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Guia Soncini - L'era dell'indignazione, lista episodi
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=== Le recensioni su Repubblica - PENSA OGGI === È il 1992. A ottobre partono i programmi televisivi della nuova stagione e, come da tradizione delle rubriche di critica, vengono recensite le prime puntate. Su ''Repubblica'' il titolare della rubrica è Beniamino Placido, il più raffinato intellettuale italiano che si sia mai esercitato nella critica televisiva. Così comincia il suo resoconto di due esordi domenicali: «Abbiamo seguito come abbiamo potuto ''Domenica in'' di Cutugno-Parietti su Raiuno, e ''Italiani'' di Barbato- Palombelli su Raitre. [...] Cosa abbiamo notato? Abbiamo notato – mica è colpa nostra, la televisione è fatta di immagini – che Barbara Palombelli (Raitre) aveva una minigonna più corta di quella di Alba Parietti». '''Canzonissima''' È il 1972. A ''Canzonissima,'' programma del sabato sera in quell’edizione condotto da Pippo Baudo e Loretta Goggi, Vittorio Gassman, ospite fisso, in una puntata – dopo che la sua voce fuori campo ha annunciato «voglio entrare in maniera semplice, tranquilla, modesta» – entra in scena assiso su una biga, '''tirata non da cavalli ma da signore impellicciate che il condottiero frusta per farle marciare'''. Baudo domanda chi siano, Gassman risponde: «La baronessa Taranti Maielli, la presidentessa delle opere pie dell’alto Lazio, e altre ammiratrici che si sono prestate volontariamente per tirare la mia biga. Brave bambine, vi siete fatte ammirare, ora in scuderia», poi quelle escono mute e lui procede a fare il suo numero. '''Tropic Thunder''' È il 2008. Ben Stiller gira e interpreta ''Tropic Thunder,'' un film satirico su tre attori imbecilli che girano un film di guerra. '''Il suo personaggio è reduce dall’insuccesso d’un film in cui interpretava quello che in un libro per gente perbene chiamerò un disabile'''. Il personaggio di Robert Downey jr. (che incidentalmente ha la faccia tinta di nero per fare l’afroamericano) gliene spiega con una certa lucidità i mancati incassi: «'''Lo sanno tutti che non devi farlo davvero ritardato'''. Facci caso. Dustin Hoffman, ''Rain Man'': sembra ritardato, si comporta da ritardato, non è ritardato. Conta gli stuzzicadenti, bara a carte. Autistico, mica ritardato. Tom Hanks, ''Forrest Gump.'' Lento, sì. Forse pure ritardato. Storpio. Ma faceva perdere la testa a Nixon e vinceva una gara di ping pong. Mica era un ritardato: era un cazzo di eroe di guerra. Conosci qualche eroe di guerra ritardato? Tu l’hai fatto davvero ritardato, mai farli davvero ritardati. Non ti fidi? Chiedi a Sean Penn, 2001, ''I am Sam,'' te lo ricordi? Davvero ritardato, davvero neanche un Oscar». '''Delirious''' È il 1983. Eddie Murphy è un comico nero ventiduenne e ha il livello di fama d’una rockstar. La HBO decide di registrare e mandare in onda lo spettacolo che sta portando in giro, ''Delirious.'' La prima frase del monologo è: «Qui ci sono delle regole, la prima è: i froci non sono autorizzati a leccarmi il culo mentre sto sul palco». S'''egue una spiegazione del suo muoversi sul palco per sfuggire a eventuali agguati degli omosessuali in platea''' (è una specie di versione «orgoglio etero» del «se ti muovi rapido, non vieni nelle foto» che Salvatores dieci anni dopo avrebbe fatto dire a un personaggio in ''Sud''). '''È uno dei rarissimi casi in cui la parola «omofobia»''', in genere impropriamente usata per chi aggredisce o ostracizza i gay (e quindi non ne ha paura: è semplicemente stronzo), '''ha un senso''': Murphy dice proprio d’avere paura dei gay, «mi terrorizzano, ho gli incubi». Dopo una divagazione sulla paura di «andare a Hollywood e scoprire che Mr T è un frocio» (Mr T era il personaggio nero di ''A-Team,'' telefilm di gran successo di quegli anni), si passa alle donne cui piace avere amici gay, e infine all’AIDS. Murphy – nel 1983, quando non c’era una cura per tenere sotto controllo l’HIV e la gente ne moriva a frotte – ha paura che glielo attacchi qualche ragazza che l’ha preso in discoteca dall’amico gay. E a quel punto non solo muori, ma penseranno anche tutti che sei omosessuale. È il 2008. ''Delirious'' esce in dvd. Contiene un’intervista in cui l’Eddie Murphy che va per i cinquanta commenta il sé stesso poco più che ventenne. '''L’intervistatore gli domanda se all’epoca ci fossero state polemiche'''. «Certo che c’erano i picchetti. Erano gli anni in cui non si parlava di niente, e io parlavo di tutto. Si parlava di gay, e fuori c’erano i gay che: No, no, no». Fa anche l’imitazione con la voce da ''Vizietto.'' '''Iva Zanicchi''' È il 2009. Iva Zanicchi porta a Sanremo una canzone intitolata ''Ti voglio senza amore.'' La prima sera del festival Roberto Benigni dedica tre minuti del proprio monologo al divertito stupore nel sentire una signora che canta «“fammi quello che ti pare però non finire presto”: è come dire “trombami e dura parecchio” [...] con tutto il rispetto, è un bel pezzo di donna, ma è un donnone, c’è da fare». '''La canzone non supera il primo turno di gara, la Zanicchi dà la colpa a Benigni, la polemica si esaurisce in dieci minuti.''' '''The Guardian''' È il 2004. Il ''Guardian,'' quotidiano inglese che già mostra le caratteristiche che lo porteranno poi a essere il bollettino ufficiale dell’era della suscettibilità, intervista Bill Murray, a proposito del ruolo che interpreta in un film intitolato ''Lost in Translation'': un attore americano che trascorre alcuni alienati giorni a Tokyo. '''In particolare gli chiedono se il film non sia pieno di stereotipi razziali e offensivo per gli orientali, una domanda alla quale qualunque persona sensata'''. Oggi sa di dover rispondere un contrito «sì». Nel 2004 Murray risponde: «So che i giapponesi ridono degli americanismi più di quanto noi ridiamo dei giapponesismi. Adorano osservare la stupidità del forestiero a Tokyo. Non sono per niente offesi. '''Lo sanno che i loro inchini sono buffi e che la loro lingua è impenetrabile per il resto del mondo»'''. '''Franca Valeri''' È il 2019. Franca Valeri pubblica un libro intitolato ''Il secolo della noia.'' A un certo punto, nel fare paragoni tra ora e allora, scrive: «Quando la politica era una specie di tabù, non troppo nominato, quando gli uomini chiudevano le porte, quando si poteva entrare con un ristoro, magari dei cioccolatini o uno spumante e si poteva dire: “Basta parlare di politica!”, e gli uomini tacevano». Aspetto l’insurrezione delle cancellettiste – come osa rimpiangere un tempo in cui la politica era privilegio degli uomini, in cui le donne erano quelle che portavano da mangiare –, ma non arriva. Sa'''rà perché hanno letto quell’intervista di trentacinque anni prima in cui l’intervistatrice rinfacciava a Roth di dividere le donne in psicopatiche che infelicitano la vita all’uomo e accudenti che gli preparano da mangiare,''' e Roth le ricordava che saper fare da mangiare era una dote equamente divisa tra le sane di mente e le stronze? Figuriamoci. Più probabile sia perché ciò che non può diventare istantanea da social network più difficilmente crea scandalo, certo d’un libro si potrebbe fotografare la pagina e twittarla con indignazione, ma toccherebbe comprarlo e leggerlo, e figuriamoci. O perché in quel 2019 Franca Valeri compiva novantanove anni, e quindi parlava a nome del tempo che era stato: n'''on era considerata in grado di comprendere l’evoluzione dei tempi e l’emancipazione e la fortuna di vivere adesso''', questo tempo sbagliato in cui tocca discutere di correnti di partito tutti i giorni persino se hai una vagina. Non sapeva quel che si era persa, povera Franca, solo per questo l’avevano lasciata in pace. Pensa se fosse stata considerata una di oggi.
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