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Guia Soncini - L'era dell'indignazione, lista episodi
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== EPISODI REALI GRAVI == === L’episodio del ristorante - LA MORTE DEL CONTESTO === Nella primavera 2020, un tizio che di mestiere era famoso su Instagram '''aveva chiamato a raccolta l’indignazione collettiva''' per un filmato trovato in rete: un cliente di ristorante non inquadrato ma dalla parlata romanesca diceva a una cameriera dai tratti orientali «'''Cinese, mi stappi il vino, grazie cinese grazie'''». Il semifamoso non si era limitato a far conto sulla nostra sensibilità e sullo spontaneo raccapriccio per il vocativo razziale; ci aveva didascalizzato il perché quel che avevamo appena visto era male: «Quello che mi dispiace più di tutto è che evidentemente questa ragazza si sarà sentita mortificata da queste parole, '''e non ha avuto la prontezza o il coraggio o la forza in quel momento di chiedere a queste persone di abbandonare il locale,''' che sarebbe stato quello che avrei fatto io anche solo se avessi assistito a questa scena senza che le parole fossero rivolte a me. La mia solidarietà va a questa povera ragazza». === Il caso del professore - IL SECOLO FRAGILE === Il professor Coleman Silk va in rovina per un equivoco che sembra uscito da una qualunque giornata su Twitter (che all’epoca ancora non era stato inventato): chiede se i due studenti che non si presentano mai alle sue lezioni '''siano ''spooks,'' spettri'''; non li ha mai visti, quindi non sa che sono neri, e – sfiga nera, verrebbe da dire, ad aver voglia di farsi accusare di battute razziste – ''s'''pooks''''' '''è anche un modo offensivo per dire neri'''. Il professor Silk ha fatto una battuta innocentissima, ed è perciò ufficialmente razzista. === Il caso di un’autrice comica su Twitter - NIENTE BASTA MAI === Nella primavera del 2020, tocca a un’autrice comica statunitense con tutte le credenziali giuste rispetto alle buone cause, e che però usa il suo account Twitter per fare battutacce. Per chi scrive di mestiere, Twitter è una palestra: '''non sai se una cosa funziona finché non l’hai scritta''', e a volte è proprio se tutti si offendono che la cosa che hai scritto funziona. Oddio, «a volte»: sempre; nell’epoca in cui tutti si offendono per tutto, le uniche frasi che non suscitano indignazioni sono quelle che nessuno ha letto [...]. L’autrice comica si scusa, nella primavera 2020, per aver twittato, nel 2011 (prescrizione, dove sei), due righe che facevano così: «'''Non è più politicamente corretto chiamarli “ritardati”. Adesso devi chiamarli “asiatici'''”». Il meccanismo comico gioca sul fatto che la frase potabile sarebbe che non è più accettabile dire cose come «musi gialli», e che la dicitura corretta è «asiatici», esattamente come Eddie Murphy oggi non direbbe ''faggot,'' frocio, ma userebbe un’espressione non sconveniente; '''ma chiedere ai passanti dei social di capire un meccanismo comico significa non aver chiaro quanto bassa sia la loro soglia d’attenzione e quanto alta la loro determinazione a indignarsi'''. E infatti la folla notifica tutto il proprio sdegno alla poverina, giacché ella nel suo comunicato di scuse ha sì chiesto perdono alla comunità asiatica, ma non a quella dei disabili (per l’uso di «ritardati»). === Il caso del negozio per taglie forti di Roma - NIENTE BASTA MAI === Niente basta mai: nell’autunno 2019 un negozio per taglie forti di Roma compra degli spazi pubblicitari in cui, sopra la foto d’un’obesa vestita da coniglietta, c’è lo slogan «T’abbacchi a Natale?». '''Inutile dire che il proprietario viene accusato''', a seconda della lingua preferita dai parlanti suscettibili, '''di ''fat shaming'''''<nowiki/>'','' cioè di svergognare il grasso (un negozio per taglie forti), o di grassofobia, cioè di temere il grasso (sempre un negozio per taglie forti). Intervistato, il proprietario dice che un’esponente del PD (forse davvero timorata dell’obesità) ha chiesto al sindaco di coprire i manifesti («penso che la Raggi abbia cose più importanti a cui pensare»), che in Italia siamo tutti arrabbiati e nessuno ride più, '''ma soprattutto chiarisce l’impossibilità d’uscire da quel vicolo cieco che è la suscettibilità'''. «Abbiamo fatto diverse campagne pubblicitarie negli anni, utilizzando sempre modelle in taglia 46-48, e tante clienti che venivano da noi, oltre la taglia 60, si lamentavano in quanto non si rispecchiavano nell’immagine pubblicitaria». Se ci metti la modella obesa ti tirano le pietre, se ci metti quella formosa ti tirano le pietre. === La studentessa vietnamita - LA PIGRIZIA DELL’INDIGNAZIONE === In un’università californiana l’anno scorso c’era una studentessa vietnamita che si chiamava Phuc. '''Un anglofono lo pronuncia come ''fuck''''' (''scopare,'' ma anche parolaccia passepartout)'''. Un professore le ha chiesto di anglicizzarsi il nome perché non suonasse come un insulto'''. Io l’avrei fatto prima ancora che me lo chiedesse («Esatto: Giulia» dico sempre ai centralinisti per velocizzare il tutto). Una più pronta di riflessi di me gli avrebbe risposto che, se solo fosse stato più ''fluent'' in vietnamita, avrebbe saputo che la pronuncia di Phuc è in realtà “foub”. Phuc invece è figlia del secolo fragile, e perciò ha denunciato il comportamento discriminatorio del professore, '''che è stato sospeso dall’insegnamento'''. === Le donne offese - NON C’È NIENTE DA RIDERE === Le donne, offese con Roberto Burioni che aveva affermato l’inesistenza delle brutte: '''basta curarsi di più per essere carine''', affermava il tweet che poi ha cancellato illudendosi così di mettersi al riparo dagli insulti. Incidentalmente, '''la caritatevole bugia di Burioni è quella su cui campano da secoli i giornali femminili''', che se non c’illudessero che basta una crema a fare di noi Cindy Crawford non potrebbero venderci creme. Incredibilmebnte, scegliamo d’offenderci con chi sposta la tenda di Oz (il mago, non la fabbrica di cosmetici), mica con chi non ci ha mai detto che no, non siamo tutte comunque belle, come non siamo tutte Nobel per la chimica: le qualità sono tali perché alcuni le hanno e altri no, e non c’è da crucciarsi di non esser belle, se non si è pagate per esserlo, più di quanto ci sia da crucciarsi di non saper fare un doppio carpiato con piroetta (c’è anche la stessa probabilità di colmare la lacuna curandosi di più). === Il caso della signora di Central Park - ANGOLI DI NICCHIE DI FRAZIONE DI MINORANZE === C’era stato il caso della signora di Central Park, adesso nessuno se ne ricorda più perché è un’indignazione dell’altroieri, ma per un po’ non si parlò d’altro. '''Un uomo nero aveva ripreso una tizia (bianca) che era in una zona di Central Park in cui si osservano gli uccelli (attività svolta dall’uomo nero) con un cane non al guinzaglio.''' In estrema sintesi: lui le diceva di legare il cane, lei si faceva venire una crisi isterica e chiamava la polizia. Vuole farlo uccidere, commentavano compatti gli americani, in quel momento particolarmente sensibili al razzismo della polizia (l’incidente era avvenuto il giorno in cui un poliziotto aveva ucciso George Floyd), e apparentemente incapaci di capire che, se la polizia uccide quelli che ferma, è sensato chiedere che la polizia smetta di farlo, non che la gente smetta di chiamare la polizia se si sente in pericolo. '''Veniva deciso che la tizia fosse razzista, e i social chiedevano il suo licenziamento e lo ottenevano''' (l’osservatore di uccelli diceva le cose più equilibrate, come spesso accade quando un caso attrae folle deliranti in preda a ricatto partecipativo: i commentatori sono sempre assai meno lucidi dei protagonisti). === La nuova norma redazionale - ANGOLI DI NICCHIE DI FRAZIONE DI MINORANZE === Nell’estate del 2020, l’Associated Press, seguita da altre testate giornalistiche americane, stabilisce una nuova norma redazionale: '''nero, ''black,''''' quando non è la tinta d’una giacca recensendo una sfilata ma un’identità razziale, '''verrà scritto con la maiuscola''' (come in inglese vengono scritte le nazionalità). Spesso le buone intenzioni fanno tutto il giro e generano mostruosità, e questo mi sembra uno di quei casi: '''tenendo minuscolo ''white,'' stai dicendo che ai bianchi è concessa la libertà di definirsi un po’ come preferiscono''', ma i neri sono innanzitutto maiuscolamente neri. Che tu abbia scoperto il vaccino per una malattia terminale o scritto il romanzo definitivo, comunque il tuo principale aggettivo deve riguardare il colore della tua pelle8. Come si faccia a considerarlo progresso trascende la mia comprensione. Ma sto divagando. Quando una giornalista (nera, e premio Pulitzer per una controversa inchiesta sullo schiavismo) annuncia entusiasta su Twitter che il suo giornale, il ''New York Times,'' scriverà d’ora in poi maiuscolo Black, le prime risposte che le arrivano sono: «'''Ora se solo smettessero di usare “ispanico” e adoperassero “latinx”'''» «Ma i latini e gli ispanici non sono due gruppi diversi?» «No» «Non c’è accordo neanche tra di noi su questo, è una cosa generazionale» «La comunità latina ha moltissime volte detto che non le piace “latinx”, le parole coi generi sono parte della nostra lingua, cercare di neutralizzarle è assurdo» – eccetera. Pochi giorni prima, un analogo dibattito ha riguardato un nuovo acronimo. Fino ad allora si è usato POC, ''People of Color,'' mentre ora pare che l’espressione corretta sia BIPOC, ''Black [and] Indigenous People of Color.'' Si era dibattuto tra chi lo trovava ridondante e chi doveroso, chi «colore è colore» e chi «basta ignorare gli indigeni d’America». === Il Black Friday - CHI SI OFFENDE È PERDUTO === L’inglese è più malleabile, e il risultato è che ogni giorno c’è una novità lessicale. A luglio 2020, Twitter ha fatto sapere che nei suoi uffici si era deciso di eliminare alcune parole dal lessico abituale, per mostrare maggiore sensibilità razziale. '''Tra le parole eliminate, ''blacklist.''''' La lista nera non può più essere nera, perché ''nero'' non può essere sinonimo di negativo. Non hanno precisato che cosa faranno del Black Monday, il lunedì nero borsistico che sta nella storia della finanza. Black Friday già avevamo smesso di usarlo, dopo aver importato dall’America l’usanza del venerdì di saldi a fine novembre, e il relativo nome, dopo essercisi gettati su con una brama pari a quella con cui ci siamo appropriati di Halloween. A togliere la dicitura dal mercato era stata un’indignazione dell’autunno 2019: '''il ''Corriere dello Sport'' aveva aperto la prima pagina col titolo ''Black Friday,'' su una foto di due calciatori neri della Roma e dell’Inter che quella sera avrebbero giocato uno contro l’altro'''. Il titolo si richiamava a «scudetto e Champions in offerta», nel sommario, ma non c’è stato niente da fare: l'''’opinione pubblica ha deciso che era un titolo razzista, Roma e Inter hanno vietato al giornale l’accesso alle loro conferenze stampa, si sono indignati un po’ tutti.''' Mi è rimasto il dubbio che, per vedere del razzismo in quel titolo, occorresse essere un commerciante di schiavi e quindi pensare che quelli in saldo fossero i giocatori, ma non volevo offendere mezzo mondo e quindi non l’ho detto. Sia chiaro che non lo sto dicendo neppure ora. === Il caso Rowling - L’AMERICA È LONTANA, DALL’ALTRA PARTE DELLA LUNA === Anni dopo è arrivato il caso Rowling, e anche i più refrattari al tema sono stati costretti a imparare l’acronimo TERF (''Trans- Exclusionary Radical Feminist''). J.K. Rowling è l’autrice di ''Harry Potter,'' epperciò universalmente benvoluta. Almeno fino a quando non prende, a dicembre 2019, le difese d’una ricercatrice inglese, '''licenziata per aver fatto dei commenti ritenuti transfobici'''. I commenti erano roba del tipo «La biologia esiste». Secondo il nuovo femminismo suscettibile, se dici che gameti diversi danno sessi diversi e che quella realtà lì non la cambi con la percezione, sei contro i (o le) trans. Li vuoi morti. Vuoi incitare a discriminarli, ai pestaggi, al rovinare le loro vite. Perché hai detto che la biologia esiste. Purtroppo sarò morta per allora, ma dovrà essere molto divertente vedere gli archeologi ricostruire il tempo in cui la sinistra illuminata aveva posizioni omologabili a quelle della chiesa cattolica ai tempi di Galileo [...]. Passano sei mesi, e Rowling osa fare una battuta. '''È un momento molto istruttivo per chi ascolta da anni Gervais sgolarsi sulla differenza tra oggetto e bersaglio della battuta'''. Va così: un giornale titola chiedendo soluzioni post-Covid per le «persone che mestruano», e Rowling ci fa un tweet spiritoso, «Persone che mestruano, eppure c’era un nome per chiamarle, ricordatemi un po’ qual era». Apriti cielo. Era una battuta contro chi cambia sesso? '''No: era una battuta contro chi ha paura delle parole.''' Era una scrittrice (una che lavora con le parole) che ci diceva che, dalla Bibbia a Shakespeare, che le cose abbiano specifiche parole per essere dette è un tema classico. I polemisti dilettanti hanno meno familiarità di lei con le parole, e una delle prime accuse è: quindi stai dicendo che chi non mestrua non è una donna, chi è stata sterilizzata, chi è in menopausa, quella non è una donna. Rowling non perde tempo a spiegare la corrispondenza non biunivoca – ha detto che una persona che mestrua è una donna, non che una che non mestrua non lo è: eravate assenti quando alle elementari hanno spiegato l’insiemistica? – ma ormai il tamponamento a catena è avviato. Il meccanismo per cui Rowling viene insultata per mesi per quel tweet (una delle rarissime indignazioni a durare più d’un giorno e mezzo) è assai girardiano: '''la storia raccontata non dal capro espiatorio ma da chi l’ha sacrificato è quella che viene ufficializzata, e quindi neanche i più benevolenti, quando ne parlano, si riferiscono a «quella volta in cui linciarono a casaccio Rowling non avendo capito cos’avesse scritto»''', bensì chiedono, con una dialettica inconsapevolmente da caccia alle streghe, «cosa pensi dei commenti transfobici di Rowling?», una domanda che già contiene la condanna. [[Categoria:Cancel Culture]]
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