Buoni propositi e strumentalizzazioni

Da Tematiche di genere.
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Riflessione su motivazioni positive dei giovani e i fallimenti che ne conseguono[modifica | modifica sorgente]

Lui: In parte. Di sicuro il giovane medio è molto più istruito del classico caciarone da social [ndr. boomer] che crede a qualsiasi cagata condivisa da gruppi e siti improbabili. Per questo motivo il giovane è mediamente più orientato ad una posizione un po' più "ragionevole" su una tematica: anche nella stessa schwa, l'obiettivo di fondo è comunque quello di essere inclusivi, di abbattere le barriere, il che è encomiabile nelle intenzioni.

Molto meno nella realizzazione, in cui spesso senza accorgersene si trovano immischiati in certe dinamiche "da social" che soffrono anche i loro genitori considerati "boomer". Perciò quando incontrano un asso nell'argomento, o più semplicemente uno un po' più esperto di loro, che gli dice che non c'è solo A o B, ma anche una posizione intermedia ragionata e complessa, loro partono a battagliare contro i mulini.

Penso che sia una genuina voglia di dimostrare di essere "migliori" di quelle vecchie generazioni che, oggettivamente, ci hanno condotti in questa situazione con i loro errori.

Il giovane adotta la posizione più "moralmente superiore" perché così è migliore del "boomer". Però poi non si accorge di abbracciare una vera e propria ideologia, che seppur nobile (mi viene in mente la green economy), spesso deve scontrarsi con la realtà e mediare nelle posizioni per ottenere un risultato

Altro: io sono un po' troppo critico probabilmente, riconosco di essere in una posizione privilegiata (perché ho più esperienza di tanti ragazzi per via dell'età, ma sono anche molto preparato sulle nuove tecnologie e molto attivo sui social). Però il modo in cui riescono a sprecare le possibilità offerte dal web e dalla maggiore scolarizzazione mi fa cascare un po' le braccia...

Lui: ma guarda, secondo me non è neanche così uno spreco totale delle risorse offerte dalla rete, credo che sia banalmente inesperienza.

Mi ci metto pure io che sono 87, quindi un po' più giovane di te ma comunque a cavallo di quell'epoca. Credo che la nostra generazione sia quella più "abbandonata" generalmente. Non dai genitori per carità, ma proprio da un certo tipo di istruzione ed accesso alla cultura, che con la scuola messa sempre peggio e con "i vecchi" che si sono sempre rifiutati di divulgare la loro conoscenza, ci siamo dovuti imparare da soli fondamentalmente.

Non credo che saremo la generazione che "salverà il mondo" (ammesso che ce ne sia una), perché siamo troppo problematici, incapaci di leadership, infantili ecc... Però dovremmo fare da guida a questi giovani, che sono decisamente molto più in gamba di quanto eravamo noi ai tempi, però rischiano di farsi propagandare da leader o personaggi influenti (non parlo necessariamente del politico di turno, anche banalmente il collega di lavoro più anziano) ed entrare in ideologie incompatibili con quello che è il mondo reale

Megariflessione by Fcpho[modifica | modifica sorgente]

È una spiegazione incredibilmente parziale, pigra e scollegata dalla realtà, se posso permettermi. Da una persona comune, poco aggiornata sul dibattito filosofico internazionale dal secondo dopoguerra in poi, me lo aspetto, ma da un filosofo è quantomeno deludente, se non addirittura intellettualmente disonesto.

La maggior parte del pensiero filosofico-politico e della militanza che, a sua volta con una retorica forse poco costruttiva e trasparente, potremmo catalogare nella categoria di "politicamente corretto" (a partire dal femminismo intersezionale) è anticapitalista, oltre che antirazzista, anticolonialista, antiabilista e anti-ciseteronormatività. L'intersezionalità si basa proprio sul riconoscimento dell'intersezione - appunto - di diversi assi di oppressione (basati sulla classe, sulle condizioni economiche, sulla razza, sul genere, sul sesso, sull'orientamento sessuale, sulle caratteristiche fisiche e psicologiche, ecc...) all'interno dello stesso sistema socioeconomico, politico e culturale. L'oppressione di classe e, in generale, i danni del capitalismo continuano a essere centrali nell'elaborazione intellettuale e nell'attivismo sociopolitico; semplicemente non sono più gli unici, perché non c'è ragione per cui dovrebbero esserlo. I riduzionisti di classe (perché di questo si parla) amano accusare chi sostiene le rivendicazioni dei gruppi marginalizzati di dividere la classe lavoratrice e distrarre dalla lotta di classe, ma forse dovrebbero chiedersi se in realtà non sono loro a dividere la classe lavoratrice, rifiutando di ascoltare e combattere i problemi di quei lavoratori e di quelle persone comuni che, oltre a essere oppressi dal capitalismo, sono oppressi anche da razzismo, sessismo, omobitransfobia, abilismo e compagnia cantante. Il problema della sinistra sono i lavoratori neri che si lamentano del razzismo subito dai lavoratori (oltre che dai datori di lavoro) bianchi, mai i lavoratori bianchi che discriminano i lavoratori neri, che scherziamo?

È sicuramente vero che lo status quo e i mercati hanno fagocitato e risputato le elaborazioni e le rivendicazioni "politicamente corrette" (considerando che in origine "politicamente corretto" designava semplicemente il pensiero di chi riteneva importante evitare discriminazioni nella sostanza e nella forma), ma se è per questo lo hanno fatto anche con l'anticlassismo e l'anticapitalismo. Friedman parlava di negative income tax (un'integrazione di reddito per chi è sotto una certa soglia) e i liberali amano riempirsi la bocca di ascensore sociale, più ricchezza per tutti (anche per i poveri) e rapporto alla pari tra imprenditori e dipendenti: questo forse significa che lo status quo è anticapitalista e usa la lotta di classe per distrarci da presunti altri "veri" problemi? No. Allo stesso modo, il pink-washing e il rainbow-washing agiti dai media mainstream non significano che in realtà i sistemi di oppressione riguardanti dimensioni diverse dalla classe non siano veri problemi, ma solo armi retoriche usate dal capitalismo per alimentare guerre tra poveri. È semplicemente il realismo capitalista di cui parla Fisher: nel capitalismo tutto è possibile, anche lo stesso anticapitalismo, basta che in fin dei conti non abbia un vero significato, un vero valore, un vero potenziale di cambiamento; tutto è ridotto a mera estetica, funzionale pure a riconsolidare l'idea stessa che qualsiasi alternativa al sistema attuale sia implausibile, irrealistica, assurda, ridicola.

Io: hai letto Realismo Capitalista!

Comunque lasciami dire che apprezzo tantissimo ciò che hai scritto, lo condivido e credo che non ci sia contraddizione tra il tuo pensiero e quello di Preve (il filosofo).

Tu hai interpretato le sue parole come una condanna all'ideologia.

Io credo invece che avesse semplicemente previsto come sarebbe stata strumentalizzata questa ideologia.

Questo non implica alcun giudizio sull'ideologia stessa. Anzi il punto a mio avviso è proprio che non è sufficiente guardare solo alle ideologie.

Lei: Effettivamente l'interpretazione corretta dell'estratto di Preve da te citato dipende dal resto del suo pensiero, che io non conosco. Se è come dici tu, allora non penso che il discorso sulla strumentalizzazione sia attinente parlando di linguaggio inclusivo. Le concezioni filosofiche più impegnate nell'analisi dell'oppressione sistemica intersezionale attribuiscono grande rilevanza e potere al linguaggio, quindi mi pare del tutto coerente che per chi, più o meno consapevolmente, aderisce a queste concezioni il maschile sovraesteso possa essere un effettivo problema, nella misura in cui il linguaggio condiziona la nostra capacità di rappresentazione, da cui discendono poi opinioni, atteggiamenti e comportamenti. Che si concordi o meno con questa tesi, mi sembra poco opportuno considerarla una mera strumentalizzazione a fini di marketing, oppure ridurla a virtue signaling e simili. Se se ne vuole discutere, quindi, penso che abbia più senso concentrarsi sul merito degli argomenti ("qual è l'origine del maschile sovraesteso? Quali sono le sue potenziali ripercussioni sulla mentalità individuale e collettiva, in termini di sessismo e cisnormatività? Quali soluzioni si possono eventualmente individuare? Quale posizione occupa questo problema e la ricerca di soluzioni nella nostra gerarchia di priorità? Come gestire la comunicazione pubblica di questa riflessione in modo che non risulti controproducente per le cause che portiamo avanti?"). Anche perché lo schwa viene proposto solo da certi gruppi di attivismo e da qualche accademico; non mi sembra che media mainstream e imprese multinazionali si stiano ergendo a paladini dello schwa. Dall'altra parte, invece, abbiamo nomi illustri che adducono argomenti pretestuosi, attaccano dei fantocci anziché confrontarsi effettivamente con le tesi dell'interlocutore e, in generale, usano toni così elitari e aggressivi da risultare completamente fuori luogo. Non sto apprezzando per niente la fazione anti-schwa del dibattito, se devo dirla tutta. La petizione lanciata per vietare lo schwa è la ciliegina sulla torta: gente che fa tanto la paladina della libertà di espressione e poi si attiva per vietare una possibilità espressiva (innocua, per quanto possa non essere condivisa) ad altri; gente che critica la schwa perché "la lingua è fatta dai parlanti: non può essere imposta a tavolino dall'alto" e poi ... cerca di imporre una regola linguistica dall'alto (il divieto dello schwa). Il tutto dipingendo e trattando le persone pro-schwa come se fossero tutti necessariamente e indistintamente dei fanatici pericolosi ignoranti e stupidi che portano con sé chissà quale minaccia alla nostra civiltà, semplicemente per aver avanzato una proposta linguistica, corretta, condivisibile o praticabile che possa essere.

Per rispondere all'altra tua domanda, non penso che sarò molto attiva. Ogni tanto scrollo Facebook e trovo qualche spunto di discussione interessante, allora se ho il sentore che la conversazione possa essere costruttiva partecipo. Il fatto è che succede sempre di meno, in particolare per quanto riguarda questi temi. Sono onestamente stanca dei soliti argomenti fantoccio e pretestuosi sentiti un migliaio di volte. Ormai qualsiasi riflessione di sinistra che vada più a fondo delle banali concessioni liberali ("uguaglianza formale di trattamento, la violenza è sbagliata, il nazismo è una cosa brutta") viene accusata di fanatismo, irrazionalità, eccessiva sensibilità, senza che ci sia mai la benché minima volontà di andare oltre questa impressione stereotipica iniziale. Penso che Facebook non sia lo spazio adatto e che, a prescindere dallo spazio, certi pregiudizi siano troppo forti per poterli scalfire nel corso di una discussione di qualche ora.

Se sei veramente interessato alla questione (vale a dire: se il tuo intento non è meramente quello di esprimere astio e derisione nei confronti della tesi opposta alla tua, ma sei effettivamente disposto a comprenderla a fondo, senza banalizzarla e ridurla all'assurdo, e ammetti la possibilità di cambiare idea), puoi leggere le riflessioni dei linguisti che analizzano le relazioni tra linguaggio, capacità di rappresentazione, cognizione, pensiero e comportamento. Dopodiché puoi leggere le argomentazioni dei sostenitori del linguaggio inclusivo e dello schwa, per esempio. Detto questo, ti faccio notare che nessuno pensa che usare il maschile sovraesteso sia problematico perché chi non è uomo non capisce di essere destinatario di un messaggio espresso col maschile sovraesteso. Il problema riguarda il modo in cui la struttura di genere del linguaggio plasma i processi cognitivi, le opinioni, gli atteggiamenti e le azioni a livello individuale e collettivo. Infine, è vero che dato che c'è il maschile sovraesteso manca il plurale maschile: l'ho scritto io stessa in un post che ho scritto qui tempo fa. Anche per questo troverei utile avere un'opzione effettivamente neutra: parlare di questioni di genere, in particolare di questioni maschili, sarebbe più comodo, perché si capirebbe subito, senza bisogno di ulteriori specificazioni, se si sta parlando di una collettività o un individuo generico o di sesso maschile. Non vedo come questo possa essere un argomento a favore del maschile sovraesteso, semmai il contrario.

Io:[modifica | modifica sorgente]

io comunque temo che il problema sia questo: "Ormai qualsiasi riflessione di sinistra viene accusata di fanatismo, irrazionalità, eccessiva sensibilità".

Sto leggendo un libro di un certo Watzlawick, uno psicologo famoso, parla di sistemi con feedback (sistemi in retroazione). È stato superbellissimo scoprire che la psicologia ha preso questo concetto dall'ingegneria dei controlli automatici (cioè avevo studiato tutto questo all'università).

Watzlawick fa un esempio  e scherzoso sul cosa sia la retroazione: immagina un tipo che dà un calcio ad un sasso e poi ad un cane. Il cane lo morde → feeback/retroazione.

Anni fa ero totalmente e incondizionatamente a favore delle donne, davo tutta la colpa agli uomini e c'era solo un elemento che non mi riportava. Negli ultimi 5 anni, dopo aver subito centinaia di scontri, infinita frustrazione, ecc... i dubbi sono diventati tanti e credo che a molti non interessi fare lo sforzo che faccio io quotidianamente per ribilanciare...

I sistemi in retroazione secondo me chiariscono alla perfezione tutto ciò che sta accadendo. Immagina un elicottero, eroghi al motore tot cavalli e secondo i calcoli lui DOVREBBE sollevarsi da terra. Peccato che le componenti dei circuiti (es. le resistenze), a seconda della temperatura, abbiano sbalzi anche del 30% rispetto al valore nominale. Quindi l'elicottero che dovrebbe alzarsi si alzerebbe solo se la temperatura esterna fosse di 20 gradi. Non so se si capisce cosa sto cercando di dire...

Ad ogni modo si è capito che misurando la velocità verticale dell'elicottero si può stimare l'errore rispetto al valore atteso, utilizzare questo errore per controllare la potenza erogata al motore e fare in modo che l'elicottero si alzi correttamente indipendentemente dalla temperatura.

Il sistema fisico si complica tanto, diventa differenziale, però l'elicottero si alza...

Fuori dalla metafora tutto questo vuol dire che se si vuole cambiare le cose, si deve tenere conto della reazione delle persone. La schwa porta ad una reazione divisiva? Purtroppo è come l'elicottero che non parte, bisogna mettersi su Matlab, inserire la retroazione nel modello, e vedere come aggiustare l'insistenza sulla schwa (ad esempio) affinché la gente la accetti più facilmente.

Io sono convinto che i corsi e i ricorsi storici siano causati proprio da questo fenomeno. Dal fatto che gli organismi tendano a contrastare i cambiamenti (omeostasi, ovvero retroazione "negativa"). Io penso che si possa introdurre la schwa (e soprattutto essere più inclusivi), però forse dobbiamo ancora capire come farlo.

Lei[modifica | modifica sorgente]

Sono abbastanza d'accordo che la

  • comunicazione pubblica dei temi della sinistra radicale (cioè che critica radicalmente il sistema) sia gestita molto male e causi i feedback di resistenza al cambiamento di cui parli tu. Infatti tra le domande su cui confrontarsi ho messo "come gestire la comunicazione pubblica di questa riflessione in modo che non risulti controproducente per le cause che portiamo avanti?", perché penso sia un punto importante.
  • Se poi parliamo di come il femminismo affronta le questioni di genere, allora non è neanche più solo un problema di comunicazione, ma spesso anche di contenuto: l'analisi femminista dell'impatto del sistema dei ruoli di genere sugli uomini e della posizione ricoperta dagli uomini rispetto al sistema ha diverse falle.
  • Se invece parliamo della componente antirazzista, anti-ciseteronormatività, antiabilista e anticolonialista della sinistra radicale, penso che la resistenza astiosa sia dovuta più che altro, appunto, a una comunicazione di questi temi che non tiene conto della fisiologica resistenza al cambiamento degli esseri umani, però non solo.
    • Bisogna anche riconoscere che la destra sta usando tutti i mezzi in suo potere per costruire una narrazione demonizzante (e anche infantilizzante) nei confronti delle istanze della sinistra intersezionale. Su questo ti consiglio di leggere il post intitolato "La costruzione di un'ideologia" (o qualcosa del genere) de La Fantomatica e Immaginaria Dittatura del Politicamente Corretto - la pagina di per sé ha una visione parziale delle questioni di genere, essendo femminista, e presenta almeno in parte i succitati problemi di comunicazione delle proprie idee, ma allo stesso tempo spesso sforna analisi e materiali interessanti.
  • Questo per dire che sì, l'ostilità per le istanze di sinistra si può sicuramente spiegare con il tuo ragionamento, ma solo in parte: dall'altra parte ci sono esplicitamente l'interesse e l'intenzione di conservare lo status quo e mantenere intatta la marginalizzazione dei più deboli.
  • Dunque ora come ora mi interessa di più evidenziare le responsabilità di questi soggetti piuttosto che quelle di qualche influencer che si fa un po' prendere la mano con i temi dell'inclusività, di qualche ragazzino/a che si pone al riguardo con un atteggiamento un po' performativo, ecc...

A lungo ho pensato che fossero questi i veri "nemici" delle mie battaglie, ma da un po' di tempo a questa parte sto cambiando prospettiva, anche perché mi rendo conto che la discussione al riguardo non va molto lontano e che spesso finisce per essere uno spazio sicuro per le destre per portare avanti la loro agenda pro-status quo.

Parli di un'attivista trans che ha fatto qualcosa di magari un po' cringe? Tra tutti i commenti che la criticano per questo, pochissimi faranno lo sforzo di andare oltre, di non ridurre la conversazione sulla transfobia a quello, e poi arriverà quello che, forte del clima di astio nei confronti di una persona trans che parla di questioni trans, lancerà un commento su come "l'agenda trans" voglia sconfessare la biologia, mutilare i bambini, demonizzare le persone cis-etero, ecc... È importante non dare argomenti alla destra, ma è anche più importante non farle accidentalmente da megafono.

Quindi, in sostanza:

  • negli ambienti della sinistra radicale (anticapitalista), le persone LGBT+ e le frange anti-cisnormatività erano marginali e marginalizzate dalla maggioranza cis-etero e omobitransfobica, perché anche questi ambienti, come tutti gli altri, sono attraversati dai diversi assi dell'oppressione sistemica;
  • gli esponenti dello status quo capitalista, per approfittare di questa divisione [ecco l'effetto divisivo del riduzionismo di classe e della discriminazione intraclasse di cui parlavo], si sono appropriati di alcune rivendicazioni LGBT+, in una versione abbastanza diluita da essere compatibile con il liberalismo e le politiche economiche neoliberiste, neutralizzandone così il potenziale rivoluzionario [rainbow-washing] e scindendo l'attivismo LGBT+ dalla lotta contro il sistema di oppressione multidimensionale [realismo capitalista];
  • gli attivisti LGBT+ non di sinistra e molte persone LGBT+ - perché ovviamente l'identità sessuale è di per sé slegata dall'orientamento politico, come d'altronde la condizione socioeconomica e lavorativa, altrimenti tutti i lavoratori dipendenti sarebbe anticapitalisti, ma non è così - hanno accolto favorevolmente questo seppur limitato miglioramento della propria condizione almeno a livello formale, perché a nessuno piace essere discriminato e vedersi negati i propri diritti. Anche i lavoratori e le persone in difficoltà economica, finché sono bianche e cis-etero, non esitano a buttare sotto il tram le minoranze, votando il primo politico populista che promette loro un miglioramento della loro condizione che passi dalla vessazione del capro espiatorio (marginalizzato) di turno;
  • in tutto questo, però, non è che le frange pro-LGBT+ della sinistra radicale anticapitalista si siano vendute intellettualmente e politicamente al capitalismo in cambio di queste concessioni, dunque non mi sembra opportuno parlare di alleanza. Il movimento queer anticapitalista continua a essere attivo e a mettere in guardia dal rainbow-washing capitalista.

In definitiva, le concessioni che il capitalismo ha fatto alla comunità LGBT+ hanno avuto il doppio effetto di disinnescare il potenziale rivoluzionario della lotta LGBT+ e di indebolire la lotta di classe approfittando dell'omobitransfobia della sinistra anticapitalista, proprio perché chi è discriminato o comunque contrario alla discriminazione fugge dai rossobruni.

Ma se la lotta di classe è più debole di prima perché non va al di là della retorica anticlassista e antilavorista del neoliberismo, la lotta LGBT+, pur essendo più forte di prima (sarebbe impossibile esserlo di meno, dato che prima era totalmente invisibilizzata e osteggiata, a differenza della lotta di classe), è comunque debole rispetto a ciò che potrebbe essere, perché, al di là di qualche concessione formale e retorica, il capitalismo dà solo rainbow-washing, appunto. E in ogni caso la presentazione delle rivendicazioni LGBT+ come mezzo retorico per distrarre dalla lotta di classe alimenta solo il riduzionismo di classe e l'omobitransfobia intraclasse, che è proprio ciò che ha causato tutto questo circo in primo luogo. Dunque mi sembra assolutamente ragionevole affermare che le lotte dei gruppi marginalizzati hanno subito il giochetto del realismo capitalista tanto quanto la lotta di classe e che la strategia migliore è riconoscere e combattere tutte le forme dell'oppressione sistemica.

[Scusa le ripetizioni di parole e concetti, ma non trovavo un modo più snello per esporre il ragionamento in modo chiaro]

Se per normalizzazione intendiamo che non sono più visti come malati e pedofili, ma addirittura come persone, ok, solo che non mi sembra che vada molto più al di là di questo. E appunto ha diluito la lotta e ne ha tolto il potenziale sovversivo. Non sono conquiste piccole (irrilevanti), ma sono limitate. Anche la sanità pubblica è il diritto alle ferie retribuite sono grandissime conquiste, ma non sono neanche lontanamente esaustive. Stesso discorso.

Attivismo queer[modifica | modifica sorgente]

Non ho detto che l'attivismo queer è rimasto duro e puro, ho detto che l'attivismo queer DI SINISTRA RADICALE ANTICAPITALISTA è rimasto tale e non ha mai elogiato acriticamente le conquiste ottenute sotto/grazie a il capitalismo. L'attivismo queer non è né è mai stato un blocco unico (come nessuna forma di attivismo), quindi aveva e ha ovviamente anche delle frange liberali/liberiste o comunque non particolarmente politicizzate, così come non tutti i sindacati e i rappresentanti sindacali sono socialisti, anzi. Quindi certo, una parte dell'attivismo LGBT+ avrà endorsato il capitalismo, ma non quella anticapitalista, o hai prove del contrario (documenti, dichiarazioni, libri, ecc... che testimonino un repentino endorsement del capitalismo da parte dei pensatori e degli attivisti queer anticapitalisti)? E io di quella anticapitalista sto parlando, anche perché è ovvio che chi non è anticapitalista, LGBT+ o meno, non ha nessun motivo per contrastare il capitalismo, a maggior ragione se ha qualcosa da ricavarne. L'accusa ha ancora meno consistenza se consideriamo le persone e non gli attivisti: la maggior parte delle persone, e quindi anche di quelle LGBT+, non sono particolarmente politicizzate e si adeguano semplicemente al corso degli eventi, quindi parlare di alleanza delle persone LGBT+ col capitalismo mi sembra totalmente inopportuno.

Il tuo discorso suggerisce che i riduzionisti di classe non hanno tutti i torti a dire che le rivendicazioni LGBT+ vengono usate dal capitalismo per distrarre dalla lotta di classe e quindi l'attivismo LGBT+ è alleato del capitalismo.

In realtà, il capitalismo ha approfittato delle lacune della sinistra anticapitalista strumentalizzando le rivendicazioni LGBT+, in modo da indebolire, sul lungo termine, sia la lotta LGB+ sia la lotta di classe. Inoltre neghi che il rainbow-washing sia equivalente all'assimilazione del discorso anticapitalista secondo il meccanismo del realismo capitalista, perché il primo è stato il risultato di un'alleanza tra capitalismo e comunità LGBT+ e ha portato effettivi benefici per essa, mentre la seconda aveva lo scopo di affossare l'anticapitalismo e ci è riuscita. Ho spiegato perché non ha senso parlare di alleanza in questo senso, perché questa operazione sia stata favorita dal riduzionismo di classe e perché in realtà abbia indebolito anche la stessa lotta LGBT+. Inoltre non significa molto che la condizione delle persone LGBT+ sia migliorata mentre la lotta di classe si sia indebolita, dato che la prima non poteva peggiorare più di così e la seconda, invece, stava guadagnando terreno (poi perso) da un po'.

Note[modifica | modifica sorgente]

  1. Contiene anche ottimi spunti di riflessione sulla polarizzazione in genere
  2. https://pbs.twimg.com/media/Ffq2DfZXoAgofpt.jpg
  3. https://pbs.twimg.com/media/Ffq2DfZXoAgofpt.jpg