Riflessioni ad alto livello sulle dinamiche sociali (episodio giornalista molestata)

Corsi e ricorsi storiciModifica

Si passa da un estremo all'altro? Il pensiero dicotomico.

«Ogni forma di conflitto e di violenza affonda le radici nel pensiero dicotomico.

Libertà o eguaglianza? Capitalismo o socialismo? Individualismo o collettivismo? Amore per sé o altruismo? Realizzazione nel lavoro o dedizione alla famiglia? Divertimento o lavoro? Salvaguardia dell’ambiente o sviluppo dell’economia? Islam o cristianesimo? Cristianesimo o buddismo? Religione o ateismo? Fede o ragione? Scienza o religione? Ragione o emozione? Seguire la mente o seguire il cuore?

L’uomo ha una natura buona o malvagia?

Il pensiero dicotomico “o/o” è all'origine di ogni tipo di conflitto. Mantenendo la struttura dicotomica, il conflitto non ha soluzione, se non attraverso l’eliminazione o il sacrificio di uno dei due poli. Il sacrificio non può che essere temporaneo. Quando uno dei due poli è stato compresso per troppo tempo, si carica d’energia, come una molla, finché esplode, recupera il terreno perduto e diventa a sua volta oppressore. Così, se la libertà ha sacrificato per troppo tempo la giustizia, l’esigenza di giustizia prima o poi esplode e mette al bando la libertà (v. enantiodromia).»

Riflessione di Rita V.Modifica

Marco Ferri nella filosofia tao, se non ricordo male, la dicotomia dev’essere armonizzata dal fluire dell’onda: è un’immagine simile a questa ma il pensiero dicotomico esiste anche lì ed è, a mio avviso, ineliminabile; ogni cosa esiste perché c’è un opposto. Si chiama pace l’assenza di guerra, buio l’assenza di luce etc. L’armonia da raggiungere è la capacità di fluire da un opposto all’altro, evitando così di comprimere eccessivamente un polo che crea l’effetto molla di cui parli Uno psicologo scrive: «La radice principale (non specifico a cosa si riferisca, ma sono atti violenti) è la gestione degli impulsi. L'educazione alla rabbia e alla frustrazione. L'educazione al compromesso e alla diversità. Le morti violente di donne sono molto inferiori rispetto a quelle di uomini (0,4 vs 1.5). Le morti violente di gay, lesbiche o trasgender sono ancora di meno. E - nonostante il bias della "emotional innumeracy" e della propaganda cavalcata da media e politici - le morti violente sono fortunatamente in netto calo. Uno dei motivi per cui avvengono femminicidi, maschicidi, lgbt+cidi è dovuto al fatto che la nostra è una società che accentua il "noi" contro "voi. Il "me" contro il "diverso-da-me".

Abbiamo archiviato facilmente il discorso sulla Tolleranza di Gordon Allport e la convivenza tra valori diversi di Viktor Frankl. Nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa. Possiamo iniziare a RINUNCIARE al linguaggio della contrapposizione e dell'ostilità (anche se "frutta" molto, lo sappiamo) e parlare con parole misurate, comprensive e gentili. Se invece, in qualsiasi contesto, alimentiamo l'ostilità e la contrapposizione dicotomica, nel nostro piccolo saremo artefici di quel mondo che biasimiamo e che ci spaventa.»

Danni dei giudizi e del finger pointingModifica

«È verissimo che molti, sia a livello di gruppo che personale hanno narrative assolutizzate e unidirezionali. Penso che la stessa cosa che ha dato origine al problema lo mantiene. Penso che questa visione non venga totalmente da come si è stati cresciuti ma anche a un tipo particolare di esperienza, cioè la ferita narcisistica o almeno la necessità di proteggere l'ego.

In Italia quando si fa un errore c'è molta gente che ci tiene a dare addosso al responsabile, vero o presunto. C'è una tendenza giudicante che crea una grandissima pressione sull'ego. Così, come in un pesce abissale, si crea una pressione interna -l'ego- in risposta. Qui in UK o in Australia, Canada etc si ritiene inutile dare addosso a chi ha commesso un errore: glielo si fa pacatamente notare e finisce lì. Altrimenti si perde solo tempo ed energie.

Questo consente di fare autocritica costruttiva senza demolire la propria identità, consentendo anche di fare un esame di realtà più veritiero. Prima di poter fare autocritica bisogna abbandonare il giudice interno che qualifica o squalifica, il giudice assolutista che emette sentenze verso gli altri e verso l'ego. Una volta eliminato ci si sentirà meno vulnerabili.»

Panico morale e diavoli popolariModifica

Precedenti storiciModifica

Danni da polarizzazioneModifica

Come rischiano di essere visti questi comportamenti da fuori? Il rischio del giustizialismo

Il rischio di essere giudicate incoerenti (es. la sessualizzazione causa danni immensi alle donne, ma è percepita come empowering, quindi nessuna la critica)

I rischi di produrre stereotipi esattamente identici a quelli del passato

Il bisogno di uno sforzo da parte maschile