Siamo davvero meglio dei Social Justice Warrior?: differenze tra le versioni

Da Tematiche di genere.
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So che non è facile e i momenti di debolezza capitano a tutti, però il mio appello a un atteggiamento più disposto al confronto e più onesto intellettualmente, almeno come orientamento generale, rimane. “Eh, ma non si può rispondere alle armi con le carezze!”, risponderà chi pensa che il femminismo (e il non meglio identificato politicamente corretto) sia un mostro a tre teste che complotta per distruggere gli uomini anziché un fenomeno sociale complesso che produce i suoi effetti come tanti altri. Eppure questa è proprio la stessa forma mentis che motiva molti femministi e SJW a pensare e agire in modo che voi considerate estremo, dannoso e responsabile dell’imminente crollo dell’Occidente (“non si può rispondere con diplomazia ai soprusi del patriarcato e dell’oppressione sistemica!”).
So che non è facile e i momenti di debolezza capitano a tutti, però il mio appello a un atteggiamento più disposto al confronto e più onesto intellettualmente, almeno come orientamento generale, rimane. “Eh, ma non si può rispondere alle armi con le carezze!”, risponderà chi pensa che il femminismo (e il non meglio identificato politicamente corretto) sia un mostro a tre teste che complotta per distruggere gli uomini anziché un fenomeno sociale complesso che produce i suoi effetti come tanti altri. Eppure questa è proprio la stessa forma mentis che motiva molti femministi e SJW a pensare e agire in modo che voi considerate estremo, dannoso e responsabile dell’imminente crollo dell’Occidente (“non si può rispondere con diplomazia ai soprusi del patriarcato e dell’oppressione sistemica!”).
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[[Dialogo: tra punti di incontro e interessi personali]]
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Bisogna anche capire cosa si intende con "forma empatica", perché non da parte tua - tu hai proprio modo di comunicare un po' diverso - però da parte di molti uomini - enfatizzo il genere perché penso sia dovuto proprio ai modelli valoriali che vengono proposti a seconda del genere - si pongono spesso per essere razionali, non emotivi, essere educati, si pongono in modo distaccato e evitano espressioni colorite o offensive proprio da da come scrivono lo capisci che non hanno nessuna intenzione di mettersi in discussione e che ti stanno trattando in modo paternalistico e accondiscendente. Quindi cosa succede che allora poi quando l'interlocutore che spesso è una donna, reagisce male, il ragazzo di turno afferma: "ah caspita ma io ero ero calmo etranquillo, ero assolutamente razionale. Ho scritto nel merito e questa se l'è presa perché troppo emotiva, perché irrazionale, eccetera eccetera". E no, l'empatia non è solo evitare di mandare affanculo una persona, è anche mostrare che effettivamente prendi sul serio l'altra persona, non sta invalidando la sua tesi, non salti a conclusioni, non pensi che stia dicendo assurdità e cose del genere. Ed è una cosa che vedo anche nello scontro anti politicamente corretto e da una parte e SJW / Woke dall'altra. Cioè per esempio quando ho fatto il post sul gruppo in cui dicevo che ero femminista molte hanno proprio scritto: eh ma le femministe sono irrazionali, non ci si può avere una discussione, sono l'antitesi del dibattito civile costruttivo, sono antiscientifiche, eccetera.
La comunicazione efficace richiede un'ascolto attivo e una forma empatica. Molti uomini tendono a comunicare in modo distaccato, evitando espressioni colorite o offensive, ma questo non è sufficiente atteggiamento spesso viene percepito come paternalistico e accondiscendente. Inoltre, quando un'interlocutrice reagisce negativamente, essi spesso affermano che la loro comunicazione era razionale e che la donna è troppo emotiva. L'empatia significa mostrare che si prende sul serio l'altra persona, evitando di saltare a conclusioni e non invalidando la sua tesi. Questo è un problema anche nel dibattito politico, dove ci sono posizioni anti-politicamente corrette da un lato e SJW/Woke dall'altro. Se si parte da una discussione pensando che l'altra persona sia irrazionale o emotiva, si sta decretando la morte del dibattito civile. Bisogna dialogare e ascoltare l'altro con rispetto, anche se non si è d'accordo con le sue idee, per avere un dibattito costruttivo e produttivo.<ref>Versione originale: Il tuo secondo vocale era: Bisogna anche capire cosa si intende con "forma empatica", perché non da parte tua - tu hai proprio modo di comunicare un po' diverso - però da parte di molti uomini - enfatizzo il genere perché penso sia dovuto proprio ai modelli valoriali che vengono proposti a seconda del genere - si pongono spesso per essere razionali, non emotivi, essere educati, si pongono in modo distaccato e evitano espressioni colorite o offensive proprio da da come scrivono lo capisci che non hanno nessuna intenzione di mettersi in discussione e che ti stanno trattando in modo paternalistico e accondiscendente. Quindi cosa succede che allora poi quando l'interlocutore che spesso è una donna, reagisce male, il ragazzo di turno afferma: "ah caspita ma io ero ero calmo etranquillo, ero assolutamente razionale. Ho scritto nel merito e questa se l'è presa perché troppo emotiva, perché irrazionale, eccetera eccetera". E no, l'empatia non è solo evitare di mandare affanculo una persona, è anche mostrare che effettivamente prendi sul serio l'altra persona, non sta invalidando la sua tesi, non salti a conclusioni, non pensi che stia dicendo assurdità e cose del genere. Ed è una cosa che vedo anche nello scontro anti politicamente corretto e da una parte e SJW / Woke dall'altra. Cioè per esempio quando ho fatto il post sul gruppo in cui dicevo che ero femminista molte hanno proprio scritto: eh ma le femministe sono irrazionali, non ci si può avere una discussione, sono l'antitesi del dibattito civile costruttivo, sono antiscientifiche, eccetera. Ma allora se tu parti in una discussione pensando che l'altro sia un cretino perché è quello che stai dicendo, pensando che sia solo emotivo, che non abbia niente di sensato da dire, quando non è così perché io non penso di essere scema ma molte rivendicazioni che vengono considerate weak politicamente corrette eccetera approfondendole le capisco e molte le condivido e le trovo fondate, basate su argomenti razionali ed evidenze empiriche. Quindi evidentemente c'è qualcosa sotto. Però queste persone che si pongono come quelle razionali, oggettive, costruttive del dibattito, sono le più irrazionali. Anche se usano toni molto tranquilli (non è che insultano) la morte del dibattito civile, bisogna dialogare, fanno appelli al dialogo civile costruttivo. Sono quelli che che veramente ne decretano la morte perché si pongono con questa idea che loro sono superiori gli altri sono cretini, emotivi, non vedono la realtà perché sono accecati dalla loro ideologia eccetera.</ref>
 
Ma allora se tu parti in una discussione pensando che l'altro sia un cretino perché è quello che stai dicendo, pensando che sia solo emotivo, che non abbia niente di sensato da dire, quando non è così perché io non penso di essere scema ma molte rivendicazioni che vengono considerate weak politicamente corrette eccetera approfondendole le capisco e molte le condivido e le trovo fondate, basate su argomenti razionali ed evidenze empiriche. Quindi evidentemente c'è qualcosa sotto. Però queste persone che si pongono come quelle razionali, oggettive, costruttive del dibattito, sono le più irrazionali. Anche se usano toni molto tranquilli (non è che insultano) la morte del dibattito civile, bisogna dialogare, fanno appelli al dialogo civile costruttivo. Sono quelli che che veramente ne decretano la morte perché si pongono con questa idea che loro sono superiori gli altri sono cretini, emotivi, non vedono la realtà perché sono accecati dalla loro ideologia eccetera.


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Versione delle 15:37, 31 gen 2023


SIAMO DAVVERO MEGLIO DEGLI SJW?

Quando qualche anno fa ho guardato questo video per la prima volta, ricordo che ero rimasta colpita dall’onestà intellettuale e dall’apertura mentale che trasparivano dal discorso di Cassie Jaye (l'autrice del documentario The Red Pill).

Parlava di come il suo bias di conferma e la sua fretta di ribattere alle argomentazioni altrui per dimostrare di avere ragione avevano ostacolato la sua comprensione di ciò che gli MRA da lei intervistati stavano effettivamente dicendo.

Ha iniziato a cogliere il senso delle loro parole solo mentre le trascriveva, dovendo prestare attenzione per riscriverle lei stessa. Così ha iniziato a mettere in discussione le sue convinzioni consolidate, a porsi domande per metterle alla prova, a mettersi nei panni dei suoi avversari ideologici e politici, fino a concludere che forse i suoi “nemici” potevano non essere i mostri che si era sempre immaginata. Per approfondire le dinamiche psicologiche sottostanti cerca deumanizzazione[1], le tecniche di neutralizzazione di David Matza, Disimpegno Morale di Albert Bandura[2],

Poi proseguiva a raccontare di com’è stata ostracizzata dalla comunità femminista anglofona a causa di questo suo atteggiamento di apertura nei confronti del “nemico”. Infine afferma:

“Non è un segreto che io adesso non mi definisca più femminista, ma devo chiarire che non sono antifemminista e non sono una MRA. […] Tuttavia, credo che se vogliamo occuparci onestamente di parità di genere dobbiamo invitare tutte le voci a tavolo di discussione […]. Penso che uno o l’altro dei due movimenti abbia tutte le risposte? No. Gli MRA non sono privi di difetti e neanche i femministi. […] Se posso dare un consiglio a chiunque nella nostra società nel suo complesso: dobbiamo smettere di aspettarci di offenderci e dobbiamo iniziare ad ascoltare veramente, in modo aperto e sincero”.

Niente da dire, concordo al cento percento.

Però, adesso, dopo aver vissuto un po’ il dibattito sulle questioni di genere e sulla giustizia sociale in generale, mi chiedo: il mascolinismo, l’antifemminismo e l’anti-politicamente corretto incarnano questo spirito? Onestamente, non mi sembra affatto. A livello di qualità del confronto con il contraddittorio, non vedo molte differenze tra queste fazioni e gli ambienti femministi da cui sono scappata a gambe levate perché non mi sentivo libera di considerare altri punti di vista.

Vedo grande polarizzazione, rifiuto categorico di ascoltare seriamente gli argomenti proposti dalla controparte, disprezzo personale per chi la pensa diversamente, atteggiamenti aggressivi e ostili a priori, ricorso ad argomenti fantoccio per sminuire gli avversari, identificazione del nemico e invito a combatterlo come se fosse l’incarnazione del demonio, vittimismo, benaltrismo, iper-generalizzazioni, insulti, offese e shitstorm.

“Facciamo un dibattito costruttivo!” senza nessuna vera intenzione di mettersi in discussione e valutare la possibilità di cambiare idea, ma soltanto con l’obiettivo di “demolire” pubblicamente l’interlocutore per dimostrare la propria presunta superiorità intellettuale e morale alla platea compiaciuta già concorde.

Gli altri sono sempre troppo emotivi, troppo irrazionali, troppo estremi, ridicoli, assurdi, “soia”, vittime del lavaggio del cervello politically correct, ci conducono verso il tracollo della civiltà occidentale, non hanno mai aperto un libro di biologia, pensano più ai sentimenti che ai “fatti”, e così via.

Le persone vengono etichettate (“nazifemminista”, “simp”, “cuck”, “soyboy”, “daddy issues”, ecc…) istantaneamente e la loro attendibilità viene dismessa sulla base di elementi superficiali (linguaggio, colore dei capelli, ecc…), in modo molto meno ironico di quanto si voglia far credere. I toni si scaldano a dismisura discutendo di frivolezze come le desinenze e i pronomi personali.

Per quanto mi riguarda, non mi sento più serena, rispetto a quando frequentavo ambienti femministi, nell’esplorare concetti che vanno al di là della comfort zone dei miei presunti alleati. Questo è uno dei motivi per cui da un po' di tempo sono meno attiva in merito alla causa maschile. Ogni tanto la delusione per i toni a cui scende il dibattito e i limiti che sento di dovermi imporre per riuscire ad avere una discussione costruttiva hanno la meglio. La verità è che siamo tutti bravi ad additare gli altri chiamandoli pazzi esaltati mentre ci ergiamo a unici paladini della ragionevolezza superstiti, ma poi, quando è il nostro turno di prendere in considerazione idee molto distanti dalla nostra, non ci imponiamo gli stessi standard che pretendiamo dagli altri e ci arroghiamo il ruolo di giudici di cosa è ragionevole e merita di essere preso in considerazione e cosa è irragionevole e può solo essere deriso, offeso e marginalizzato.

Non esistono schieramenti di buoni e cattivi, intelligenti e stupidi, razionali e irrazionali, svegli e dormienti, liberi pensatori e pecore, informati e disinformati, colti e ignoranti, imparziali e partigiani, tolleranti e intolleranti, oggettivi ed emotivi, ecc… Nessuno è intrinsecamente nulla di tutto ciò, o comunque non possiamo stabilirlo in base alle opinioni che esprime. Il nostro pensiero e il nostro comportamento sono il risultato di tutti i fattori che hanno influenzato la nostra vita fino a un dato momento. Informarsi, costruire delle opinioni e discuterle è un percorso, non un’identità né una caratteristica innata. Non è che i cervelli degli sjw sono creati dalla divinità del male e dell’irrazionalità mentre i cervelli delle “persone di buon senso” sono plasmati dalla divinità del bene e della ragione. Le persone femministe non sono ontologicamente inferiori (o superiori) rispetto a chi non è femminista. E mi verrebbe da dire che non lo sono neanche intellettualmente, perché una Simone De Beauvoir piscia in testa a mezzo gruppo, me per prima.

So che non è facile e i momenti di debolezza capitano a tutti, però il mio appello a un atteggiamento più disposto al confronto e più onesto intellettualmente, almeno come orientamento generale, rimane. “Eh, ma non si può rispondere alle armi con le carezze!”, risponderà chi pensa che il femminismo (e il non meglio identificato politicamente corretto) sia un mostro a tre teste che complotta per distruggere gli uomini anziché un fenomeno sociale complesso che produce i suoi effetti come tanti altri. Eppure questa è proprio la stessa forma mentis che motiva molti femministi e SJW a pensare e agire in modo che voi considerate estremo, dannoso e responsabile dell’imminente crollo dell’Occidente (“non si può rispondere con diplomazia ai soprusi del patriarcato e dell’oppressione sistemica!”).

Dialogo: tra punti di incontro e interessi personali

La comunicazione efficace richiede un'ascolto attivo e una forma empatica. Molti uomini tendono a comunicare in modo distaccato, evitando espressioni colorite o offensive, ma questo non è sufficiente atteggiamento spesso viene percepito come paternalistico e accondiscendente. Inoltre, quando un'interlocutrice reagisce negativamente, essi spesso affermano che la loro comunicazione era razionale e che la donna è troppo emotiva. L'empatia significa mostrare che si prende sul serio l'altra persona, evitando di saltare a conclusioni e non invalidando la sua tesi. Questo è un problema anche nel dibattito politico, dove ci sono posizioni anti-politicamente corrette da un lato e SJW/Woke dall'altro. Se si parte da una discussione pensando che l'altra persona sia irrazionale o emotiva, si sta decretando la morte del dibattito civile. Bisogna dialogare e ascoltare l'altro con rispetto, anche se non si è d'accordo con le sue idee, per avere un dibattito costruttivo e produttivo.[3]

Note

  1. La “Deumanizzazione” è una forma di pregiudizio che nega i tratti tipici dell’essere umano di un individuo o di un gruppo. È un fenomeno sociale tanto importante quanto pericoloso, ed è una delle più potenti forme di ostracismo di individui o interi gruppi, attraverso non solo l’innalzamento di barriere fisiche, ma anche tramite strategie psicologiche e sociali di delegittimazione dell’altro. http://www.lacuradeltempo.com/blog-detail/post/105045/la-deumanizzazione--quando-percepiamo-l'altro-come-
  2. Disimpegno morale. Come facciamo del male continuando a vivere bene Cosa hanno in comune un terrorista e un banchiere dell'alta finanza? L'industria delle armi e quella dell'intrattenimento? I crimini ambientali e la pena capitale? Bandura descrive il meccanismo grazie al quale gli individui riescono a «disimpegnarsi» temporaneamente dalla morale senza sentirsi in colpa, come se questa fosse un interruttore che si può accendere e spegnere a proprio piacimento. Un libro che ci mostra come gli esseri umani riescano a fare cose crudeli e a continuare a vivere in pace con se stessi.
  3. Versione originale: Il tuo secondo vocale era: Bisogna anche capire cosa si intende con "forma empatica", perché non da parte tua - tu hai proprio modo di comunicare un po' diverso - però da parte di molti uomini - enfatizzo il genere perché penso sia dovuto proprio ai modelli valoriali che vengono proposti a seconda del genere - si pongono spesso per essere razionali, non emotivi, essere educati, si pongono in modo distaccato e evitano espressioni colorite o offensive proprio da da come scrivono lo capisci che non hanno nessuna intenzione di mettersi in discussione e che ti stanno trattando in modo paternalistico e accondiscendente. Quindi cosa succede che allora poi quando l'interlocutore che spesso è una donna, reagisce male, il ragazzo di turno afferma: "ah caspita ma io ero ero calmo etranquillo, ero assolutamente razionale. Ho scritto nel merito e questa se l'è presa perché troppo emotiva, perché irrazionale, eccetera eccetera". E no, l'empatia non è solo evitare di mandare affanculo una persona, è anche mostrare che effettivamente prendi sul serio l'altra persona, non sta invalidando la sua tesi, non salti a conclusioni, non pensi che stia dicendo assurdità e cose del genere. Ed è una cosa che vedo anche nello scontro anti politicamente corretto e da una parte e SJW / Woke dall'altra. Cioè per esempio quando ho fatto il post sul gruppo in cui dicevo che ero femminista molte hanno proprio scritto: eh ma le femministe sono irrazionali, non ci si può avere una discussione, sono l'antitesi del dibattito civile costruttivo, sono antiscientifiche, eccetera. Ma allora se tu parti in una discussione pensando che l'altro sia un cretino perché è quello che stai dicendo, pensando che sia solo emotivo, che non abbia niente di sensato da dire, quando non è così perché io non penso di essere scema ma molte rivendicazioni che vengono considerate weak politicamente corrette eccetera approfondendole le capisco e molte le condivido e le trovo fondate, basate su argomenti razionali ed evidenze empiriche. Quindi evidentemente c'è qualcosa sotto. Però queste persone che si pongono come quelle razionali, oggettive, costruttive del dibattito, sono le più irrazionali. Anche se usano toni molto tranquilli (non è che insultano) la morte del dibattito civile, bisogna dialogare, fanno appelli al dialogo civile costruttivo. Sono quelli che che veramente ne decretano la morte perché si pongono con questa idea che loro sono superiori gli altri sono cretini, emotivi, non vedono la realtà perché sono accecati dalla loro ideologia eccetera.