BOZZA Aldo Moro e Kissinger

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Da verificare se contiene informazioni utili: L'inconfessabile verità sul delitto Moro nascosta dietro Mani Pulite e Cinquestelle - ilGiornale.it

Ipotesi di ingerenze degli USA nella politica interna italiana[modifica | modifica sorgente]

Riassunto[modifica | modifica sorgente]

  • Alcuni ex collaboratori di Aldo Moro hanno dichiarato che durante una visita a Washington, Moro ebbe un duro scontro con l'allora Segretario di Stato Henry Kissinger, contrario all'eventuale entrata del PCI nel governo italiano.
  • L'ex vicesegretario della DC Giovanni Galloni affermò che Moro, prima del rapimento, era a conoscenza di infiltrati dei servizi americani e israeliani nelle Brigate Rosse (il senso è quindi perché non intervennero?) e che gli Stati Uniti erano contrari a un governo con i comunisti per motivi strategici, legati alle basi militari in Italia.
  • La vedova di Moro dichiarò che suo marito era inviso agli Stati Uniti fin dal 1964 per il suo progetto di compromesso storico con il PCI, e che subì pressioni e moniti espliciti da parte di alte figure statunitensi, come Henry Kissinger, per abbandonare questo progetto.
  • Alcune teorie suggeriscono che il rapimento e l'uccisione di Moro potevano essere vantaggiosi per gli interessi americani, che temevano un governo di coalizione con i comunisti in Italia.
  • Steve Pieczenik, ex funzionario del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America e consulente CIA, ha affermato che il suo compito era di manipolare i terroristi italiani affinché le Brigate Rosse uccidessero Moro a ogni costo.
  • Si indaga sulla possibilità che Moro potesse essere salvato ma l'operazione fu annullata, e sulle discrepanze riguardo l'ora del ritrovamento del suo corpo.

Da Wikipedia[modifica | modifica sorgente]

Ipotesi sul caso Moro - Wikipedia, al paragrafo Il possibile coinvolgimento degli Stati Uniti, riporta un dato molto interessante.

Nel corso degli anni alcuni collaboratori di Moro hanno dichiarato che durante una visita a Washington, Moro ebbe un duro scontro con l'allora Segretario di Stato Henry Kissinger (contrario a un'eventuale entrata del PCI nel governo italiano)[1].

L'ex vicepresidente del CSM ed ex vicesegretario della Democrazia Cristiana Giovanni Galloni il 5 luglio 2005, in un'intervista nella trasmissione Next di RaiNews24 disse che poche settimane prima del rapimento, Moro gli confidò, discutendo della difficoltà di trovare i covi delle BR, di essere a conoscenza del fatto che sia i servizi americani sia quelli israeliani avevano degli infiltrati nelle BR [2]:

«Pecorelli scrisse che il 15 marzo 1978 sarebbe accaduto un fatto molto grave in Italia e si scoprì dopo che Moro doveva essere rapito il giorno prima [...] l'assassinio di Pecorelli potrebbe essere stato determinato dalle cose che il giornalista era in grado di rivelare.»

(Intervista con Giovanni Galloni nella trasmissione Next.)

Lo stesso Galloni aveva già rilasciato dichiarazioni simili durante un'audizione alla Commissione Stragi il 22 luglio 1998[3], in cui affermò anche che durante un suo viaggio negli Stati Uniti del 1976 gli era stato fatto presente che, per motivi strategici (il timore di perdere le basi militari su suolo italiano, che erano la prima linea di difesa in caso di invasione dell'Europa da parte sovietica) gli Stati Uniti erano contrari a un governo aperto ai comunisti come quello a cui puntava Moro:

«Quindi, l'entrata dei comunisti in Italia nel Governo o nella maggioranza era una questione strategica, di vita o di morte, "life or death" come dissero, per gli Stati Uniti d'America, perché se fossero arrivati i comunisti al Governo in Italia sicuramente loro sarebbero stati cacciati da quelle basi e questo non lo potevano permettere a nessun costo. Qui si verificavano le divisioni tra colombe e falchi. I falchi affermavano in modo minaccioso che questo non lo avrebbero mai permesso, costi quel che costi, per cui vedevo dietro questa affermazione colpi di Stato, insurrezioni e cose del genere.»

(Dichiarazioni di Giovanni Galloni, Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, 39ª seduta, 22 luglio 1998.)

La vedova di Aldo Moro ebbe modo di dichiarare al primo processo contro il nucleo storico delle BR che suo marito era inviso agli Stati Uniti fin dal 1964, quando venne varato il primo governo di centro-sinistra (governo Moro I), e che più volte fosse stato «ammonito» da esponenti politici d'oltreoceano a non violare la cosiddetta «logica di Jalta»[4].

Le pressioni statunitensi sul marito s'accentuarono dopo il 1973[4], quando Moro era impegnato nel suo progetto di allargamento della maggioranza di governo al PCI (compromesso storico).

Nel settembre del 1974 il Segretario di Stato americano, Henry Kissinger, in occasione di una visita di Stato di Moro negli Stati Uniti, diede un monito ben chiaro allo statista DC avvertendolo della «pericolosità» di tale legame col PCI. E di nuovo, nel marzo 1976 gli avvertimenti si fecero più espliciti.

Nell'occasione, egli fu avvicinato da un alto personaggio americano che lo apostrofò duramente.

Di fronte alla Commissione parlamentare d'inchiesta, la moglie di Moro rievocò così l'episodio:

«È una delle pochissime volte in cui mio marito mi ha riferito con precisione che cosa gli avevano detto, senza svelarmi il nome della persona. [...] Adesso provo a ripeterla come la ricordo: "Onorevole (detto in altra lingua, naturalmente), lei deve smettere di perseguire il suo piano politico per portare tutte le forze del suo Paese a collaborare direttamente. Qui, o lei smette di fare questa cosa, o lei la pagherà cara. Veda lei come la vuole intendere"»

Molte di queste teorie si basarono sull'ipotesi che la ricerca di un compromesso tra i partiti di governo e il Partito Comunista Italiano al fine di creare un governo di grande coalizione, stava profondamente disturbando quegli interessi (la cosiddetta pax americana). Questo, secondo alcuni osservatori, porterebbe a ritenere che quanto accaduto a Moro poteva risultare vantaggioso per gli Stati Uniti.

Questa posizione era stata espressa per la prima volta nell'indagine Chi ha ucciso Aldo Moro? (1978), scritta dal giornalista statunitense Webster Tarpley e commissionata dal parlamentare della DC Giuseppe Zamberletti.

Circa le parole riferite dalla moglie di Moro in seguito, durante una sua deposizione, secondo cui, prima del sequestro, «una figura politica statunitense di alto livello» disse ad Aldo Moro «o lasci perdere la tua linea politica o la pagherai cara», era da ricollegare al timore che in Italia si giungesse a una soluzione simile a quella del Cile che nel 1973 aveva subito un colpo di Stato per opera del generale Augusto Pinochet, che aveva instaurato un'efferata dittatura militare. Il cambiamento era inteso come abbandono di ogni ipotesi di accordo con i comunisti.

Alcuni ritengono che quella figura fosse Henry Kissinger, che già aveva parlato in termini molto diretti al Ministro degli Esteri Moro in un incontro a tu per tu nel 1974. Interpellato in merito, Kissinger ha smentito l'accaduto, a cominciare dalla data dell'ultimo diktat a latere di un meeting internazionale il 23 marzo 1976[5].

Si disse anche che Moro tenesse i contatti tra Enrico Berlinguer (PCI) e Giorgio Almirante (MSI), segretari rispettivamente dei principali partiti di sinistra e di destra, con lo scopo – secondo questa ipotesi – di «raffreddare la tensione delle rispettive frange estremiste» (Brigate Rosse e Nuclei Armati Rivoluzionari), l'esatto opposto di quanto volevano gli strateghi della tensione.

Steve Pieczenik, che ufficialmente coordinava il collegamento tra i servizi segreti americani e gli omologhi italiani, nel 2013 ribadì in un'intervista concessa a Gianni Minoli su Radio 24 le rivelazioni precedentemente esposte nel 2008 in un suo libro, ovvero che il suo reale compito fosse quello di «manipolare alla distanza i terroristi italiani così da far in modo che le BR uccidessero Moro a ogni costo»[6].

Il PM romano Luca Palamara ha fatto acquisire agli atti il libro, del 2008, e l'intervista, del 2013[7]. Le parole del consulente statunitense sono state inserite nel fascicolo processuale aperto sulla base di un esposto di Ferdinando Imposimato, avvocato che all'epoca dei fatti (1978) ricopriva la carica di Giudice istruttore.

Imposimato sostiene che Moro, prigioniero in via Montalcini, poteva essere salvato poiché il luogo era noto e monitorato dalle forze dell'ordine, ma l'operazione di salvataggio fu annullata all'ultimo momento. Steve Pieczenik è considerato una figura chiave per fare luce sul caso Moro, con Palamara interessato alle sue affermazioni riguardo la possibile liberazione di Moro da parte delle BR, che avrebbe rovinato i piani di Pieczenik. Un altro aspetto indagato è il "giallo di via Caetani" riguardante l'ora di ritrovamento del corpo di Moro, con discrepanze tra la versione ufficiale e le testimonianze di due artificieri, contrastate da altri testimoni che negano le affermazioni degli artificieri[8][9].

  1. Guerzoni conferma: Kissinger ebbe un duro scontro con Moro, in La Stampa, 11 novembre 1982. URL consultato il 30 agosto 2015.
  2. Galloni a 'Next': Moro mi disse che sapeva di infiltrati CIA e Mossad nelle BR Archived 2008-05-23 at the Wayback Machine, RaiNews24, 5 luglio 2005.
  3. Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, 39ª seduta, audizione di Giovanni Galloni, 22 luglio 1998.
  4. 4,0 4,1 Rita di Giovacchino, Il libro nero della Prima Repubblica, Roma, Fazi Editore, 2005, pp. 181-184, ISBN 88-8112-633-8.
  5. Il Sole 24 Ore, 15 marzo 2008.
  6. Caso Moro, nuovo colpo di scena: il pg accusa di concorso in omicidio il superconsulente Usa di Cossiga, in la Repubblica, 12 novembre 2014. URL consultato il 13 novembre 2014.
  7. Marco Ludovico, L'esperto Usa: «Così manipolammo il caso Moro», in Il Sole 24 ORE, 1º ottobre 2013. URL consultato l'8 maggio 2017.
  8. Fulvio Conti, Banana Joe nella Repubblica delle Banane, Loreto, StreetLib, 2016.
  9. Misteri d'Italia, L'Arena, 1º ottobre 2013.