’, ‘perdita di controllo’ (o della testa), ‘amore malato’, ‘follia d’amore’, ‘troppo amore’, ‘partner disinvolta’ contribuisce a generare inutili sensazionalismi, come si volesse inserire un giudizio soggettivo su un fatto da dover riportare semplicemente nella sua completezza oggettiva.

La cronaca tende a raccontare solo quello che il pubblico desidera leggere e sentire, fornendo fittizie spiegazioni accettabili e rassicuranti del fenomeno, ovvero che i femminicidi siano legati a storie individuali, contesti extra-ordinari, ricercando colpe o ragioni allo specifico rapporto vittima/assassino, ricercando particolarità specifiche, tentando di individualizzare e psicologizzare ogni componente dell'evento che riescano a negare ai più l’evidenza di un problema sociale di cui quella storia è espressione.

Questa estremizzazione ha condotto negli anni alla riflessione che la donna, vittima o sopravvissuta ad una violenza di genere, sia poi stata successivamente vittima anche dei media, alimentando l'insieme di pregiudizi, costumi e tradizioni basati sull’idea di inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli di donne e uomini.

Sono state attivate, negli ultimi anni, iniziative di osservazione e costante attenzione alle problematiche dell’identità di genere, affiancate da una assidua rete di monitoraggio al fine di prevenire, sulle emittenti radiotelevisive locali, la trasmissione di messaggi discriminatori, offensivi o degradanti, contemporaneamente promuovendo un’informazione attenta a valorizzare l’identità di genere e a sensibilizzare il territorio regionale sul tema degli stereotipi di genere.

Statistica: i casi ISTAT e EURES[modifica | modifica sorgente]

Come già osservato nell'articolo principale e nell'approfondimento, due dei principali istituti statistici in Italia hanno dato man forte ai mass media e a tutto il movimento di speculazione, diffondendo, con toni prettamente sensazionalistici, dati scorretti e di risonanza, peraltro utilizzando negli anni la definizione errata di femminicidio.