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Postfemminismo
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Il termine '''postfemminismo''' è usato (non in senso dispregiativo) per descrivere le reazioni critiche contro le '''contraddizioni e le assenze del [[femminismo]]''', in particolare quello della [[seconda ondata femminista]] e quello della [[Terza ondata femminista|terza ondata]], mettendone in discussione il [[pensiero binario]] e diverse narrazioni. Il postfemminismo può essere considerato un modo critico di comprendere le relazioni tra femminismo, [[cultura popolare]] e femminilità. == Origine del termine == Nel [[1919]] fu usato per la prima volta questo termine<ref>{{Cita libro|titolo=Cott, Nancy F., The Grounding of Modern Feminism (New Haven: Yale Univ. Press,1987, p. 282.}}</ref>, per essere poi ripreso negli [[Anni 1980|anni ’80]] per descrivere le reazioni contro le posizioni della seconda ondata femminista. Il postfemminismo oggi è un'etichetta per un''''ampia gamma di teorie''', che adottano '''approcci critici''' ai precedenti discorsi femministi e che includono sfide alle idee della seconda ondata femminista<ref>{{Cita libro|titolo=Wright, Elizabeth, Lacan and Postfeminism (Icon Books, 2000), ISBN 978-1-84046-182-4}}</ref>. Altre posizioni postfemministe affermano che il femminismo non è più rilevante per la società odierna<ref>{{Cita libro|titolo=Abbott, Pamela; Tyler, Melissa; Wallace, Claire (2005). An Introduction to Sociology: Feminist Perspectives (3rd ed.). Routledge. p. 11. ISBN 978-1-134-38245-3.}}</ref><ref>{{Cita libro|titolo=Mateo–Gomez, Tatiana (2009). "Feminist Criticism". In Richter, William L. (ed.). Approaches to Political Thought. Rowman & Littlefield. p. 279. ISBN 978-1-4616-3656-4.}}</ref>. Chiaramente c'è dibattito a riguardo, ad esempio Amelia Jones ha scritto che i testi postfemministi ritraggono il femminismo della seconda ondata come un'entità monolitica, che generalizza troppo le proprie critiche<ref>{{Cita libro|titolo=Jones, Amelia. "Postfeminism, Feminist Pleasures, and Embodied Theories of Art," New Feminist Criticism: Art, Identity, Action, Eds. Joana Frueh, Cassandra L. Langer and Arlene Raven. New York: HarperCollins, 1994. 16–41, 20.}}</ref>. Durante la prima metà degli anni '80, i media iniziarono a etichettare le adolescenti e le ventenni come "generazione postfemminista". Gli anni '90 hanno visto la divulgazione di questo termine, sia nel mondo accademico che in quello dei [[Mass Media|media]]. Era visto come un termine sia di encomio che di disprezzo. == Caratteristiche == Toril Moi, professoressa alla [[Università Duke|Duke University]], ha definito il termine “postfemminismo” come '''un femminismo che decostruisce il binario tra il femminismo “liberale”, basato sull’uguaglianza e quello "radicale"''', basato sulla differenza. Questa ambivalenza da un lato sembra annunciare la fine del femminismo, dall'altro è diventata essa stessa oggetto di discussione nell’ambiente femminista<ref name="ref_A">{{Cita libro|titolo=Kavka, Misha (2002). "Feminism, Ethics, and History, or What is the "Post" in Postfeminism?". Tulsa Studies in Women's Literature. 21 (1): 29–44.}}</ref>. Tuttavia, alcuni affermano che è impossibile allineare il femminismo con la definizione di "post", poiché sarebbe impensabile definire il mondo attuale una società post razzista, post-classista e post-sessista, sancendo una netta rottura con il passato<ref name="ref_A" />. Dopo vent'anni, il termine postfemminista è ancora usato per riferirsi alle giovani donne, "che si pensa traggano beneficio dal movimento delle donne, attraverso un accesso allargato all'occupazione e all'istruzione e nuovi accordi familiari, ma allo stesso tempo non spingono per ulteriori cambiamenti politici", afferma Pamela Aronson (figlia di Aronson?), professoressa di [[sociologia]]. Il postfemminismo è un argomento molto dibattuto poiché implica che il femminismo sia "morto" e "perché l'uguaglianza che assume è in gran parte un mito"<ref>{{Cita libro|titolo=Aronson, Pamela (2003). "Feminists or "Postfeminists"?: Young Women's Attitudes toward Feminism and Gender Relations". Gender and Society. 17 (6): 903–22}}</ref>. Secondo Diane Davis, il postfemminismo è invece solo una continuazione di ciò che vogliono i femminismi della prima e della seconda ondata<ref>{{Cita libro|titolo=Davis, Debra Diane, Breaking Up [at] Totality: A Rhetoric of Laughter (Carbondale: Southern Ill. Univ. Press, 2000 (ISBN 0-8093-2228-5)), p. 141 n. 8}}</ref>. La ricerca condotta presso la Kent State University ha ristretto il postfemminismo a quattro affermazioni principali:<ref>{{Cita libro|titolo=Abbott, Pamela; Tyler, Melissa; Wallace, Claire (2006). An Introduction to Sociology: Feminist Perspectives. Routledge. p. 52.}}</ref><ref>{{Cita libro|titolo=Hall, Elaine J.; Rodriguez, Marnie Salupo (2003). "The Myth of Postfeminism". Gender and Society. 17 (6): 878–902.}}</ref> * il sostegno al femminismo è diminuito * le donne hanno iniziato a odiare il femminismo e le femministe * la società ha già raggiunto l'uguaglianza sociale, rendendo così il femminismo obsoleto * l'etichetta "femminista" non piaceva a causa dello stigma negativo. == Opere postfemministe == Nel suo libro del 1994 ''Who Stole Feminism?: How Women Have Betrayed Women'', [[Christina Hoff Sommers]] considera gran parte della teoria femminista accademica moderna. L’autrice etichetta il femminismo come "''femminismo di genere''" e propone femminismo "''equo''", un'ideologia che mira alla piena uguaglianza civile e legale. Sostiene che mentre le femministe di genere sostengono un '''trattamento preferenziale''' e '''dipingono le donne come vittime''', il femminismo equo fornisce una forma alternativa praticabile di femminismo<ref>{{Cita libro|titolo=Hoff Sommers, Christina, Who Stole Feminism? How Women Have Betrayed Women (Touchstone/Simon & Schuster, 1995)}}</ref>. Queste descrizioni e il suo altro lavoro hanno fatto sì che l''<nowiki/>'autrice venisse descritta come un'antifemminista'' da alcune altre femministe<ref>{{Cita web|url=https://web.archive.org/web/20071215141226/http://www.organizenow.net/cco/right/antifem.html|titolo="Uncovering the Right—Female Anti-Feminism for Fame and Profit".}}</ref>. Uno dei primi usi moderni del termine si ritrova nell'articolo di Susan Bolotin del [[1982]], ''Voices of the Post-Feminist Generation'', pubblicato sul [[The New York Times]]. Questo articolo si basa su una serie di interviste con donne che ''concordava ampiamente con gli obiettivi del femminismo, ma non si identificano come femministe''<ref>{{Cita libro|titolo=Rosen, Ruth. The World Split Open: How the Modern Women's Movement Changed America. New York: Viking, 2000, 275, 337.}}</ref>. Il postfemminismo è visto dai media come una forma di femminismo che accetta la cultura popolare invece di rifiutarla (come era tipico invece delle femministe della seconda ondata). Molti spettacoli popolari degli anni '90 e dei primi [[anni 2000]] sono considerati opere postfemministe perché tendono a concentrarsi sulle donne che sono potenziate dalle rappresentazioni culturali popolari di altre donne. Per questo motivo, le postfemministe hanno affermato che tali media erano più accessibili e inclusivi delle passate rappresentazioni delle donne nei media; tuttavia, alcune femministe credono che le opere postfemministe si concentrino troppo sulle donne bianche della classe media<ref>{{Cita libro|titolo=Feasey, Rebecca (7 August 2010). "Charmed: Why Teen Television Appeals to Women". Journal of Popular Film and Television. 34:1: 2–9.}}</ref>. Tali spettacoli e film includono ''[[Il diavolo veste Prada]],'' ''[[Xena]]'' e [[Buffy l'ammazzavampiri|''Buffy l’ammazzavampiri''.]] Michelle Lazar afferma che il numero crescente di donne salariate ha portato gli inserzionisti pubblicitari ad aggiornare la loro immagine delle donne<ref>{{Cita libro|titolo=Lazar, Michelle (2014). "Recuperating feminism, reclaiming femininity: Hybrid postfeminist I-dentity in consumer advertisements". Gender and Language. 8 (2): 205–224.}}</ref>. == Note == <references/> == Voci correlate == *[[Studi di genere|Gender studies]] *[[Cultura lad]] [[Categoria:Femminismo]] [[Categoria:Studi]] [[Categoria:Critiche]]
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