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Suffragio femminile in Italia
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==Il voto amministrativo== ===Prima dell'unità d'Italia=== [[File:Plebiscito 1866 - Risultati Mantova.jpg|miniatura|destra|Il voto delle donne nel [[plebiscito del Veneto del 1866|plebiscito del 1866]] a Mantova]] In [[Lombardia]], che era sotto dominazione austriaca, le donne benestanti e amministratrici dei loro beni <u>potevano esprimere una loro preferenza elettorale</u> a livello locale attraverso un tutore e <u>in alcuni comuni potevano essere elette</u>.<ref name="Votoam" /> Nel [[Granducato di Toscana]] (1569 al 1859) e in [[Veneto]] le donne <u>partecipavano alle elezioni</u> di politica locale ma <u>non potevano essere elette</u>. In Toscana un decreto datato [[1849]] <u>sanciva il diritto di voto amministrativo per le donne attraverso una procura e dal [[1850]] anche tramite una scheda inviata al seggio con una busta sigillata</u>.<ref name="Votoam" /> In occasione del [[plebiscito del Veneto del 1866]], seppur non previsto, anche le donne vollero esprimere il proprio sostegno all'[[unità d'Italia]]<ref name="Biscaccia">{{cita libro|autore=[[Nicolò Biscaccia]]|titolo=Cronaca di Rovigo, 1866|p=93|url=https://books.google.it/books?id=jkk_AAAAYAAJ&pg=PA93}}</ref> e per questo inviarono diverse lettere di protesta a re [[Vittorio Emanuele II]], mentre a Mantova vennero raccolte in urne separate circa 2.000 schede<ref name="RisultatiMantova">Manifesto del 25 ottobre 1866 del Commissario del re, Guicciardi.</ref>. Nella stampa dell'epoca venne sottolineato il carattere patriottico di questa partecipazione, trascurando gli accenni di protesta (''l'amarezza e l'umiliazione'') e di rivendicazione del diritto di voto.<ref>{{cita libro|titolo=Donne sulla scena pubblica: società e politica in Veneto tra Sette e Ottocento|autore=N.M. Filippini|anno=2006|p=136|url=https://books.google.it/books?id=6ogFk1DYKdgC&pg=PA136}}</ref> ===Dal 1861 alla fine dell'Ottocento=== Con <u>l'avvento dell'Unità</u> i diritti di voto garantiti localmente vennero meno e <u>si diede per scontata l'esclusione delle donne dalla vita politica</u> dettata dalle tradizioni. Il [[Regno d'Italia]] ignorava la parte femminile che lo costituiva: per questo motivo <u>nel [[1861]] le donne lombarde</u>, definendosi con audacia “cittadine italiane”, <u>portarono alla [[Camera dei deputati del Regno d'Italia|Camera]] una [[petizione]] nella quale rivendicavano il diritto di voto che era in loro possesso prima dell'Unità e chiedevano che venisse esteso a tutto il paese</u>.<ref name="Votoam" /> Furono <u>numerosi i tentativi di ammettere le donne al voto</u> amministrativo immediatamente dopo l'Unità d'Italia: * ci furono i disegni di legge Minghetti, Ricasoli (del 13 marzo e 22 dicembre 1861) * quello del ministro dell'Interno [[Ubaldino Peruzzi]] del 5 marzo 1863<ref name="ItaLib">{{cita libro| cognome=Isastia| nome=Annamaria |curatore =Marisa Ferrari Occhionero| titolo=Dal diritto di voto alla cittadinanza piena| editore= Casa editrice Università La Sapienza| città=Roma | anno= 2008 pagine=31-51| capitolo=La battaglia per il voto nell'Italia liberale}}</ref> nel quale si <u>richiedeva l'estensione del diritto di voto per le</u> <u>contribuenti nubili o vedove</u>. * Nel 1865 <u>la questione si concludeva con il discorso</u>: “I nostri costumi non consentirebbero alla donna di frammettersi nel comizio degli elettori, per recare il suo voto”<ref name="ItaLib" />, e <u>la dichiarò anche non eleggibile</u> ponendola allo stesso livello di analfabeti, falliti, condannati * Nel [[1871]] e nel [[1876]] i ministri [[Giovanni Lanza|Lanza]] e [[Giovanni Nicotera|Nicotera]] <u>separatamente presentarono progetti di riforma elettorale</u> a livello amministrativo, i quali f<u>urono approvati con forti opposizioni ma vennero insabbiati</u> e non furono mai discussi in Senato. * Nel [[1877]] [[Benedetto Cairoli]] propose nuovamente l'estensione alle donne del diritto di voto amministrativo limitato<ref name="Votoam" /> Parallelamente gravava nel contesto politico la questione del suffragio universale maschile e [[Agostino Depretis]] (che guidava il governo dal 1876)<ref name="ItaLib" /> formulò due nuovi progetti di riforma elettorale a livello amministrativo. * Il primo, del maggio [[1880]] nel proponeva di estendere l'elettorato ai cittadini di entrambi i sessi e maggiorenni, non fu neanche preso in considerazione.<ref name="Votoam" /> Un tizio controbattè al progetto ribadendo la ''natura maschile del suffragio devota all'impegno civile e politico che si pone in antitesi con quella femminile che si occupa da sempre dell'educazione, della famiglia''.<ref name="ItaLib" /> * Il secondo progetto, datato [[1882]], sanciva l'estensione del diritto di voto agli alfabeti maggiorenni: tale progetto viene valutato negativamente.<ref name="Votoam" /> Motivazioni: affermò che non era conveniente né opportuno estendere questo diritto alle donne perché ''le tradizioni la vedevano ancora legata alla sfera privata''<ref name="ItaLib" />, di conseguenza Depretis non esitò a rinunciare alla questione del voto femminile<ref name="Votoam" />, ma ottenne un primo allargamento del suffragio maschile<ref name="ItaLib" />.<br />Il Congresso delle associazioni liberali monarchiche svoltosi nel [[1887]] fu teatro di una discussione sul voto femminile limitato e inviato tramite posta.<ref name="Votoam" /> ===Dal 1890 al fascismo=== La partecipazione delle donne alla vita politica era considerata incompatibile con la natura di quest'ultima, ma <u>per quanto riguardava il voto amministrativo locale l'opinione pubblica cominciava a fine secolo a recepire opinioni diverse</u>. La '''prima conquista''' in questo campo avvenne nel [[1890]]: la legge conferiva alle donne la <u>possibilità di votare e di essere votate nei consigli di amministrazione delle istituzioni di beneficenza</u>. Iniziava così il cammino che avrebbe portato le donne all'ottenimento del suffragio universale. '''Seguirono le leggi''': * 1893 che ammetteva le donne al voto nei collegi di probiviri chiamati a risolvere i conflitti di lavoro; * 1910 che conferiva alle donne la partecipazione elettorale nelle Camere di Commercio; * 1911 con la quale le donne potevano partecipare alle elezioni di organi dell'istruzione elementare e popolare.<ref name="Votoam" /> Nel 1907 [[Adelaide Coari]] presentò il suo "Programma minimo femminista" presso un congresso a Milano: tra le sue richieste figurava quella di concedere alla donna diritti, tra cui il diritto di voto amministrativo, che fino a quel momento erano negati.<ref name=ItaLib /><br />Apertura del fascismo Nel [[1922]] [[Benito Mussolini]] salì al governo. Egli, accolto da [[Margherita Ancona]] e [[Alice Schiavoni Bosio]], partecipò nel [[1923]] al IX Congresso della Federazione Internazionale Pro Suffragio e <u>promise di concedere il voto amministrativo alle Italiane a meno che non si verificassero imprevisti</u>, e rassicurò gli uomini parlando di “conseguenze benefiche” che sarebbero derivate dalla suddetta concessione. ''Tra l'altro Mussolini sottolineò l'atteggiamento pacato delle suffragette italiane, che reclamavano il diritto di voto senza aggressività''. Il 9 giugno dello stesso anno apparve il disegno di legge che prevedeva la concessione del voto amministrativo limitato, spettante alle eroine della Patria, alle madri o vedove di caduti in guerra, alle donne benestanti o istruite. <u>'''Il 22 novembre [[1925]] il [[fascismo]] fece entrare in vigore una legge che per la prima volta rendeva le italiane elettrici in ambito amministrativo.'''</u> Questa legge fu però resa inutile dalla riforma podestarile entrata in vigore pochi mesi dopo e precisamente in data 4 febbraio [[1926]]: così <u>'''ogni elettorato amministrativo locale veniva annullato'''</u> e si sostituiva al [[sindaco]] il [[podestà (fascismo)|podestà]] che <u>'''non era eletto dal popolo, ma nominato dal governo'''</u>.<ref name="Votoam" />
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