Cancel culture, episodio Amy Cooper

Da Tematiche di genere.
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Introduzione

La proliferazione dei media digitali ha notevolmente amplificato la velocità e l'urgenza con cui le storie vengono raccontate, spesso a scapito della loro complessità e sfumatura. Questo testo esplora come una narrazione può essere distorta nella frenesia di catturare l'attenzione e l'indignazione del pubblico. Il caso di Amy Cooper a Central Park ne è un esempio emblematico.

La storia come è stata presentata

Il 25 maggio 2020, un video con Amy Cooper, una donna bianca a Central Park, è diventato virale. Nel video, Amy, visibilmente agitata, chiama la polizia sostenendo che un uomo nero la stesse minacciando. Ma è proprio l'uomo di colore a girare il video per tutelarsi. Si potrebbe quindi dedurre che il motivo del suo allarme fosse la presenza dell'uomo nero e non eventuali minacce e che abbia chiamato la polizia per costringerlo ad allontanarsi. Più in dettaglio

Il 25 maggio 2020, Amy Cooper stava passeggiando con il suo cane in una zona di Central Park. Christian Cooper, un fumettista e redattore che non ha alcuna relazione con Amy, stava osservando gli uccelli lì e ha notato che il cane di Amy era senza guinzaglio e correva libero. Nonostante ci fosse l’obbligo di tenere i cani al guinzaglio in quella parte del parco, Amy ha rifiutato di mettere il guinzaglio al suo cane.

Christian ha quindi detto: “Guarda, se farai quello che vuoi, farò quello che voglio, ma non ti piacerà”, e ha cercato di attirare il cane verso di lui con un biscotto per cani. Amy ha quindi urlato: "Non toccare il mio cane!". Christian ha iniziato a registrare l’incidente sul suo cellulare.[1]

Amy è diventata sconvolta e ha minacciato di chiamare la polizia, portando Christian a iniziare a registrare sul suo cellulare. Nel video, Amy chiama il 911 per segnalare falsamente che un “uomo afroamericano” stava “minacciando me e il mio cane” e chiede agli operatori di "inviare immediatamente la polizia!".

In seguito, i pubblici ministeri hanno dichiarato che Amy Cooper aveva ripetuto l’accusa e accusato Christian Cooper di aver tentato di aggredirla durante una seconda chiamata. L’incidente ha ricevuto molta pubblicità quando un video che mostrava l’interazione tra le due parti è diventato virale.

Amy Cooper è stata successivamente licenziata dal suo datore di lavoro[2], che ha dichiarato in una dichiarazione che "non tolleriamo il razzismo di nessun tipo". Nel febbraio 2021, le accuse contro di lei sono state ritirate dopo che ha completato un corso educativo sull’identità razziale.

La ricerca della viralità ad ogni costo

Questa rappresentazione ha scatenato una tempesta mediatica, con la maggior parte delle fonti che hanno presentato una versione unidimensionale degli eventi. Tutto ciò ha suscitato indignazione per l'evidente comportamento razzista e ha dato il via a una tempesta mediatica. Tuttavia, la maggior parte delle prime reazioni si è basata esclusivamente sul contenuto virale, senza approfondire la vicenda o ascoltare le parti coinvolte. Questo ha portato ad una presentazione semplicistica e polarizzante: la donna bianca razzista che denuncia ingiustamente l'uomo di colore.

Molte testate hanno cavalcato l'onda emotiva, pubblicando contenuti frettolosi e sensazionalistici, piuttosto che articoli equilibrati. La spinta alla viralità ha prevalso sulla completezza dell'informazione e sulla verifica approfondita dei fatti.

Solo col tempo sono emersi nuovi elementi, come la fragilità emotiva della donna in quel periodo, che suggerivano una lettura più sfaccettata. Ma ormai la macchina mediatica si era messa in moto, con profili dei protagonisti, commenti di esperti e continui aggiornamenti che alimentavano lo sdegno collettivo.

Questo caso evidenzia i rischi di una copertura frettolosa guidata dall'emotività, che può distorcere la realtà anziché spiegarla. Un giornalismo responsabile dovrebbe invece perseguire accuratezza, equilibrio e complessità, non limitarsi ad assecondare indignazione e pregiudizi.

La realtà dei fatti: il contesto mancante

Sulle fonti alternative, vale sempre il detto che la grande giornalista Fiorenza Sarzanini usa per parlare delle fonti giudiziarie:

«Se hai una fonte, è lei che controlla te. Se ne hai dieci, sei tu che controlli loro».

Perciò, cari utenti, ogni volta che leggete una notizia che vi fa indignare, prima di ricondividerla cercatela su altre fonti. Sul senso critico, vale il detto:

«Quando ti sembra troppo bella per essere vera, non è vera».

O meglio, è sempre più complicata di così.

Francesco Oggiano, nel suo libro Sociability, ci fa notare che ci sono alcuni dettagli che nessun giornalista inizialmente si è mai preoccupato di raccogliere prima di sparare la notizia acriticamente.

  • L’uomo che filmava (il nero) si chiama Chris Cooper. È un osservatore di uccelli. E c’è questa cosa a Central Park. Gli osservatori di uccelli odiano i proprietari che portano i cani a fare i bisogni, perché spaventano i volatili. Chris Cooper è un tipino piuttosto polemico. È un fatto che se ne va al parco portandosi con sé i croccantini. Quando vede cani non al guinzaglio, li avvicina con i croccantini e inizia a minacciare i proprietari. Ha già due precedenti scontri di questo tipo con altri proprietari.
  • Quello che vediamo in video non è tutto quello che è successo (non lo è mai). C’è un dopo e soprattutto c’è un prima. Prima che l’uomo iniziasse a registrare col suo telefono, aveva effettivamente minacciato la donna: «Se vuoi chiamare la polizia fallo, ma sappi che allora anch’io farò quel che voglio, e non ti piacerà». Queste parole sono state ammesse davanti alla polizia dallo stesso uomo. Non so voi, ma se fossi stato una donna in mezzo al parco, davanti a un uomo che mi dice una frase del genere a pochi metri da me, mi sarei sentito vagamente in pericolo e avrei perso lucidità.
  • Quando Amy chiama la polizia, presumibilmente in uno stato di ansia e paura, non c’è campo. Il centralinista del 911, come confermato dalla registrazione, continua a dire alla donna che non sente niente. Anche per questo ripete continuamente nel video quel messaggio («C’è un uomo afroamericano che mi sta minacciando»), in un crescendo disturbante eppure ora più comprensibile.

Ora. Alla luce di questi fatti il comportamento della donna è totalmente condivisibile? Non necessariamente. Non credo sia neppure compito o aspirazione dei giornalisti pronunciare la sentenza. Ma è loro dovere raccogliere e presentare quanti più fatti possibile, perché diano il contesto e gli strumenti ai lettori (e ai follower) per farsi la loro opinione. Nel caso di Amy Cooper, e in tanti, tantissimi altri casi, quel lavoro non è stato fatto. Perché farlo significava essere a rischio linciaggio della folla dei social, essere tacciati di razzismo o di altro. Perché nell’informazione social non contempliamo dubbi, e chiunque ci porti fatti che ne fanno crescere in noi di nuovi ci sta in effetti distraendo. Forse ci conviene etichettarlo come parte dei cattivi e non ascoltarlo più.

I rischi del sensazionalismo nei media

Il caso di Amy Cooper evidenzia i seguenti problemi nel paesaggio mediatico moderno:

  1. Il ruolo dei social media: Amplificano rapidamente storie indignanti senza un adeguato controllo dei fatti, premiando contenuti che suscitano emozioni forti.
  2. Mancanza di giornalismo responsabile: Molti media cavalcano l'onda emotiva senza approfondire adeguatamente la storia.
  3. Cultura dell'indignazione superficiale: Distorsioni e pregiudizi possono prosperare se non si valuta la situazione nella sua complessità.
  4. Impatto sulla vita delle persone coinvolte: La responsabilità sociale dei media spesso viene trascurata.

Vedi anche

Note

  1. Solo in questo momento ha iniziato la registrazione
  2. la società di investimenti Franklin Templeton Investments