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Filosofia del diritto

Imputabilità

Per quanto riguarda l'imputabilità, anch'essa appare una tematica di difficile lettura, con molteplici variabili e situazione che influiscono su di essa.

L'imputabilità è un elemento della colpevolezza molto controverso su cui si potrebbe discutere per ore senza mai arrivare ad una conclusione. Lo stesso concetto di imputabilità, il sostenere che un individuo sia libero di scegliere fra il bene e il male, la possibilità di imputare un fatto alla sua volontà implica un presupposto che ormai diamo per scontato, che è il libero arbitrio. Senza volerci impelagare in discorsi filosofici sul determinismo e in questioni di neuroscienze perché usciremmo anche fuori tema, limitiamoci a dire che in una certa misura abbiamo bisogno di credere nel libero arbitrio altrimenti discutere di queste cose non avrebbe senso.

L'imputabilità è quindi la capacità di intendere e di volere e fra le cause che la possono limitare od escludere c'è ovviamente l'infermità di mente. Ora, su che cosa voglia dire "infermità di mente" in questo contento esistono tre idee. Una medico-biologica per cui l'infermità di mente è limitata alle malattie mentali con base organica. Un altro paradigma è quello psicologico, al quale molti si sono fermati, che già fa un passo avanti grazie all'avvento della psicanalisi e della psicologia comportamentale, che attribuisce il valore di malattia alle patologie che pur prive di base organica incidono comunque sul comportamento, come le neuropatie. Il terzo paradigma è quello più "avanzato" , quello sociologico, secondo cui la malattia mentale può essere frutto delle condizioni socio-economiche e ambientali.

Ecco l'ipocrisia di cui parla House. Giustamente si rileva che un tumore può essere tale da rendere l'individuo che ne è affetto non più tecnicamente responsabile delle proprie azioni. Ma non è ipocrita dare peso a questo aspetto medico-biologico e non alle condizioni socio-economiche per cui lui è diventato quello che è? Tra l'altro banalmente un'analisi onesta sulle cause del crimine potrebbe anche aiutarci a prevenirlo e a combatterlo meglio, il crimine. Ecco quello che dicevo io prima, e per questo dicevo che considerare i fattori socio-economici come motivo di esclusione o riduzione dell'imputabilità è cosa ben diversa dall'ignoranza della legge. Un uomo che vive nel degrado più assoluto, nell'abbandono, come un animale selvaggio, si può dire che viva in condizioni tali da ritenere che queste siano la causa del reato che ha commesso? Secondo me sì, è possibile. A cosa serve irrogare la pena ad un individuo che non può essere considerato responsabile delle proprie azioni, se non a soddisfare il bisogno di pena degli altri? Certamente non serve al condannato, che percepirà la condanna come ingiusta e non vi si conformerà, frustrandone la funzione rieducativa. Si aggrava la condizione già di per sé patologica di un individuo condannandolo a scontare una pena stigmatizzante e desocializzante. Non mi sembra un quadro molto positivo. Ovviamente la cosa andrà accertata caso per caso, e le Sezioni Unite penali lo hanno detto con la sentenza Raso, che si deve accertare la sussistenza del nesso eziologico fra fatto di reato ed infermità.

Questa cosa però non entra granché nella nostra testa, basti pensare che nel caso di Cogne davanti ai chiari segni di una nevrosi non è stata riconosciuta sussistente nemmeno una semi-infermità, cosa che a me pare francamente assurda. Senza voler cadere negli eccessi del determismo estremo, secondo me è ipocrita, e quindi house ha ragione lol, negare che l'essere umano è condizionato da fattori tanto endogeni quanto esogeni che vanno tenuti in considerazione. Allego il caso di cui parlavo, tanto interessante quanto inquietante.

Capisco che questi sono discorsi seri e delicati, e che richiedono uno sconvolgimento di convinzioni sulle quali abbiamo costruito tutte le nostre vite. Ma su queste cose si basa la possibilità, secondo me, di ricostruire diversamente il nostro sistema penale. Prima però dobbiamo cambiare le nostre teste, dobbiamo liberarci della disumanità che ci porta a volere a tutti i costi stigmatizzato e alla gogna il colpevole, anche se si tratta di un capro espiatorio. Almeno così la penso io, forse crescendo e scontrandomi con la realtà cambierò idea.

Pur di lucrarci sopra senza scontentare nessuno, aggiungerei. Il risultato sono leggi che non dicono niente, talmente generiche da essere inutilizzabili, e che devono essere manipolate e distorte dalla giurisprudenza pur di cavarci qualcosa. Poi hai voglia a lamentarsi del decisionismo dei giudici

Criminalizzazione

Un intervento di un utente chiarisce cos'è la criminalizzazione ed i suoi confini in ambito giuridico e penale.

Non a caso si parla di criminalizzazione, selezione criminale e codici di secondo grado.

La criminalizzazione è il processo attraverso il quale vengono selezionati i comportamenti umani che hanno rilievo penale. Questa attività può essere realizzata in astratto e in concreto. In astratto lo fa il legislatore quando decide che certi comportamenti vanno puniti (es furto sì, omosessualità no). In concreto lo fanno le agenzie di controllo cioè ad esempio polizia e magistratura il cui operato spesso è orientato da pregiudizi, cop culture, scelte arbitrarie, inclinazioni personali, che li portano a perseguire più certi tipi di reato e certi tipi di persone finendo per agire attraverso veri e propri codici di secondo grado, cioè come delle norme sotterranee che guidano la loro attività. Ovviamente la criminalizzazione genera una selezione criminale che provoca la così detta cifra oscura o campo oscuro, cioè la criminalità nascosta.

Il fatto che la polizia agisca sulla base di questi codici di secondo grado non è un mistero per la criminologia. Anzi. Infatti si sono proposte molte vie per far emergere alla luce questi codici di secondo grado come nel caso del sistema del crown prosecution service in Gran Bretagna.

Poi la criminalizzazione in concreto può anche essere vista dal punto di vista non soggettivo, cioè del soggetto che la realizza, ma oggettivo, per cui la criminalizzazione in concreto può essere operata anche dal legislatore quando decide che certi comportamenti pur sussumibili nella fattispecie astratta non sono punibili (es cause di non punibilità) oppure dal giudice (es perdono giudiziale).

Non è immorale, ma il fatto di "colpire sul sicuro" scegliendo di perseguire il criminale noto è segnale che l'agenzia di controllo ha deciso più o meno consapevolmente di usare le limitate risorse che ha a disposizione per seguire una pista al posto di un'altra generando selezione criminale in concreto. Il fatto che queste scelte operino sulle base di antipatie e simpatie personali non è molto rassicurante, perché questi pre-giudizi e meccanismi di selezione operano come un codice parallelo a quello istituzionale ma sotterraneo

Oggettività giuridica

L'oggettività giuridica è un argomento molto discusso, in cui è difficile definire i confine tra una sentenza oggettiva e una soggettiva, dove interviene il pensiero personale del legislatore.

È per questo che si deve riflettere bene sull'oggettività giuridica. Quando si perde di vista il bene tutelato si producono aberrazioni (vedi la legge contro la pedofilia o la procreazione medicalmente assistita). Anche l'interpretazione della legge può comportarne una degenerazione: basti pensare alla truffa che da reato di danno è divenuto reato di pericolo. Il rigore repressivo spesso porta a interpretare estensivamente certi contenuti distorcendoli paurosamente. È una combo fra leggi scritte male e giudici che si divertono.

Inoltre, è vero come dicono altri che la legge non funziona esattamente così, che in effetti la prevenzione generale non è l'unico obiettivo cui tende, però è anche vero che lo studio della ratio legis non dovrebbe mai essere dato per scontato. A dir la verità si dovrebbe dire lo stesso per ogni singola aggravante. Ad esempio, capire perché il legislatore ha deciso di porre un'aggravante per la rapina commessa "a mano armata" non è solo una roba per cervelloni che non hanno di meglio da fare. Serve per capire se ha senso contestare l'aggravante quando ad esempio l'arma è finta o scarica. Non so se mi spiego. Sono tutti aspetti che spesso si sottovalutano ma hanno un'importanza capitale.

Senza però dimenticare che l'estensione analogica è espressamente vietata dall'Art. 14 preleggi, per le norme penalistiche, quindi in questo caso parli di norme civilistiche.

É vietata senz'altro ma questo non esclude che la giurisprudenza lo faccia continuamente mascherando l'interpretazione analogica con quella estensiva. Basti pensare all'esistenza stessa di una categoria come quella del dolo eventuale che è pura invenzione giurisprudenziale.

Ti faccio un altro esempio. In Cassazione Radio Vaticana è stata condannata per getto pericolose di cose (che è un illecito penale) per emissione di onde elettromagnetiche. Ora, ti sembra che le onde elettromagnetiche si possano "gettare"? Non mi risulta. Trattasi di interpretazione analogica in malam partem bella e buona

Differenza tra interpretazione estensiva e analogica

Eh, domanda da un milione di dollari. L'interpretazione estensiva resterebbe sempre nell'ambito della littera legis, mentre quella analogica lo supera. Ma il confine è sottilissimo. Da un lato è, diciamo, umano che ogni interpretazione giudiziale contenga un minum di analogia (mi pare di aver già parlato in altra sede della pre-comprensione).

Il punto è che bisogna fare i conti con queste opzioni ideologiche dell'interprete, ma comunque sempre salvando il rispetto della lettera delle legge, altrimenti si rischia di mandare a quel paese il principio di legalità. Infatti, le proposte in dottrina sono tante: alcuni, come la Di Giovine, propongono la diversificazione fra l'analogia interna e quella esterna, nel senso di ammettere un contenuto minimo di analogia ma comunque impedire che questa travalichi i limiti della legge. Altri, al polo opposto, dicono che dal momento che è praticamente impossibile distinguere interpretazione analogica ed estensiva si dovrebbe vietare anche quest'ultima.

Nel caso di Radio Vaticana è evidente però che la littera legis è stata quantomeno forzata se non completamente travisata: "gettare" e "versare" non possono che riferirsi a "solidi" e "liquidi" rispettivamente, quindi certamente non alle onde elettromagnetiche. Perciò l'ho presa ad esempio di come possa essere travalicato il limite della littera legis, in dispregio del citato Art 14.

Finalità delle leggi nel diritto penale

Una precisazione sul perché il diritto penale non porta a risarcire la vittima.

Il diritto penale non è diretto a “risarcire”, “ripagare” o a “vendicare” la vittima, l’afflittività della pena irrogata non è correlata al grado in cui ha sofferto e soffrirà la vittima. Il diritto penale ha due sole funzioni: punire il colpevole e rieducarlo. Alla riparazione del danno subito dalla vittima è diretto il diritto civile. La ragazza ha ottenuto, mi pare, un risarcimento da oltre 200mila euro. Non potendole restituire la faccia, l’equivalente monetario è l’unica soluzione.

In alcune occasioni, la scrittura errata di una legge e l'impreparazione delle agenzie di controllo portano ad alcuni errori giudiziari.

Le due cose si influenzano vicendevolmente: spesso la giustizia funziona male perché deve lavorare con leggi fatte solo per accontentare il sentimento popolare, come quelle sul "femminicidio" e sugli atti persecutori. Il motivo per cui ci sono casi di stalking così di frequentante è anche perché:

  1. La legge è scritta male
  2. Le agenzie di controllo non sono educate e preparate, non conoscono concretamente il fenomeno della persecuzione e la personalità del persecutore e quindi non sanno prevederlo né affrontarlo. Insomma è un circolo vizioso

Un utente suggerisce la divisione tra il piano della responsabilità penale con quello dell'educazione.

Come ho scritto in un commento, bisogna tenere distinto il piano della responsabilità penale con quello dell'educazione. Se non ci fossero tutti questi tabù, i pregiudizi, gli ostacoli alla libertà e all'emancipazione sessuale le cose sarebbero ben diverse, questo senz'altro. E il cambiamento si ottiene con l'educazione. Ciò non toglie che, per me, la responsabilità penale di chi va con una persona incapace di prestare il proprio consenso c'è. E tutti quelli che dicono "ma allora siamo quasi tutti penalmente responsabili" , beh si, hanno ragione, perché purtroppo la cosa è fin troppo normalizzata, secondo me. Non c'è da scherzare con la libertà delle persone. Addirittura io litigai con un mio collega durante una lezione di diritto penale perché lui sosteneva che se il partner "revoca" il proprio consenso durante l'atto e l'altro non si ferma, non sarebbe stupro.

Questo per farti capire come la penso. Che sul tema bisognerebbe parlare senza paraocchi, senza pregiudizi, senza tabù certamente, ma anche con un po' di cautela.

Come dicevo è una cosa che va verificata caso per caso. Ovviamente il sistema è mandato avanti da esseri umani. Leggi troppo generiche sono pericolose ma anche leggi troppo casistiche. È nel caso concreto che bisogna verificare se la presunta vittima ha potuto dare il proprio consenso. E no, potrebbe essere diversamente.

Nel caso che hai postato tu forse il tribunale del riesame ha ragione, in un altro caso la soluzione potrebbe essere diversa. Non si può ragionare astrattamente.

Formalizzazione delle leggi, Logiche deontiche e modali

Certo, la prima cosa è vedere questo https://plato.stanford.edu/entries/logic-deontic/. Considera che per catturare le questioni legali hai bisogno non di semplice logica deontica ma di logica multimodale con operatori deontici ed epistemici

In generale una buona lettura preliminare sarebbe l'entry sempre sulla SEF delle logiche modali https://plato.stanford.edu/entries/logic-modal/.

Attualmente alcune delle ricerche più avanzate in logica riguardano la formalizzazione dei ragionamenti comuni, ed è un campo multidisciplinare in cui lavorano tanto logici quanto psicologi quanto computer scientists.

Già la First Order Logic è molto interessante (cerca per esempio "paradosso del cappello"), poi le logiche modali sono davvero potenti e interessanti. Molto spesso in diversi ragionamenti le persone, a causa di ragionamenti per default o vaghi , si tende a fare fallacie confondendo espressioni de re con de dicto, o altro ancora.

Scrittura delle norme

Viene dato un commento molto approfondito sulla tematica della scrittura delle norme, nonché delle loro caratteristiche e sulla loro influenza sul momento della sentenza.

Sicuro, capisco che per te che vieni dall'informatica, tutto ciò possa sembrare strano. Ora, auspico che non venga un papiro sto commento.

Le cose da tenere in considerazione sono il linguaggio e le caratteristiche di astrattezza e generalità. La prima è semplice: le norme sono espresse tramite una lingua. E non potrebbe essere altrimenti. Questo significa che come accade in ogni linguaggio, ci possono essere delle ambiguità. L'ermeneutica serve proprio a consentire all'interprete, che è anche uno dei nomi coi quali il giurista viene infatti spesso chiamato, soprattutto i giudici, di eliminare quanto più possibile dubbi e ambiguità. In ogni caso, questi sono ineliminabili, anche a causa delle altre due caratteristiche.

Un corpo di norme sull'interpretazione consente di avere interpretazioni il più possibili simili e congruenti. Inoltre, questo è necessario perché le norme non sono delle cose volanti e un po' evanescenti come molti pensano, delle frasi inamovibili. Le norme esprimono regole di comportamento, che possono essere comprese solo se messe in relazione le une con le altre, sotto tutti gli aspetti, e con la propria ragion d'essere. Quindi è necessaria l'ermeneutica. Ad esempio, ci sono norme che assumo un certo valore solo a causa di una norma diversa contenuta in una disposizione diversa.

Ora, passiamo alle altre due caratteristiche, che userò in modo atecnico però. Le norme descrivono regole di comportamento che si devono applicare a tutti, generali quindi, e astratte, cioè avulse dal caso concreto. Non si dice: se tizio tocca caio qua è X, se tizio bacia caia la è Y e così via. Si descrive astrattamente la violenza, cioè si pongono in una norma le sue caratteristiche astratte. Se si facesse altrimenti, si avrebbe una legge casista, come era nel passato, il che crea molti problemi. Il primo, si avrebbero centinaia di migliaia di norme, con effetti devastanti sul mondo del diritto. Sarebbe semplicemente impossibile: è questa la ragione per cui a inizio ottocento si è passati dal sistema casistico, che dopo 6 secoli era ormai un disastro, al codice.

Dove prima si avevano compilazioni con magari 20.000 norme che in ogni caso non regolavano la materia ed erano aperte ad aggiunte e integrazioni esterne, si creò il codice, dove in neppure un paio di migliaia di norme vi era tutto. E tutto regolato, necessità di integrazioni.

Altro problema del casistico è che il legislatore, per quanto puntiglioso non potrà mai regolare tutti i singoli possibili avvenimenti materiali. E quindi ci sarà bisogno di interpretare.


E qua veniamo a noi. Stabilito che le norme sono astratte, ci sono due importanti conseguenze. La prima è che una norma non è mai direttamente applicabile: ogni volta, passa attraverso un'attività, detta sussunzione, che consiste nell'astrarre dai fatti materiali i dati rilevanti, e vedere se quei fatti ricadono in una fattispecie legale o nell'altra. È questo il fulcro in effetti. E qua si che serve l'ermeneutica! Tanto per farti un esempio generale, uno dei criteri è quello teleologico, cioè dello scopo della norma. Ora, può benissimo capitare che un atto, che a prima vista parrebbe sanzionabile, in realtà non lo sia perché non contrasta con gli obbiettivi che la norma persegue.

La seconda conseguenza, invece, riguarda il metodo di scrittura: quando si scrivono le norme, si deve sempre decidere quanto dettagliate e particolari debbano essere. Ora, può sembrare che norme dettagliatissime siano una buona cosa, ma in realtà non lo sono. Questo perché norme troppo precise e stringenti non fanno altro che costringere la fluida realtà materiale entro caselle e spazi che non le appartengono, e riducono il potere della legge di adattarsi, e quindi regolare meglio, la realtà sociale, il che è proprio il compito del giudice.

Quindi, le norme sono abbastanza ampie apposta, per consentire alla giurisprudenza di adeguarle alla mutevole realtà dei fatti: e questo, è chiaro che può essere fatto meglio da un professionista che ragioni sul caso concreto piuttosto che in sede di dibattito parlamentare. Quindi, come vedi, le norme debbono necessariamente essere un poco vaghe, e questo conduce alla necessità di interpretarle.

Usare criteri matematici non solo lo trovo difficile se non impossibile, ma è proprio inutile e dannoso. Peraltro, è inutile proprio perché il diritto usa una sua terminologia molto specifica, che assolve già al ruolo di linguaggio tecnico, quasi matematico. Ma usare un insieme di segni piuttosto che un altro è irrilevante, senza contare il linguaggio del diritto è creato proprio per il diritto, e usando segni matematici si farebbe molta più fatica ad esprimere le norme.

Devi tenere conto poi, che il diritto non è una scienza descrittiva, anzi, non è una scienza. È attività prescrittiva, che dice cosa fare, non come stanno le cose. Questo vuol dire che quando chiedi se ci sia valido azione scientifica, io ti dico che ha senso solo fino a un certo punto.

La scienza giuridica è ampia e quindi si, sono validate, ma non come una legge matematica. Perché nella legge giuridica si inserisce il momento volitivo della formulazione, che ha poco a che fare con la scienza, e molto con, ad esempio la politica.

Tant'è, che esiste una certa parte della scienza giuridica che parla non del contenuto delle norme, ma delle norme in sé, lasciando il contenuto come irrilevante, perché quella è espressione della volontà del legislatore.

Il discorso è molto ampio e lungo, ci si sono letteralmente scritto libri, quindi non lo si può esaurire qua, ma sarò felice di continuarlo se qualcosa non ti è chiaro o così via.

Il commento prosegue anche con degli esempi pratici.

Una persona è considerata "ubriaca" quando è incapace di intendere e di volere, salvo alcune eccezioni non si richiede un determinato tasso alcolico nel sangue (tranne che per la guida in stato di ebbrezza ad esempio). Con ciò ad esempio una persona potrà essere considerata ebbra dopo aver bevuto una quantità minima di alcool (portando come prova ad esempio che era la prima volta che beveva in vita sua).

Per "viziare la volontà", non serve una capacità di intendere e di volere totalmente viziata, ma è sufficiente che lo sia solo parzialmente. Faccio alcuni esempi, se vedi una mia amica che vorrei farmi palesemente brilla, se altero il mio stato mentale per darmi un alibi rispondo di violenza, parimenti se sono io a convincerla a bere con lo scopo di approfittarne in un momento successivo.

Mentre, se entrambi ci siamo incontrati già ebbri e siamo finiti a letto, se non c'è stata una costrizione violenta, non è reato per nessuno dei due.


Considera che i reati sono fatti (un'azione umana), antigiuridici (che violano una norma), colpevoli (che siano sorretti da almeno la colpa, per altri è necessario il dolo), punibili (che non siano presenti cause di non punibilità). Essere ebbri porta a che le tua azioni non abbiano né dolo né colpa, ma il nostro codice stabilisce che se sei ebbro e commetti un reato sei comunque colpevole, a meno che lo stato di ubriachezza non dipenda da caso fortuito o forza maggiore. Considera che per alcuni reati lo stato di ubriachezza è un'aggravante.


Esempi: bevo da una bottiglia d'acqua convinto che sia piena d'acqua invece è grappa. Subito dopo mi convincono a fare una rapina in una banca, in questo caso non sono punibile (ma vale solo per me, per i complici è aggravata) o lo stato di ubriachezza sarà considerata come un'attenuante (riduzione sulla pena).

Esempio B. Voglio uccidere mia moglie, bevo per la prima volta in vita mia per darmi una scusante. Se mi beccano lo stato di ubriachezza premeditata sarà un'aggravante.

Un altro utente controbatte cosi:

Mmm.. che casino.. premetto che capisco pienamente che la giurisprudenza sia costretta a semplificare un mondo complesso e che sia in continua evoluzione, però certe volte lo fa in maniera che non approvo. Mi viene in mente un avvocato che affermava che esistono una quantità enorme di leggi che contraddicono la costituzione e si contraddicono tra loro, ma anche questo pezzo che cito dal pensiero di uno studente di giurisprudenza: «In Cassazione Radio Vaticana è stata condannata per getto pericolose di cose (che è un illecito penale) per emissione di onde elettromagnetiche. Ora, ti sembra che le onde elettromagnetiche si possano "gettare"? Non mi risulta. Trattasi di interpretazione analogica in malam partem bella e buona».

Ad esempio: "una persona è considerata "ubriaca" quando è incapace di intendere e di volere" → da un punto di vista scientifico è di un'arroga potrebbe essere parecchio complicato da dimostrare che una persona fosse o meno incapace di intendere e di volere. Stando a questa definizione tra l'altro credo che la competenza non sia giuridica bensì delle neuroscienze (ancora scientificamente non sappiamo dire se esiste il libero arbitrio). La vedo come una formulazione abbastanza audace e non pratica.

Ad esempio secondo tale definizione io non considererei nessuno ubriaco a meno che non abbia perso i sensi o quasi perché per quanto io beva non perdo il controllo. Il fatto che dal punto di vista medico i miei freni inibitori siano meno forti non lo considero sinonimo di incapace di intendere e di volere.. a meno di venir provocato molto.

Comunque per "passiva" intendo che il sesso non è qualcosa tipo una rapina in banca dove c'è un rapinatore e un rapinato. In stato di ebrezza il sesso è qualcosa che richiede un ruolo attivo da entrambe le parti. In tal senso possiamo benissimo ribaltare il punto di vista: una ragazza ebbra ha fatto sesso con un uomo non ebbro. Lui non si è ribellato. Lui ha subito violenza? Non l'ha subita?

Se ho capito bene la giurisprudenza non accetta una simile impostazione e schematizza il sesso in una cornice simile a quella di un contratto che deve essere firmato da entrambi. Una persona, stando alla legge, non "dispone" della facoltà di farsi toccare in termini sessuali se è ebbra. Detto così suona bizzarro ma di fatto non è un'altra formulazione di ciò che la legge sancisce?

Visto così però non diventa tanto una questione di poter dare il consenso.. quanto di un divieto, fatto ad un essere umano, di disporre liberamente del suo stesso corpo. Divieto di cui però non può fare le spese lui, ma solo gli altri.

Mi domando se ci siano altri casi in cui, in certe condizioni, non si possa disporre della propria libertà.